Fedez, da rapper a imprenditore: “La vera forza è restare invisibili”

  • Postato il 22 agosto 2025
  • Business
  • Di Forbes Italia
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Articolo tratto dal numero di agosto 2025 di Forbes Italia. Abbonati!

La holding di Fedez, Zedef, controlla Doom, polo creativo che cresce del 30% all’anno. Ha scelto il modello ‘work for equity’:
“Propongo il mio intervento laddove posso essere un acceleratore di risultati per progetti”

“L’invisibilità è un superpotere, la sovraesposizione no”. Non serve altro per comprendere la filosofia di business adottata da Federico Lucia, in arte Fedez. Un personaggio divisivo, polarizzante, che ha saputo trasformare la sua vita artistica, imprenditoriale e personale in un catalizzatore di attenzione. Fedez, con lucidità, tira le somme della holding familiare, la Zedef, che controlla al 100% la Doom ent, un polo creativo dai bilanci milionari, aperto a più fronti: dalla gestione di talent allo sviluppo di progetti creativi. Una factory che cresce del 30% ogni anno. Dietro l’immagine del cantante si cela una struttura imprenditoriale solida, fatta di numeri, intuizione e costante voglia di indipendenza, il suo vero successo.

Lei ha sempre deciso di esporsi molto. Quanto questa cosa l’ha aiutata o svantaggiata?

Credo che, come tutte le cose, mi abbia avvantaggiato da un lato, soprattutto dalla parte del personal branding, e svantaggiato da un altro, perché gli scivoloni non sono mancati. Però ci si dimentica sempre che l’invisibilità è un super potere, la sovraesposizione no. Bisogna essere in grado di cavalcarla.

Al contrario, sul lato imprenditoriale ha deciso di mantenere sempre un profilo più basso. Perché?

Credo che nella sfera lavorativa debbano parlare i risultati. Mi sono sempre prefissato obiettivi che non ho ancora raggiunto e quindi, prima di fare grandi proclami, preferisco aspettare.

Lei è l’anima della holding familiare. Le società che controlla hanno bilanci molto positivi.

Attualmente la holding Zedef ha una consistenza patrimoniale complessiva che supera i 20 milioni di euro. La controllata Doom è cresciuta più o meno del 30% ogni anno. Teniamo conto che veniamo anche da una bufera comunicativa non indifferente, che però ci ha lasciato un’esperienza importante e l’opportunità di aprire un ramo di mercato sul risk management. Tra i vari rami di mercato che vorrò esplorare c’è anche quello.

Lei ha avuto successo con la musica, poi ha deciso di percorrere anche altre strade. Oggi la musica è ancora il suo business principale?

No, non è assolutamente al primo posto nel mio business, ma rimane al primo posto rispetto ai miei sfoghi creativi. II mio obiettivo è sempre stato essere indipendente dal punto di vista economico rispetto alla musica e non far sì che le mie economie dipendessero dalla musica. Questo mi dà una totale indipendenza rispetto alla scrittura di canzoni e ai progetti musicali.

In un’intervista ha dichiarato: “Non investo denaro, ma faccio quello che in gergo chiamano work for equity”. In che modo e perché?

Con il work for equity fornisco le mie competenze a un’azienda, a una società, in cambio di partecipazioni. Laddove posso essere un acceleratore di risultati per progetti, propongo il mio intervento. Perché lo faccio? Beh, perché così non metto soldi.

È in vendita un suo immobile sul Lago di Como. Crede sia svantaggioso investire in questo settore?

Non è il mio settore. Cerco di muovermi nei rami che conosco. Per quanto mi riguarda l’investimento sul Lago di Como, è andato bene, c’è stata una plusvalenza importante, però vendere è una rottura di scatole. Per me il gioco non vale la candela. Non mi entusiasma avere degli immobili.

Preferirebbe aumentare la sua popolarità, magari anche all’estero, o la sua ricchezza?

Nettamente la mia ricchezza. La popolarità è un effetto collaterale del lavoro che faccio, è una cosa che ho imparato in qualche modo a maneggiare, a volte sì, a volte meno. Conosco diverse persone che ricercano la popolarità e a mio parere è l’errore più grande che si possa fare.

In un’udienza del 2020 ha dichiarato di essere nullatenente. Perché?

Mi domando ancora come la registrazione di una mia udienza sia finita online. Al netto di ciò, mi si chiedeva che immobili avessi intestati e quindi ho detto d’impeto: ‘Sono nullatenente’. Semplicemente perché tutto fa parte della holding familiare.

A livello lavorativo lei ragiona più come artista o più come imprenditore?

Per me è più semplice lavorare e ragionare come imprenditore, semplicemente perché il mio lobo artista vive di molte più sofferenze, è molto più combattuto rispetto al lato imprenditoriale.

Qual è il suo rapporto col denaro?

Non ho mai avuto un estremo attaccamento al denaro. Da diversi anni le prerogative di tutti i miei progetti sono l’adrenalina e lo stimolo creativo che mi possono dare, non il denaro.

Cos’è per lei il successo?

Arrivare al punto di non dover rendere conto a nessuno. Diciamo che è la conquista della libertà vera, permettersi di dire ciò che si vuole, ovviamente pagandone le conseguenze.

Lei si definisce un creativo. Non pensa che in futuro la creatività potrà essere messa a repentaglio da qualcosa, che potrà anche venire meno?

No, non mi voglio lanciare in previsioni azzardate, perché l’intelligenza artificiale da un mese all’altro fa passi da gigante. Credo che l’avvento dell’IA sarà un cambiamento importante per diverse sfere lavorative e diversi business. Tornando alla creatività, credo che sarà per sempre lo strumento attraverso cui l’essere umano darà l’input a qualcos’altro. L’intelligenza artificiale intaccherà vari settori – già li sta intaccando – ma non riuscirà a soppiantare la creatività umana, semplicemente perché se noi guardiamo le più grandi case history a livello di comunicazione e marketing nel mondo, hanno tutte una costante: sono tutte corti circuiti e deragliamenti del sistema. E se c’è una cosa che l’intelligenza artificiale non sa fare è andare fuori dai binari.

 

L’articolo Fedez, da rapper a imprenditore: “La vera forza è restare invisibili” è tratto da Forbes Italia.

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Forbes Italia

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