Figli con la eterologa: sì al riconoscimento di entrambe le madri
- Postato il 23 maggio 2025
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Il Quotidiano del Sud
Figli con la eterologa: sì al riconoscimento di entrambe le madri
La sentenza della Corte Costituzionale: Figli con la eterologa, sì al riconoscimento di entrambe le madri. La partner della partoriente non dovrà adottare «subito riconosciuti», la Consulta tutela i figli delle coppie lesbiche. I piccoli nati all’estero con la Pma avranno due madri: vale l’impegno assunto da entrambe. No all’eterologa per le single.
Riconoscere come madre solo la donna che ha partorito e non la cosiddetta madre intenzionale, che ha prestato il consenso alla pratica fecondativa, viola gli articoli 2, 3 e 30 della Costituzione. La Consulta interviene sul riconoscimento dei figli di due donne nati da procreazione medicalmente assistita. Ora i bambini nati grazie alla PMA realizzata all’estero, avranno due madri e potranno essere iscritti all’anagrafe come figli di entrambe. I giudici intervengono così su un tema che presenta rilevanti implicazioni bioetiche e incisivi riflessi sociali sui rapporti interpersonali e familiari, e soprattutto sulla tutela dei futuri nati. Proprio in quest’ottica la Corte ha anche impresso un’altra decisione, valutando la questione delle madri single, stabilendo che «non è irragionevole né sproporzionata la legge che non consente alla donna sola di accedere alla PMA».
DUE MADRI ALL’ANAGRAFE: RICONOSCIMENTO UNA SVOLTA PER I FIGLI NATI ALL’ESTERO
I giudici hanno ritenuto non fondate le questioni di legittimità costituzionale che erano state sollevate, facendo notare che è anche nell’interesse dei futuri nati che il legislatore ha ritenuto «di non avallare un progetto genitoriale che conduce al concepimento di un figlio in un contesto che, almeno a priori, esclude la figura del padre». In ogni caso la Consulta ha ribadito, in linea con i propri precedenti, che non sussistono ostacoli costituzionali a una eventuale estensione, da parte del legislatore dell’accesso alla procreazione medicalmente assistita anche a nuclei familiari diversi da quelli attualmente indicati, e nello specifico alla famiglia monoparentale. «Sono dispiaciuta, è un’occasione mancata per affermare con chiarezza che il desiderio di genitorialità non può essere filtrato da pregiudizi, né condizionato da schemi ormai superati», afferma Evita, 40enne torinese, ricorrente nel procedimento davanti al Tribunale di Firenze che aveva rimesso la questione alla Corte.
Evita, diventata protagonista della battaglia delle madri single, aggiunge che «ora spetta al Parlamento dimostrare se è in grado di ascoltare la realtà, anche fuori dal perimetro della famiglia tradizionale». Sulle due questioni della PMA sotto la lente della Consulta, interviene la ministra per la Famiglia Eugenia Roccella. «Innanzitutto non è in discussione alcun atto di questo governo e di questa legislatura, e in ogni caso non è richiesto dalla Consulta alcun intervento normativo, né sulla legge 40 né su altri punti dell’ordinamento – afferma – in secondo luogo, per l’ennesima volta la Corte conferma il disvalore dell’utero in affitto, al punto da giungere a differenziare l’attribuzione dello status genitoriale per le coppie di uomini e di donne, proprio sulla base della differenza naturale dei corpi sessuati, che l’ideologia oggi vorrebbe negare».
MADRI SINGLE E ACCESSO ALLA PMA: NESSUNA ESTENSIONE ATTUALMENTE PER IL RICONOSCIMENTO DEI FIGLI
Dall’altro canto, però – aggiunge la ministra – l’interesse del bambino a vedersi riconosciute due figure genitoriali viene sancito, nella sentenza sulle due mamme, «prescindendo completamente dai fondamenti biologici della riproduzione e della generazione, come se l’estromissione e la cancellazione programmata della figura del padre non fosse a sua volta un disvalore e una scelta contraria al miglior interesse del minore».
Sono invece «emozionate, commosse, felici» Glenda e Isabella, sposate e mamme di una bambina di tre anni e uno di due. «Non pensavamo che saremmo state le prime – affermano le due donne che hanno potuto riconoscere una figlia, mentre l’altro no perché nato il 3 aprile 2023, un mese dopo la circolare del ministro dell’Interno Piantedosi, primo caso a Lucca che ne vietava il riconoscimento. Nel 2024 i giudici toscani avevano rinviato la questione alla Corte dopo che l’anno prima, la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Lucca, aveva presentato una richiesta di rettifica dell’atto di nascita di un minore chiedendo di cancellare la “madre intenzionale”.
LE REAZIONI ALLA SENTENZA
Due i rilievi con cui la Consulta ha cambiato la realtà: la responsabilità che deriva dall’impegno comune che una coppia si assume nel momento in cui decide di ricorrere alla PMA per generare un figlio, impegno dal quale, una volta assunto, nessuno dei due genitori, e in particolare la cosiddetta madre intenzionale, può sottrarsi. Inoltre, la centralità dell’interesse del minore a che l’insieme dei diritti che egli vanta nei confronti dei genitori valga, oltre che nei confronti della madre biologica, nei confronti della madre intenzionale.
Dalla considerazione di questi fondamenti discende che il mancato riconoscimento fin dalla nascita dello stato di figlio di entrambi i genitori lede il diritto all’identità personale del minore e pregiudica sia l’effettività del suo «diritto di essere mantenuto, educato, istruito e assistito moralmente dai genitori, nel rispetto delle sue capacità, delle sue inclinazioni naturali e delle sue aspirazioni»; sia il suo «diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori» e di «conservare rapporti significativi con gli ascendenti e i parenti di ciascun ramo genitoriale».
MADRI RICONOSCIMENTO FIGLI: DISPARITÀ ANCORA PRESENTI
Ida Parisi, avvocata specializzata in Diritto di Famiglia e PMA, spiega: «La Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 8 della legge 40/2004 nella parte in cui non consente al nato in Italia da Pma effettuata all’estero, di essere riconosciuto anche dalla madre intenzionale, ovvero dalla donna che, pur non avendo partorito, ha espresso il consenso preventivo alla tecnica e assunto la responsabilità genitoriale nei confronti del bambino. La sentenza non riguarda le coppie di uomini che ricorrono alla gestazione per altri (Gpa), pratica vietata in Italia – prosegue l’esperta – e si applica soltanto ai casi di PMA praticata all’estero con nascita in Italia».
Per Parisi permane «sicuramente una disparità significativa» perché le «coppie di donne possono ora riconoscere entrambe la genitorialità del figlio nato da PMA effettuata all’estero. Le coppie di uomini, invece, non possono ottenere analogo riconoscimento per i figli nati da Gpa, anche se effettuata all’estero, a causa del divieto assoluto previsto dalla legge italiana. Tra i divieti ancora esistenti in materia in Italia, ci sono sicuramente l’accesso alla Pma in Italia per i single e per le coppie dello stesso sesso, l’accesso alla gestazione per altri che è stato inasprito e la regolamentazione inerente la gestione degli embrioni che in caso di mancato utilizzo ai fini di una gravidanza, possono essere soltanto crioconservati».
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Figli con la eterologa: sì al riconoscimento di entrambe le madri