Diritto alla disconnessione e intelligenza artificiale: così il lavoro pubblico incontra le sfide del futuro
- Postato il 7 settembre 2025
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- Di Il Fatto Quotidiano
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Il lavoro pubblico sta attraversando una trasformazione epocale. Da un lato, il consolidamento del lavoro agile e da remoto; dall’altro, l’avvento dell’intelligenza artificiale nei processi decisionali e organizzativi. Due fenomeni apparentemente distinti, ma in realtà profondamente interconnessi, che pongono al centro una domanda urgente: quale futuro vogliamo per il lavoro pubblico?
Come FLP, sosteniamo con convinzione la necessità di tutelare per legge il diritto alla disconnessione. Il lavoro agile, pur segnato da resistenze e da troppi “stop and go”, ha dimostrato di essere un potente motore di innovazione organizzativa. Ha reso possibile lavorare per obiettivi anziché per adempimenti formali, ha rafforzato l’autonomia decisionale dei lavoratori e ha migliorato l’efficacia dei servizi pubblici. Ma non è tutto oro ciò che luccica. La flessibilità, se non regolata, rischia di tramutarsi in disponibilità h24, alimentata dall’uso incontrollato di email, notifiche e messaggistica anche fuori dall’orario di lavoro.
Abbiamo già introdotto nei contratti nazionali di lavoro pubblici tutele importanti. Nel Ccnl delle Funzioni Centrali, ad esempio, abbiamo stabilito con chiarezza che la contattabilità non può eccedere l’orario di lavoro e che vanno garantite almeno 11 ore consecutive di disconnessione giornaliera. Ma questi principi vanno rafforzati anche sul piano normativo. Dove la contrattazione non arriva, o dove il rapporto tra datore di lavoro e lavoratore è troppo squilibrato, una legge nazionale può costituire una barriera minima di civiltà. Purtroppo, le proposte già depositate in Parlamento giacciono da mesi senza essere neppure calendarizzate. Un ritardo che riflette la difficoltà di riconoscere la centralità di nuovi diritti in un mondo del lavoro che cambia.
Ma il futuro del lavoro pubblico non si gioca solo sul terreno della disconnessione. L’intelligenza artificiale è già qui, con il suo carico di promesse e rischi. Non si tratta solo di scenari futuri: già oggi, molte mansioni ripetitive possono essere svolte da algoritmi e chatbot. Questo impone un ripensamento radicale dell’organizzazione del lavoro e dei profili professionali.
L’IA può diventare uno strumento prezioso per contrastare evasione fiscale, frodi, lavoro nero, incidenti sul lavoro e per monitorare rischi ambientali o previdenziali. Ma serve una visione chiara e condivisa. Non possiamo lasciare che la tecnologia plasmi il lavoro pubblico senza un progetto politico e sindacale. Dobbiamo guidare il cambiamento, non subirlo. Occorre investire su nuove competenze: data analyst, esperti di cybersecurity, specialisti in etica dell’IA. Ma anche riformare le famiglie professionali della PA, aggiornare ordinamenti giuridici e profili statistici in chiave tecnologica. La contrattazione collettiva può giocare un ruolo decisivo in questa transizione, a partire dai rinnovi dei Ccnl 2025–2027. Lì dovremo affrontare temi cruciali: dalla formazione continua, oggi ancora troppo disomogenea, alla valorizzazione dei profili informatici troppo spesso trascurati.
Serve una PA più attrattiva per i giovani, capace di superare rigidità organizzative e modelli professionali ormai superati. Una PA che coniughi digitalizzazione, innovazione e creatività. Una PA dove il lavoro da remoto sia parte integrante di una nuova cultura organizzativa, non una concessione temporanea.
Siamo di fronte a una grande occasione. Il contratto 2025–2027 può essere il laboratorio dove costruire una PA moderna, capace di tutelare i diritti dei lavoratori e offrire servizi migliori ai cittadini. Un contratto che non guardi al passato, ma che sappia leggere il futuro. Perché solo una Pubblica Amministrazione più giusta, efficiente e umana può diventare davvero protagonista del cambiamento.
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