Dazi, il negoziato tra gli Usa e la Cina riparte dalle terre rare

  • Postato il 10 giugno 2025
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Dazi, il negoziato tra gli Usa e la Cina riparte dalle terre rare

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La guerra commerciale: a un mese esatto dalla scadenza dello stop ai dazi, il negoziato tra Usa e Cina riparte dalle terre rare


Ieri, a un mese esatto dalla scadenza dello stop ai dazi per le merci europee esportate negli Usa, è ripartita la trattativa tra Pechino e Washington. E la Borsa di Hong Kong ha gradito. Più fredde invece le Borse europee (lievemente negativa Milano) che (forse) hanno imparato a non cedere troppo all’ottimismo. Comunque si riparte.

Dopo i reciproci scambi di accuse sul mancato rispetto dei patti di Ginevra e poi il riavvicinamento dei leader dei due Paesi, Donald Trump e Xi Jinping, con tanto di gentili inviti a incontrarsi con le rispettive mogli, le delegazioni rappresentate ai massimi livelli si sono ritrovate al tavolo in un terreno neutro, Londra. I negoziatori americani sono il segretario al Tesoro, Scott Bessent, il segretario al Commercio, Howard Lutnick, e il rappresentante per il Commercio, Jamieson Greer. Pechino è rappresentata da He Lifeng, vicepremier e uomo forte dell’economia cinese.

Uno dei temi chiave sono le terre rare e, secondo alcuni analisti, la presenza di Lutnick confermerebbe il forte interesse del governo americano alle importazioni dalla Cina di minerali strategici per le aziende aerospaziali e militari. E sarebbe stata proprio la mancata ripresa degli scambi a scatenare la reazione del tycoon che aveva accusato il Paese del Dragone di non aver rispettato gli impegni assunti in Svizzera.
Sui minerali critici indispensabili per le produzioni ad alta tecnologia in tutto il mondo, Pechino è numero uno con il 60% dell’estrazione mineraria e il 92% della produzione raffinata a livello globale. Una forza che la Cina intende far pesare con gli Usa. E non a caso proprio ieri l’amministrazione delle Dogane cinesi ha fatto sapere di aver esportato a maggio terre rare per 18,7 milioni di dollari, in flessione in un anno del 48,3%.

Da aprile, dichiarata la guerra dei dazi, la Cina impone una licenza per spedire fuori dal Paese tali prodotti. E la disponibilità si è fortemente ridotta. Tanto che la giapponese Suzuki, per esempio, ha dovuto interrompere la produzione dell’automobile Swift per carenza di tali materiali impiegati anche per gli smartphone. Un problema per le “catene” americane poiché gli Usa dipendono per il 70% dall’import di terre rare da Pechino. Da qui il forte interesse di Trump per i minerali rari dell’Ucraina.
Questa la situazione in cui si riapre il tavolo. Ma con quali risultati è tutto da capire. Secondo il programma le delegazioni dovrebbero rimanere a Londra fino al 13 giugno.

“Vogliamo che Cina e Stati Uniti continuino ad andare avanti con l’accordo raggiunto a Ginevra – ha dichiaro alla vigilia del vertice la portavoce della Casa Bianca, Karoline Leavitt – l’Amministrazione ha monitorato il rispetto dell’accordo da parte della Cina e speriamo si vada avanti per colloqui commerciali più approfonditi”. La Cina, da parte sua, secondo quanto riportato dalla stampa locale, ritiene che la trattativa è “appesa” alla sincerità degli Usa.
Il negoziato procede, ma ancora segnato da molte criticità e soprattutto da posizioni rigide da parte di entrambi. La Cina punta a ridurre la dipendenza dagli Stati Uniti e ha ampliato il suo campo di azione commerciale, mentre da parte americana l’incognita è Trump che cambia continuamente postura.

La scorsa settimana Bessent aveva chiesto al governo cinese di rivedere le politiche economiche e aveva lanciato quasi un ultimatum: “O vogliono essere un partner affidabile per il resto del mondo, o no”.
Gli ultimi dati economici segnalano una decisa frenata dell’export di Pechino negli Stati Uniti che si è attestato a maggio a 28,8 miliardi di dollari (-12,7% rispetto ad aprile). Non si fermano però le spedizioni verso il resto del mondo aumentate sempre a maggio del 4,8% sul 2024 anche se al di sotto delle aspettative, a fronte di una contrazione dell’import e con il risultato di un surplus commerciale di 103 miliardi di dollari per il mese.

Ma se l’andamento sui mercati globali comunque tiene, non tira invece la domanda interna con flessioni dei prezzi alla produzione e al consumo che dipingono un quadro di deflazione. Molte nubi si addensano sull’economia del Dragone e l’incertezza dei dazi non aiuta. Forse questo ha spinto Pechino a qualche apertura sulle terre rare per le quali il ministero del Commercio ha annunciato domande di esportazione e disponibilità al dialogo “per agevolare un commercio conforme”.

Una questione su cui anche in Europa la guardia è alta e da parte della Cina sarebbe arrivata una proposta per agevolare le vendite sul mercato dei “Ventisette” dei preziosi minerali.
Intanto il tema dazi resta un nervo scoperto per le imprese italiane. L’ultimo allarme è lanciato dall’Osservatorio sulle imprese realizzato da Crif che ha evidenziato come l’incertezza aumenti la rischiosità del credito con un aggravamento del tasso di default. E tra i settori più a rischio l’Osservatorio Crif ha indicato automotive, commercio, tessile e alimentare.

Intanto sembrano spenti, per ora, i radar della Commissione europea, nonostante le forti preoccupazioni di tutti i partner. La Banca di Spagna ieri ha tagliato le previsioni di crescita a causa dell’incertezza dei dazi. In tutta Europa dunque il clima non è sereno.
Ma anche fuori dal Vecchio Continente si prova a contenere i danni. Il ministro giapponese per la Rivitalizzazione economica, Ryosei Akazawa, ha annunciato un prossimo viaggio negli Usa per affrontare la delicata partita delle restrizioni commerciali. Un incontro che dovrebbe precedere quello già in programma in occasione del G7 in Canada, dal 15 al 17 giugno.

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