Strage di Bradizzo, i pm contro Rfi: “Organismo di vigilanza inerte e assoggettato alla volontà aziendale”

  • Postato il 25 luglio 2025
  • Giustizia
  • Di Il Fatto Quotidiano
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L’Organismo di Vigilanza di Rete Ferroviaria Italiana avrebbe mostrato “sostanziale disinteresse all’adozione delle misure correttive, integrative, migliorative urgenti, volte a prevenire la realizzazione di reati” in materia di sicurezza sul lavoro, limitandosi a “insignificanti prese d’atto” e “consentendo prassi diffuse” come quella di effettuare lavori di manutenzione sulla tratta ferroviaria in “violazione dei protocolli interni, con tempi di interruzione della circolazione” che erano “ben inferiori rispetto ai tempi effettivamente dettati dalle procedure”, oppure “addirittura eseguiti in assenza di interruzione della circolazione”.

“Il treno rischiò di deragliare”

Sono parole durissime quelle contenute nell’atto con cui la Procura di Ivrea ha chiuso le indagini sulla strage di Brandizzo (Torino), in cui il 31 agosto 2023 persero la vita i cinque operai Michael Zanera, Giuseppe Sorvillo, Giuseppe Saverio Lombardo, Giuseppe Aversa e Kevin Laganà, mentre erano impegnati nella sostituzione di un tratto di rotaia alle dipendenze della Sigifer srl. Vennero travolti da un treno lanciato a 160 chilometri orari. Gli indagati sono 21, a cui si aggiungono tre persone giuridiche: Rfi, committente dei lavori, la Sigifer (oggi in liquidazione), incaricata dell’esecuzione dei lavori in subappalto, e il raggruppamento temporaneo d’impresa Costruzioni Linee Ferroviarie (Clf), appaltatore e aggiudicatario del maxi-contratto per la manutenzione nel Nord-Ovest. L’accusa è di omicidio e disastro colposi. Oltre alla strage di cinque lavoratori, quella notte ci fu – si legge – il “reale pericolo di deragliamento del treno 14950, avendo gli operai già provveduto a svitare gran parte delle caviglie che tenevano la rotaia salda al terreno”.

Indagato l’attuale ad di Trenitalia

Tra coloro che hanno ricevuto l’avviso di conclusione indagini spicca il nome di Gianpiero Strisciuglio, ex amministratore delegato di Rfi e oggi ad di Trenitalia: i pm gli contestano di aver trascurato, nella valutazione dei rischi, il “fattore umano quale elemento capace, da un lato, di aggravare il rischio e dall’altro di ridurre l’efficacia delle misure di prevenzione e protezione previste per mitigare il rischio investimento”, accusa che condivide con Vera Fiorani, amministratrice fino a maggio 2023. Inoltre non avrebbe “immediatamente effettuato”, dopo il 31 agosto, “una rivalutazione dei rischi aziendali”. In tutto ci sono tra gli indagati dodici manager di Rfi, che ha ribadito la “fiducia” nella magistratura confermando “piena collaborazione” agli inquirenti. Tra coloro che sono finiti sotto inchiesta anche Antonio Massa, il capo tecnico che fece entrare in azione gli operai prima che la circolazione fosse stata interrotta. Un’accusa analoga è mossa ad Andrea Girardin Gibin, capo squadra Sigifer che avrebbe dovuto ottenere una conferma scritta dal primo. Entrambi sono scampati per un soffio alla morte.

Le accuse all’organismo di vigilanza di Rfi

L’atto firmato dal procuratore capo Gabriella Viglione e dai sostituti Valentina Bossi e Giulia Nicodemi è una pagella lardellata di quattro per l’azienda pubblica: il suo Organismo di Vigilanza non sarebbe “terzo e indipendente rispetto all’Ente, stante la presenza al suo interno dell’internal audit, con commistione/osmosi tra vigilanza interna e vigilanza esterna”; gli altri due membri avrebbero “dimostrato totale inerzia nell’adottare misure correttive a fronte di un rischio di reato […] conosciuto e documentato” e di essere “assoggettati alla volontà degli organi aziendali anche successivamente ai fatti di Brandizzo, a fronte delle richieste dell’Autorità Giudiziaria”. Da ultimo, l’Organismo non si sarebbe mosso per verificare che Rfi applichi le raccomandazioni di Ansfisa, l’authority di controllo incaricata di rilasciare le autorizzazioni di sicurezza (soggetto che, del resto, già nel 2019 stroncò i documenti di Rfi sui controlli, ma diede lo stesso il via libera).

“A Brandizzo nessuna vigilanza”

Per i pm a Brandizzo non fu svolta “alcuna attività di vigilanza”, né fu redatto “un verbale di coordinamento”, posto che in cantiere erano rappresentate ben tre imprese. Nessuno segnalò le “condizioni di pericolo che si verificavano durante il lavoro a causa della compressione dei tempi di esecuzione degli interventi”. Assente anche il Piano operativo di sicurezza “relativo a quelle lavorazioni”, così come i “verbali di riunione di cantiere”, mai svolte. La mancata “cooperazione” ricorre più volte anche negli addebiti a carico dei dirigenti di Sigifer e Clf, che non si sarebbero preoccupati di mitigare le “interferenze tra i lavori delle diverse imprese coinvolte”.

Nel mirino la catena degli appalti

Sotto accusa c’è tutta la catena di comando e i protocolli che avrebbero dovuto scandirne l’operato, su su fino al vertice. Per la Procura un’azienda come Sigifer non aveva nemmeno le carte in regola per ottenere il subappalto, essendo “risultata priva di modello di organizzazione e gestione” in materia di responsabilità amministrativa degli enti. Inoltre – si legge – è stata accertata una “forte discrepanza tra la formazione erogata da Sigifer srl ai propri dipendenti e quella erogata da Rfi spa ai suoi dipendenti”. Del resto “la più semplice delle verifiche” dell’Organismo di vigilanza interno di Clf (“del tutto inutile”, annotano i magistrati) “avrebbe consentito di determinare la necessità di adottare misure organizzative correttive/integrative urgenti”. Tra le persone offese figurano 28 familiari delle vittime, uno dei due macchinisti del treno, il Comune di Brandizzo, Filca Cisl e Fillea Cgil.

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