Delitto di Garlasco, la difesa Stasi: “Impronta 33 attribuibile a Sempio, intrisa di sangue e sudore”. Ma la consulenza è su una foto
- Postato il 25 luglio 2025
- Giustizia
- Di Il Fatto Quotidiano
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L’impronta 33, trovata sulla parete destra della scala che portava alla taverna di casa Poggi, è attribuita ad Andrea Sempio dai consulenti della difesa di Alberto Stasi e sarebbe “intrisa di sangue e sangue” come si legge sugli account social del Tg1. Il condizionale è d’obbligo perché su questa traccia la stessa procura di Pavia – che pur ha iscritto il 37enne nel registro degli indagati per l’omicidio di Chiara Poggi – aveva fatto sapere nei giorni scorsi che non si può “procedere ad accertamenti biologici”. A lungo cercato, non è stato trovato tra i reperti conservati l’involucro con l’intonaco che era stato grattato all’epoca del delitto. Gli unici accertamenti sono quelli dattiloscopici, ma sul punto i pm hanno detto no alla richiesta della parte civile. Quindi la consulenza è stata effettuata su una foto.
L’incidente probatorio – La conferma sull’assenza del reperto della traccia era arrivata già il primo giorno dell’incidente probatorio ore dopo l’incontro degli undici esperti a confronto. L’intonaco del muro con l’impronta 33 – trattato con la ninidrina per isolare l’impronta palmare e che aveva un tipico color rossastro – era stato il primo elemento a uscire da qualsiasi scenario di futura prova. La provetta – contenente l’intonaco grattato non era stata trovata – probabilmente è andata esaurita per gli accertamenti irripetibili nelle inchieste che hanno portato alla condanna di Stasi. La consulenza della difesa Stasi si basa su una fotografia, la stessa che era stata già diffusa dai media alcune settimane sostenendo che il rosso che si intravedeva fosse sangue.
La traccia 33 già nel 2007 fu ritenuta “non utile” dal Ris dei carabinieri perché risultata negativa ai test. L’impronta – che risultava già parziale perché mancavano le “creste” – era stata sottoposta a un doppio test per rilevare la presenza di sangue: il primo aveva dato esito incerto (combur test) quello più specifico (Obti test che rileva sangue umano) aveva restituito appunto un “esito negativo”. L’impronta del palmo della mano era stata rilevata sul muro delle scale che portano in taverna, vicino al luogo dove era stata trovata massacrata Chiara Poggi. Poco più c’erano anche un’impronta del fratello – che era in montagna da giorni – e anche di uno degli investigatori.
Perché quella traccia poteva essere importante per gli inquirenti nella ricostruzione della pista alternativa? Perché il corpo della 26enne fu trovato su quelle quelle scale dopo essere stato lanciato dalla soglia. Le sentenze che hanno condannato Alberto Stasi a 16 anni come l’autore del delitto di Garlasco avevano cristallizzato una ricostruzione che ha stabilito che il killer aveva trascinato il corpo della vittima e lo aveva lanciato. Nell’ipotesi dei pm di Pavia quella impronta sarebbe stata lasciata dall’assassino proprio senza scendere gli scalini.
La consulenza della parte civile – La famiglia Poggi – che da sempre ha partecipato a tutti gli atti istruttori – ha fatto svolgere a propri consulenti un approfondimento e le analisi dei consulenti hanno stabilito la “estraneità dell’impronta alla dinamica omicidiaria” e la non “attribuibilità della stessa ad Andrea Sempio”. Gli avvocati Gian Luigi Tizzoni e Francesco Compagna, alla luce di questi risultati, avevano chiesto ai pm di “sollecitare” un incidente probatorio proprio su questa impronta. Istanza che, però, è stata “rigettata” dai pm. I legali ricordavano come la notizia di un’impronta fosse data con ampia eco dal TG1 (come avvenuto oggi, ndr) “mediante immagini quantomai suggestive” perché si intravedeva un rossore che poi si è compreso fosse relativo al reagente chimico – ninidrina – usato dagli investigatori per rilevare le impronte e che restituisce un colore rosso-violaceo. Due giorni fa proprio sull’impronta 33 c’è stato uno scontro aperto tra parte civile e procura sul rigetto dell’istanza dei Poggi.
“Il Codice prevede che la Procura debba fare delle indagini anche nell’interesse dell’indagato. La Procura di Pavia le ha estese anche nell’interesse del condannato ma non accoglie le richieste della persona offesa” aveva dichiarato l’avvocato Gian Luigi Tizzoni. Nel merito il legale aveva sottolineato che “più cose vengono viste dalla polizia scientifica, da un perito terzo, e meglio è. Noi non ci opponiamo. È la Procura che non accoglie la richiesta di estendere questa valutazione terza all’impronta 33. Non c’è problema. La Procura ha la sua linea e giustamente la porta avanti. Io ho chiesto l’estensione dell’incidente probatorio alla valutazione dell’impronta 33, per vedere se c’erano le minuzie sufficienti per attribuirla a Sempio: non l’hanno concessa e il giudice non la può concedere in assenza dell’ok della procura“. “Dicono che noi abbiamo paura della verità e si oppongono a un accertamento quando viene demandato a un giudice terzo – ha detto ancora -. Noi invece alle richieste della Procura non abbiamo detto di no”.
La difesa Sempio – “Siamo giunti a conoscenza del deposito della consulenza da parte della difesa Stasi, ancora una volta dai media. Nessun timore, è una consulenza di parte che ha il medesimo valore della nostra stessa consulenza. Niente è stato accertato. Siamo fiduciosi che la verità su Andrea Sempio verrà a galla, prima o poi” afferma all’Adnkronos l’avvocata Angela Taccia che insieme al collega Massimo Lovati difende Sempio.
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