Donne d’Impresa: Ilaria Calvani, leader al servizio del settore orafo e argentiero
- Postato il 27 luglio 2025
- Aziende
- Di Blitz
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Donne d’Impresa: Ilaria Calvani, leader al servizio del settore orafo e argentiero.
Ilaria Galvani che ha ereditato dal padre non solo l’azienda ma anche una straordinaria passione per il suo lavoro. Un cambio generazionale che funziona, quello che in Fior è già avvenuto da tempo con i suoi fratelli e con un successo davvero invidiabile. A Ponticino, nel Valdarno aretino, dai cinque dipendenti del 1974, oggi lavorano con lei in azienda ben cinquantacinque persone “E sono loro, il vero valore aggiunto della nostra società”, – ci dice con orgoglio Ilaria – che in azienda lavora anche con il fratello e la sorella.
La Fior SpA, è un’azienda italiana leader nella produzione di semilavorati di qualità in tutte le leghe e in tutte le carature, specializzata nella produzione di anelli a molla chiusure stampate e palline destinati a completare e ad impreziosire i gioielli, realizzati in tutto il mondo. “La nostra specializzazione esclusiva dei semilavorati – sottolinea Ilaria – ci permette di offrire prodotti in tutte le carature e in tutte le leghe, spaziando nei diversi colori, dall’oro, l’argento il platino, il palladio, gold filled e ottone: con una produzione adattabile per tutti i mercati, italiani ed esteri”.
È sempre Ilaria che dice di non avere tempo per hobby vari, perché la famiglia e l’azienda sono tutta la sua vita. Viaggia spesso e con gran soddisfazione, ma sono quasi sempre tutti viaggi “di lavoro”. La intervistiamo, infatti, proprio prima della sua prossima partenza per gli Usa. Una persona semplice, schietta e che non ama perdere il tempo in inutili gossip, Ilaria: per conoscerla meglio e di più le abbiamo chiesto.
Tre galletti in un pollaio, lei e i suoi fratelli, alla guida di Fior: quale il segreto delle vostre ottime sinergie in ufficio?
Credo che la nostra sinergia derivi dal fatto che ognuno di noi ragiona e decide sempre per tutti e non per sé stesso. Non è stato facile passare da un potere decisionale accentrato su una singola persona (nostro padre) ad uno condiviso da tre persone. Certe volte incontriamo alcune difficoltà nell’avere una visione unanime, ma il confronto e la discussione continua ci porta sempre a decidere insieme e portare poi avanti i progetti.
Negli aspetti più operativi invece ognuno di noi ha ruoli diversi, date anche le nostre diverse competenze. Io mi occupo di amministrazione e dell’area commerciale, mia sorella Beatrice, ingegnere meccanico, si occupa del cuore dell’azienda, ossia la parte tecnica e produttiva, insieme a mio fratello Antonio che segue da vicino ogni singolo reparto.
Se non fosse stata figlia di suo padre, quale la sua altra possibile scelta di lavoro?
Non è facile immaginare quello che avrei fatto, probabilmente avrei potuto fare medicina o storia dell’arte. In particolare amo molto l’arte e il mondo dell’arte, anche se devo dire che questa passione mi è stata trasmessa, almeno in parte, da mio padre, un collezionista eclettico e appassionato di arte antica italiana.
Nella sua azienda, da sempre, c’è tanta innovazione e lungimiranza: avete anche già programmato progetti innovativi grazie all’intelligenza artificiale?
Guardiamo con attenzione alle novità tecnologiche e cerchiamo di essere sempre aggiornati. L’AI ancora non è entrata molto nel nostro settore, ma penso che potrà essere utile in aspetti specifici e mirati. Guardo l’AI con molto interesse e curiosità, ma con la consapevolezza che il ruolo umano non potrà essere mai sostituito, specialmente in un settore come il nostro, dove la parte artigianale e l’attenzione per la qualità sono fondamentali.
Quale futuro augura ai suoi figli: imprenditori o cosa?
Auguro ai miei figli di poter approfondire le materie e i temi che più sentono vicini ai loro interessi e che più li incuriosiscono. Da lì spero che possano trovare ciò che amano fare. Al momento non so cosa faranno, ma se decideranno di fare gli imprenditori, sono sicura che cercherei di incoraggiarli e, se vorranno, consigliarli.
Che ne pensa della “parità di genere”? La città di Arezzo è famosa anche per una certa categoria di “importanti e un po’ nostalgici maschilisti”, che hanno fatto la storia di questa città: Amintore Fanfani, Giuseppe Bartolomei, Attilio Lebole, Antonio Zucchi… E oggi?
Per quanto riguarda la mia esperienza, mio padre ha sempre detto che avrebbe voluto dei figli maschi, e ha avuto due femmine (molti anni più tardi è stato accontentato ed è nato mio fratello). Mio padre ha sempre trattato me e mia sorella come “maschi”. Non lo dico in senso critico ma, nella visione dell’epoca, ha voluto dire che io e mia sorella siamo sempre state molto spronate a darci da fare, lavorare, fare esperienze senza il continuo supporto e supervisione della famiglia. Per la formazione avuta, la parità di genere per me è qualcosa di naturale e imprescindibile. Diciamo che nella mia condizione c’è sempre stata parità. Per questo mi rendo sempre molto conto quando questa non c’è o viene meno. Lo vedo in molto campi e lo vedo in molte società in cui, culturalmente, la donna ha un ruolo decisionale più marginale.
La nostra è un’azienda di produzione meccanica, un settore tradizionalmente dominato da figure maschili. Anche da noi c’è una forte predominanza maschile, in particolare nella produzione. Negli ultimi anni abbiamo fatto varie assunzioni di donne e ragazze per ruoli amministrativi e commerciali. Ci piacerebbe però inserire figure femminili anche nel nostro team di meccanici o in produzione. La diversità di punti di vista e competenze è una risorsa preziosa anche in ambiti tecnici come il nostro.
Con i suoi frequenti viaggi, cosa ha importato ad Arezzo e nella sua azienda, da culture così diverse dalla nostra? E cosa – invece – abbiamo potuto esportare noi, “maestri “ del made in Italy?
La nostra azienda deve moltissimo all’export e quindi all’attenzione che ci hanno riconosciuto i partner stranieri. In particolare tutto il mondo asiatico e non solo ci ha insegnato la cultura della qualità. Sembra un paradosso che noi abbiamo imparato da loro, ma è così. In quando italiani, si pretende da noi la qualità perfetta. Per arrivare a questo, abbiamo imparato da loro quanto approfondito e metodico debba essere il controllo qualità per le minuterie da noi prodotte. Ogni singolo pezzo deve corrispondere a tutti gli standard di qualità richiesti.
Quindi si può dire che si tratta di uno scambio, noi forniamo un prodotto funzionale e bello allo stesso tempo, loro ci insegnano a perfezionarlo e a renderlo più affidabile e corrispondente ai numerosi standard mondiali di qualità.
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