Ecco i nuovi ostacoli di Trump alle rinnovabili. L’obiettivo? Smantellare quanto sopravvissuto alla mannaia del suo Big Beautiful Bill
- Postato il 28 luglio 2025
- Ambiente
- Di Il Fatto Quotidiano
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Mentre il rapporto Renewable Power Generation Costs dell’Agenzia internazionale per le energie rinnovabili (Irena) racconta che il solare fotovoltaico e l’eolico onshore si confermano le fonti di energia più convenienti, superando ampiamente le alternative a combustibili fossili e il segretario generale dell’Onu, António Guterres sottolinea che “serve volontà politica per rimuovere le barriere e mobilitare i finanziamenti”, il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump continua la sua guerra alle fonti pulite. Anche oltre la One Big Beautiful Bill (OBBB) approvata lo scorso 4 luglio. Sotto le pressioni della House Freedom Caucus, piovono altre misure per eliminare qualsiasi spiraglio e rafforzare l’eliminazione degli incentivi fiscali per eolico e solare, già previsti dalla legge fiscale che smantella i crediti d’imposta per rinnovabili e i veicoli elettrici. Nel frattempo, si accelera sulle fossili. La nuova legge fiscale apre la strada delle trivellazioni di petrolio e gas anche su terreni e acque federali che con Biden erano stati protetti dalle restrizioni. Dal Golfo del Messico all’Alaska. Il risultato? Secondo Carbon Brief, lo smantellamento della politica climatica da parte di Trump porterà gli Stati Uniti ad emettere altri 7 miliardi di tonnellate di gas serra da qui al 2030. E, stando alle stime dell’Agenzia per la protezione ambientale degli Stati Uniti (Epa) sul costo sociale del carbonio, danni climatici globali per un valore di oltre 1,6 trilioni di dollari.
Guerra aperta alle rinnovabili: smantellati i crediti d’imposta dell’Ira – Il One Big Beautiful Bill Act taglia centinaia di miliardi di dollari di incentivi fiscali per le energie rinnovabili, smantellando i crediti d’imposta contenuti nell’Inflation Reduction Act (Ira) del 2022, durante la presidenza di Joe Biden. Ne riduce anche tempi di ammissibilità e accessibilità. In base alla nuova legge, riceveranno i crediti d’imposta di investimento (Itc, Input Tax Credit) e produzione (Ptc, Premium Tax Credit), gli impianti eolici e solari la cui costruzione inizierà entro un anno dall’entrata in vigore (quindi entro il 4 luglio 2026). I progetti la cui costruzione partirà dopo quella data, invece, dovranno essere messi in funzione entro il 31 dicembre 2027. Com’era prima? I progetti la cui costruzione sarebbe iniziata nel 2025 o nel 2026 avrebbero avuto tempo, rispettivamente, fino alla fine del 2029 o del 2030.
Il colpo di grazia – Pochi giorni dopo la firma del One Big Beautiful Bill Act, però, Trump ha firmato un ordine esecutivo per limitare ancora di più gli incentivi fiscali per l’energia eolica e solare. Il Tycoon ha incaricato il Tesoro di definire in modo più rigoroso cosa si intenda nella legge fiscale per “inizio dei lavori”. L’obiettivo, dunque, è richiedere per l’accesso al credito che sia completata una parte importante del progetto e tagliare fuori, così, anche parte dei progetti ‘salvati’ nell’OBBB (perché dovrebbero iniziare nei prossimi 12 mesi) grazie a un accordo raggiunto in Senato con l’ala moderata dei repubblicani. Da qui l’incertezza delle aziende, che hanno subito già un calo delle azioni. Non solo. Trump ha imposto al Dipartimento degli Interni di esaminare le proprie revisioni dei progetti solari ed eolici. E così, nei giorni scorsi, è stato annunciato che il segretario degli Interni, Doug Burgum, avrebbe avviato la revisione richiesta per “eliminare gli sconti di lunga data sui diritti di passaggio e sulle tariffe”. Secondo Ray Long, presidente e ceo dell’American Council on Renewable Energy “richiedere l’approvazione personale del segretario degli Interni per almeno 69 distinte azioni di autorizzazione – dall’affitto di siti alle richieste di diritti di passaggio – su potenzialmente centinaia di progetti rappresenta un approccio non necessario e inefficiente al rilascio delle autorizzazioni, che porterà a ritardi significativi e incertezza”.
I veicoli elettrici e la Tesla di Elon Musk – Tornando alla legge fiscale, da settembre 2025 verrà eliminato il credito d’imposta di 7.500 dollari per gli acquirenti di veicoli elettrici, taglio prima previsto per la fine del 2032. Una delle aziende più colpite, infatti, è proprio la Tesla, casa automobilistica di Elon Musk. Non solo perché i suoi veicoli elettrici non potranno più beneficiare degli incentivi, ma anche perché la nuova legge ha eliminato le sanzioni che i produttori di auto dovevano pagare alle autorità di regolamentazione che supervisionano i requisiti di risparmio di carburante negli Stati Uniti (Leggi l’approfondimento) e, quindi, Tesla non potrà più rivendere i suoi crediti per la compensazione delle emissioni alle altre aziende più inquinanti. I primi effetti della norma non sono tardati ad arrivare, in un periodo già non facile per la casa automobilistica.
Le regole anti-Cina – Eliminato l’emendamento che avrebbe imposto una tassa sui progetti di generazione di energia da rinnovabili realizzati usando componenti straniere oltre una certa soglia, i nuovi progetti dovranno però soddisfare requisiti rigorosi di proprietà e provenienza estera. Già introdotti sotto l’amministrazione Biden e limitati ai crediti d’imposta per veicoli elettrici e produzione avanzata, le norme sulle ‘entità straniere di interesse’ (Feoc), copriranno quasi tutti i crediti d’imposta e mirano a limitare e poi negare i crediti ai progetti controllati da Cina, Russia, Iran o Corea del Nord o che acquistano componenti da questi Paesi. Le disposizioni approvate in via definitiva sono meno rigorose di quelle previste nelle bozze precedenti, ma chi inizia a costruire nel 2026 deve rispettare una serie di regole, tra cui la dimostrazione che una quota crescente di componenti proviene da fonti esterne ai Paesi indicati. Per quanto riguarda i crediti per la produzione avanzata, per le batterie agli ioni di litio – per le quali la Cina domina le catene di approvvigionamento – va garantita una percentuale del 60% nel 2026, che salirà all’85% nel 2030, mentre per i produttori di energia solare si andrà dal 50% nel 2026 all’85% nel 2030.
Cosa dice il report di Irena – Secondo il progetto Repeat della Princeton University per effetto del One Big Beatiful Bill Act, i costi energetici domestici aumenteranno di 165 dollari nel 2030 e di oltre 280 dollari entro il 2035, la capacità solare aggiuntiva si contrarrà di 29 gigawatt entro il 2030 e di quasi 140 GW entro il 2035 e quella eolica di 43 GW entro il 2030 e di 160 GW entro il 2035. Un terremoto che arriva mentre l’International Renewable Energy Agency lancia un messaggio chiaro: fotovoltaico e l’eolico onshore costano fino al 53% in meno rispetto ai combustibili fossili, ma la transizione verde rischia di rallentare senza investimenti in reti, accumulo e accesso equo al capitale. I dati: nel 2024, il costo medio dell’energia eolica onshore è sceso a 0,034 dollari per chilowattora, mentre il solare fotovoltaico ha raggiunto 0,043 dollari a kWh, risultando rispettivamente più economici del 53% e del 41% rispetto alle fonti fossili più competitive. Secondo il report, il 91% dei nuovi impianti rinnovabili installati nel 2024 è stato più conveniente rispetto alle alternative fossili e l’aggiunta di 582 GW di nuova capacità rinnovabile ha generato risparmi stimati in 57 miliardi di dollari, riducendo al tempo stesso le emissioni e la dipendenza dai mercati fossili. Quali sono i problemi? “Integrazione delle rinnovabili nella rete elettrica, strozzature infrastrutturali, lentezze autorizzative e carenza di sistemi di accumulo, oltre che il divario Nord-Sud per l’access al capitale”. Irena rileva che nel 2024 il costo del capitale per un progetto eolico è stato del 3,8% in Europa, ma oltre il 12% in Africa. Va detto che, comunque, il taglio dei sussidi e le nuove priorità dell’Ue iniziano ad avere effetti significativi se, secondo i dati appena diffusi dall’associazione di settore SolarPower Europe, nel 2025 i Paesi dell’Unione installeranno 64,2 gigawatt di nuova capacità solare, con un calo dell’1,4% rispetto ai 65,1 GW installati lo scorso anno. Il primo dal 2016.
Gli ordini esecutivi come regalo alle lobby del fossile – Ma, tornando negli Usa, la guerra alle rinnovabili portata avanti da Trump è parte dai favori alle compagnie dei combustibili fossili. Solo qualche esempi. Dopo aver dichiarato, nel suo primo giorno di insediamento, l’esistenza di un’emergenza energetica nazionale per accelerare esplorazione su terre federali e produzione di fonti fossili, l’8 aprile – con l’ordine esecutivo Reinvigorating America’s beautiful clean coal industry and amending – ha ‘trasformato’ il carbone in una fonte ‘pulita’, classificata come ‘minerale’ perché beneficiasse delle semplificazioni per le estrazioni e dei programmi di finanziamento e ha rinviato di due anni il termine (prima fissato al luglio 2027) in cui le centrali dovranno adeguarsi ai nuovi tetti sulle emissioni. La firma del One Big Beautiful Bill Act, ha poi trasformato la festa dell’indipendenza americana in festa della dipendenza dai combustibili fossili. Piove sul bagnato, ossia sui circa 17 miliardi di dollari di sussidi federali diretti che già sono destinati alle compagnie dell’oil&gas. La legge offre una deroga che permetterà a molte delle aziende che dichiarano profitti pari o superiori a 1 miliardo di dollari di non pagare un’aliquota minima del 15%, introdotta da Biden. E stabilisce che i produttori di carbone metallurgico (utilizzato per produrre acciaio) possano richiedere la detrazione dalle tasse del 2,5% dei costi sostenuti fino al 2029.
Le trivellazioni in terreni e acque federali – Per le trivellazioni su terreni federali, il Dipartimento degli Interni deve organizzare ogni tre mesi vendite di locazioni in ogni Stato “in cui sono disponibili terreni idonei”, andate a rilento durante l’amministrazione Biden. C’è pure un minimo sindacale: quattro vendite di concessioni di petrolio e gas all’anno in nove stati (Alaska, Colorado, Montana, Nevada, Nuovo Messico, Dakota del Nord, Oklahoma, Utah e Wyoming), aprendo anche all’Alaskan Arctic National Wildlife Refuge. E se l’Inflaction Reduction Act di Biden aveva portato le royalty dal 12,5% al 16,2%, ora si torna al regime precedente. Al largo delle coste degli Stati Uniti, sulla cosiddetta Piattaforma Continentale esterna (Ocs), il segretario degli Interni dovrà organizzare in Alaska un minimo di sei vendite di contratti di locazione offshore nell’area di pianificazione del Cook Inlet dal 2026 al 2032 e, nel Golfo del Messico, almeno due vendite di contratti di locazione offshore all’anno fino al 2039. Per un totale di 30 contratti in quello che viene definito il ‘Golfo d’America’.
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