Disastro Pioltello, la procura contro le assoluzioni: “Sostanziale incapacità di Rfi a garantire condizioni di sicurezza”
- Postato il 13 ottobre 2025
- Giustizia
- Di Il Fatto Quotidiano
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C’è stata una “sostanziale incapacità” di Rete ferroviaria italiana nella “qualità di gestore dell’infrastruttura, di garantirne le condizioni di sicurezza” e una “resistenza” della stessa “società e dei suoi vertici”, tra cui l’allora amministratore delegato, “almeno fino all’incidente di Pioltello, a rivalutare criticamente il proprio sistema manutentivo, indagando e intervenendo sulle cause di inefficienza”. E quelle omissioni anche dell’amministratore delegato su “profili organizzativi ‘sistemici'” hanno “creato condizioni tali da non permettere una rapidità di intervento commisurata alla gravità del pericolo”.
La Procura di Milano ha depositato l’atto di appello nel processo sul disastro ferroviario di Pioltello del 25 gennaio 2018, che causò tre morti e oltre 100 feriti, mentre un altro centinaio di persone subirono traumi psicologici. In primo grado, infatti, il Tribunale, il 25 febbraio scorso, ha assolto otto imputati tra vertici e dirigenti di Rfi, tra cui l’ex ad Maurizio Gentile e la stessa società, mentre è stato condannato solo l’ex responsabile dell’Unità manutentiva, Marco Albanesi, a 5 anni e 3 mesi.
Nell’impugnazione i pm Maura Ripamonti e Leonardo Lesti, che hanno coordinato l’inchiesta con l’aggiunta Tiziana Siciliano, chiedono che in secondo grado vengano condannati, oltre ad Albanesi, per disastro ferroviario colposo e omicidio plurimo colposo anche Gentile, Umberto Lebruto e Vincenzo Macello, imputati in qualità di ex direttore di Produzione di Rfi ed ex direttore territoriale della Lombardia, tutti assolti in primo grado. E anche Rfi deve essere dichiarata “responsabile dell’illecito amministrativo”. Il deragliamento, stando alle indagini, avvenne a causa della rottura di uno spezzone di rotaia di 23 centimetri nel cosiddetto “punto zero” sopra un giunto in pessime condizioni, che non venne mai sostituito. Per i pm, Rfi avrebbe avuto un “vantaggio in particolare consistito nel risparmio derivante dalla mancata tempestiva attività di manutenzione”.
Tra i punti evidenziati dalla Procura, diretta da Marcello Viola, nel ricorso in appello di 92 pagine c’è anche il fatto che “proprio la ‘consistente campagna di assunzioni’ avviata dopo i fatti, ben sottolineata dal Tribunale”, ha rappresentato “un inequivoco riconoscimento da parte della società dell’inadeguatezza delle risorse presenti e disponibili fino a quella data”. Non si può dunque che ritenere, scrivono i pm, “manifestamente illogica questa parte della motivazione della sentenza, che evidenzia anche un certo travisamento delle dichiarazioni dibattimentali rese in particolare dai componenti del nucleo di Treviglio”, che si occupava di quella tratta.
Gli “addebiti” nei confronti dell’allora ad Gentile, si legge ancora, “attengono anche alla complessiva politica aziendale della società in materia di sicurezza, alla definizione delle linee di fondo della gestione della manutenzione e, in particolare, sull’organizzazione interna della manutenzione”. Mentre il Tribunale decise di condannare solo il responsabile della manutenzione su quella tratta, per quel giunto non cambiato. Per i giudici della V penale (Canevini-Messina-Papagno), invece, il processo, durato oltre tre anni, non ha “consentito di accertare, al di là di ogni dubbio ragionevole, le ipotizzate carenze nel sistema di gestione della sicurezza ferroviaria imputate” all’amministratore delegato “alla luce del suo ruolo e delle sue prerogative all’interno di Rfi”. Una lettura che la Procura nell’impugnazione ribalta passo passo. I pm in primo grado avevano chiesto cinque condanne, società compresa, e tre assoluzioni. Dal ricorso, rispetto alle richieste di condanna di primo grado a pene fino a 8 anni e 4 mesi (per Gentile), i pm hanno escluso solo la posizione di Andrea Guerini, ex responsabile delle Linee Sud della Dtp di Milano. Per Albanesi, poi, i pm hanno chiesto anche il “riconoscimento della sussistenza dell’aggravante della violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni contestata”.
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