Ddl sicurezza, cresce il fronte del No

  • Postato il 2 maggio 2025
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Ddl sicurezza, cresce il fronte del No

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Il Ddl sicurezza del Governo «viola le prerogative» del Parlamento, l’appello di 237 giuspubblicisti: «Nel provvedimento forzature di particolare gravità».


Il decreto sicurezza continua ad essere aspramente contestato sia nel mondo politico che giuridico. Avanza il fronte del no. Da una parte c’è l’appello di 237 giuspubblicisti, insigni giuristi della Consulta e professori universitari capeggiati da firme imponenti e significative come Ugo de Siervo, Gaetano Silvestri, Gustavo Zagrebelsky Enzo Cheli e Paolo Maddalena, affinché si mantenga alta l’attenzione su un provvedimento che presenta “forzature istituzionali di particolare gravità”, e dall’altra c’è l’azione concreta del segretario di +Europa, Riccardo Magi, che bocciando la “trasformazione del disegno di legge sicurezza in decreto da parte del governo”, annuncia che presenterà in questi giorni – “il testo è pronto” – un ricorso contro il governo alla Corte costituzionale per conflitto di attribuzione. Dopo un percorso tortuoso a livello politico, con tanto di rilievi mossi dal Quirinale, il decreto Sicurezza entra in una nuova spirale.

DDL SICUREZZA, L’APPELLO DEI 237 GIURISTI: «ALTA L’ATTENZIONE SU FORZATURE ISTITUZIONALI»

Nell’appello dei 237 insigni giuristi e professori si chiede apertamente agli organi di garanzia costituzionale di mantenere “alta l’attenzione” sul provvedimento, e di censurare “questo allontanamento dallo spirito della nostra Costituzione, che fonda la convivenza della comunità nazionale su democrazia, pluralismo, diritti di libertà ed uguaglianza di fronte alla legge, affinché nessuno debba temere lo Stato e tutti possano riconoscerne, con fiducia, il ruolo di garante della legalità e dei diritti”.

Nell’appello dei giuspubblicisti, si sottolinea come sia “compito dei singoli assumere delle posizioni individuali all’esterno dell’Università”, ma che “ci sono momenti nei quali accadono forzature istituzionali di particolare gravità, di fronte alle quali non è più possibile tacere ed è anzi doveroso assumere insieme delle pubbliche posizioni”. Questo il caso, sostengono, che si è verificato nei giorni scorsi quando il “disegno di legge sulla sicurezza, che stava concludendo il suo iter dopo lunghi mesi di acceso dibattito parlamentare dati i discutibilissimi contenuti, è stato trasformato dal Governo in un ennesimo decreto-legge, senza che vi fosse alcuna straordinarietà, né alcun reale presupposto di necessità e di urgenza, come la Costituzione impone”.

ANM E UNIONE CAMERE PENALI SI UNISCONO AL FRONTE DEL NO SUL DDL SICUREZZA

Rilievi che erano stati mossi anche dall’Anm e dall’Unione Camere Penali italiane in audizione. I penalisti infatti, con il presidente Francesco Petrelli in prima linea, hanno sottoscritto questo appello, contro il decreto-legge sicurezza, “emanato dal Governo senza che vi fosse alcuna straordinarietà, né alcun reale presupposto di necessità e di urgenza, come la Costituzione impone”. Non solo, nell’appello si evidenzia che il provvedimento rappresenta l’ultimo “anello di un’ormai lunga catena di attacchi volti a comprimere i diritti e accentrare il potere” e presenta una serie di “gravissimi profili di incostituzionalità, il primo dei quali consiste nel vero e proprio vulnus causato alla funzione legislativa delle Camere.

È accaduto spesso in passato – si fa notare – ed anche in tempi recenti che la dottrina si trovasse a denunciare l’uso abnorme dello strumento della decretazione d’urgenza. Presidenza della Repubblica, Corte costituzionale, Presidenti delle Camere hanno più volte preso posizione in difesa del Parlamento e delle sue prerogative gravemente calpestate nell’esercizio della potestà legislativa, rimanendo inascoltati”, dicono gli esperti.

RICORSO ALLA CONSULTA DI +EUROPA PER CONFLITTO DI ATTRIBUZIONE

Dall’altra parte c’è il ricorso alla Consulta annunciato da Magi che spiega come l’esecutivo abbia “copiato il disegno di legge” e lo abbia “trasformato in decreto con lo stesso titolo, aggiungendo solo urgenti dopo Disposizioni, ma non ha motivato l’urgenza e necessità di questa operazione”. Il ricorso quindi al momento “non pone e non potremmo farlo una questione di legittimità costituzionale, ma la questione della lesione, direi di più, dell’annientamento delle prerogative parlamentari. Qui si fonda il conflitto di attribuzioni: il governo- accusa Magi che parla di “uno strappo mai avvenuto prima” – interviene a gamba tesa quando l’iter parlamentare era molto avanzato, perché il testo dopo l’esame della Camera stava per essere approvato dal Senato”.

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