Fiducia e matrimonio
- Postato il 23 aprile 2025
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- Di Il Vostro Giornale
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“Chi non ha fiducia in nessuno finisce per credere in dio perché lo pensa in modo tale che sarà impossibile esserne delusi, se le cose vanno bene lo devi ringraziare se vanno male devi sentirti in colpa, meglio il diavolo, allora, al quale non devo niente”, le parole caustiche quanto inequivoche sono dell’amico Gershom Freeman, in realtà la serata aveva imboccato una chiacchierata che si incamminò verso argomentazioni più specificatamente teologiche e in quella sede la lascio nei miei ricordi, ma ne estrapolo l’affermazione di apertura per affrontare una questione assolutamente non marginale che ne innerva l’elemento polemico, mi riferisco all’idea di fiducia. La definizione condivisa di questo concetto mi sembra possa essere quella di un atteggiamento positivo nei confronti di sé e/o di altri che determina uno stato d’animo di serenità e ottimistiche aspettative; ciò che si sottintende, credo, sia che tale modo relazionale si fondi su una serie di garanzie edificate nel tempo, in sintesi, la fiducia va costruita e meritata. Quanto appena precisato, però, è tanto sottaciuto quanto condiviso, così da risultare addirittura evidente da essere pleonastica la puntualizzazione, ciò che mi sembra meriti un’ulteriore sottolineatura è che chi non dà fiducia a se stesso finisce per incontrare enormi difficoltà nel concederne agli altri che, di conseguenza, incontreranno enormi difficoltà nel meritarsela. Le graffianti parole dell’amico Gershom credo possano assumere una valenza universale, se intese a ricercare la proiettività di un disagio e la speranza in una luce al termine del viaggio tra gli umani, insomma, nella fondazione di ogni qualsiasi religione, ma anche chiarire alcuni elementi meno trascendentali e più prossimi alla quotidianità. Si può sposare il detto andreottiano e palesemente democristiano “A pensar male si fa peccato ma si indovina”, oppure assumere un atteggiamento preventivo di disponibilità alla fiducia.
Lasciamo a margine l’implicita contraddizione di un (demo)cristiano che afferma che peccare porti alla verità e alla conoscenza e cogliamo l’aspetto culturale che si fonda sulla convinzione che a fidarsi ci si espone alla cattiveria degli “altri” certamente pronti ad approfittarne. Quante volte è capitato di sentir malinconicamente affermare “io ero una persona aperta, disponibile alla fiducia, ma la vita mi ha insegnato a non fidarmi se non quando qualcuno se lo fosse davvero meritato”. Quello che intendo non è suggerire un atteggiamento da superficiali, o faciloni, o ingenui, ma quello di chi preventivamente, ma con intelligenza critica, si offre disponibile a dare fiducia preliminarmente, in sintesi, intanto mi fido, ma sto con gli occhi aperti. Non possiamo dimenticare che la prospettiva dalla quale si osserva la vita ne determina la forma e, di conseguenza, quella che riterremo nel tempo esserne anche la sostanza; chi non riesce a fidarsi degli altri spesso accampa scuse, insomma, la colpa è sempre della scarsa attendibilità altrui, e se, al contrario, la vera causa fosse che non si fida di se stesso? Potremmo rovesciare il concetto affermando che, se qualcuno non ha la possibilità di ingannarti non ha bisogno che tu ti fidi di lui e sarebbe vuota di senso la tua eventuale fiducia, mentre se ha la possibilità di farlo, il suo libero arbitrio regala a te la libertà di fidarti oppure no, ma questo ti rivelerà, prima di scoprire qualcosa sull’altro, un importante aspetto della tua personalità. Se ti mostrassi le mie mani a pugno chiuso assicurandoti che nella destra è contenuto un euro mentre l’altra è vuota avresti la possibilità di credermi oppure no, ma se te le mostrassi aperte così da rivelarne il contenuto ti impedirei di poterti o meno fidare di me, in sostanza per fidarsi la certezza non te la può offrire l’altro, devi incontrarla in te.
Il momento successivo sarà quello nel quale l’altro si rivelerà o meno rispondente alla tua fiducia, bisogna però stare molto attenti a non confondere la fiducia con le aspettative; tornando all’esempio delle mani, se io affermo la presenza di un euro nella mano destra ciò non significa né che in realtà potrebbero essercene due e desidero sorprenderti né, ancor meno, che sia mia intenzione donartelo, tutto questo avrebbe a che fare con le tue aspettative e non avrebbe senso sentir tradita la tua fiducia nel caso in cui aprissi la mano, ti mostrassi l’euro per poi infilarmelo nella tasca o addirittura donarlo a qualche altro. Nel caso in cui la mano destra si rivelasse anch’essa vuota, mi sembrano illuminanti le parole di George Bernard Shaw: “Il vero castigo per chi mente non è di non essere più creduto, ma di non poter credere a nessuno”, a conferma di quanto già inizialmente argomentato. Proviamo ora a trasporre la questione da un contesto più speculativo a quello più prossimo alla quotidianità, ambito più comune ma quanto più conflittuale; ci può aiutare, in questo cambio di registro, un aforisma di Oscar Wilde che si può leggere nel Manuale del perfetto impertinente: “I matrimoni senza amore sono spaventosi. Tuttavia, c’è qualcosa di peggio di un matrimonio senza amore: un matrimonio in cui esiste l’amore, ma da una parte sola, ed esiste la fiducia, ma da una parte sola. Un matrimonio in cui uno dei due cuori è destinato a essere infranto.” Limitiamoci al solo secondo assente denunciato da Wilde: se manca la fiducia poiché non è stata posta come fondamento propedeutico al matrimonio per le più svariate ragioni, il destino tragico della relazione è difficilmente recuperabile ma diventa difficile comprendere la ragione, almeno ai giorni nostri, per il costituirsi stesso della coppia, in sintesi, se non ti fidi perché decidi di unirti in matrimonio? Ma esiste un secondo caso: non c’è fiducia poiché uno dei due ritiene che sia stata tradita, la questione si complica.
Quando possiamo affermare che abbia avuto luogo un colpevole venir meno dei doveri di fiducia reciproca? Se si è consumato un chiaro e deliberato inganno rimando alle parole di Shaw ed eventualmente ad un serio avvocato divorzista, ma è opportuno fare chiarezza su cosa si può considerare una fondata ragione per accusare il partner di non meritare la nostra fiducia. Se tale atteggiamento esige quella che possiamo definire assoluta trasparenza, mi sembra necessario sottolineare che una tale condizione ridurrebbe il partner all’invisibilità. Mi auguro si colga la sottile provocazione dell’allegoria, in ogni caso chiunque sia dotato di spessore umano, di una vita interiore, di slanci e cadute emotive, non potrà mai essere del tutto trasparente e ritengo fisiologicamente impossibile la condivisione con chicchessia di ogni qualsiasi emozione privata. Nel caso appena ipotizzato, a mio modo di vedere, chi non merita fiducia, il vero traditore del rapporto d’amore, è chi nella coppia ha la pretesa che il partner abbia sempre le mani aperte, riveli sempre il contenuto, in quel modo l’eventuale fiducia concessa oltre a negare la “libertà esistenziale” dell’altro solleverà il despota d’amore da ogni dovere alla fiducia: si può sostenere che si fidi chi ha sotto controllo ogni pensiero e ogni azione dell’altro? Chiediamoci perché è più facile fidarsi dei genitori che dei coniugi anche se i primi non li abbiamo scelti: intanto perché sicuramente ne avvertiamo l’amore e la dedizione, la disponibilità alla più disinteressata generosità, ma soprattutto perché a loro non è richiesta la annichilente trasparenza di cui sopra. Non ci interessano molti aspetti della loro vita, addirittura ci imbarazzerebbe conoscerli, non ci riterremmo traditi scoprendo che eravamo all’oscuro di una qualche passione, ma certo riterremmo inaccettabile l’idea che possano averci nascosto l’esistenza di un altro figlio. Mi sembra si corra il rischio di confondere il “meritare la fiducia” con “l’esclusiva e il controllo”. In fondo per amare è importante fidarsi e forse è il solo modo per regalarsi la possibilità della felicità di coppia, che gioia può regalare una storia d’amore con l’essere invisibile?
Per un Pensiero Altro è la rubrica filosofica di IVG, a cura di Ferruccio Masci, in uscita ogni mercoledì. Perchè non provare a consentirsi un “altro” punto di vista? Senza nessuna pretesa di sistematicità, ma con la massima onestà intellettuale, il curatore, che da sempre ricerca la libertà di pensiero, ogni settimana propone al lettore, partendo da frasi di autori e filosofi, “tracce per itinerari alternativi”. Per quanto sia possibile a chiunque, in quanto figlio del proprio pensiero. Clicca qui per leggere tutti gli articoli.