Flotilla, Vincenzo Fullone, dal carcere in Israele alla Calabria: «Sono un sopravvissuto»
- Postato il 15 ottobre 2025
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Il Quotidiano del Sud
Flotilla, Vincenzo Fullone, dal carcere in Israele alla Calabria: «Sono un sopravvissuto»
La storia dell’attivista calabrese Vincenzo Fullone rientrato in Calabria dopo l’arresto in Israele mentre era diretto a Gaza a bordo di una nave della Freedom Flotilla, carica di aiuti umanitari.
CROSIA – «D’ora in poi non mi chiamerò più Vincenzo Fullone, ma sopravvissuto». Sono le prime parole dell’attivista di Crosia fermato nella notte tra il 7 e l’8 ottobre in Israele mentre era diretto a Gaza a bordo su una nave della Freedom Flotilla, carica di aiuti umanitari. Detenuto nel carcere di Ketziot, nel deserto del Negev, a distanza di cinque giorni viene liberato e lunedì scorso, 13 ottobre, ha fatto rientro in Italia.
VINCENZO FULLONE E IL RIENTRO IN CALABRIA DOPO IL CARCERE
Dopo uno scalo a Roma Fiumicino, è arrivato a Lamezia Terme con il volo AZ1167 delle ore 18.30, dove ad accoglierlo c’erano i familiari, gli amici, cittadini e attivisti dei comitati Pro Palestina che sin da subito, insieme alla sindaca Aiello di Crosia, si sono mobilitati per chiedere alle autorità preposte l’immediata scarcerazione di Fullone e di tutti gli altri attivisti e cittadini palestinesi detenuti a Gaza. Non appena ha messo piede in Calabria, circondato da centinaia di bandiere della Palestina, Vincenzo ha voluto ringraziare tutti per la vicinanza e raccontare la terribile esperienza vissuta sin dal momento dell’arresto, mentre navigava con altri volontari in acque internazionali alla volta di Gaza.
L’EMOZIONE E IL DOLORE DI FULLONE
Visibilmente provato, non ha nascosto la sua emozione, facendo trasparire dalle sue parole tutto il dolore per quello che ha visto e per come vengono trattati i detenuti in Israele. Un’esperienza che lo ha ulteriormente forgiato e rafforzato, e che non potrà mai dimenticare.
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«DEPORTATO E UMILIATO»
«Dall’aereo ho visto Gaza, irriconoscibile dall’alto. – ha iniziato – Hanno provato a piegarmi, mettendomi in ginocchio come fanno da 77 anni con i Palestinesi. Quello di Israele è un metodo ben sperimentato e rodato, approvato dall’Occidente muto. Deportato, derubato da quelle poche sostanze, umiliato nel mio più profondo intimo. – ha confessato Fullone – Privato dei miei sogni, dei miei ricordi, delle immagini che portavo nel mio telefono e che guardavo la sera in barca per non perdere la forza. E alla fine, come fanno con i palestinesi, ci hanno portati all’inferno, bendati, ammanettati polsi e caviglie, in vagoni di metallo fino ad una prigione del Negev, nel deserto di Palestina occupato da Israele, dove i palestinesi entrano e non escono più, o escono cadaveri senza organi né strati di pelle».
IL RACCONTO DI VINCENZO FULLONE SU QUANTO SUCCEDE A GAZA
Il suo racconto è una testimonianza forte, una chiara denuncia fatta da chi ha visto con i propri occhi e vissuto sulla propria pelle quanto accade da anni in quella martoriata Striscia di Gaza. Fullone ha infatti continuato: «In quel deserto, nessuno può sentirli né vederli, se non fosse stato per noi occidentali. Potrei raccontare i cinque giorni d’inferno; nei cubi di metallo dove eravamo detenuti e trasportati, ho sentito l’odore acre dell’urina perché te la fai sotto, che tu sia uomo, donna o bambino. Io d’ora in poi non mi chiamo più Vincenzo Fullone, ma sopravvissuto. E spero tanto che la Palestina sia presto libera».
LA BATTAGLIA DI “PALESTINA LIBERA” NON SI FERMA
Per “Palestina Libera”, la scarcerazione di Vincenzo Fullone non basta: «Il nostro amico è tornato a casa, ma sono ancora migliaia le famiglie palestinesi che restano private dei loro affetti». Una battaglia che non si ferma, dunque, ma prosegue con più vigore. Nel nome di Vincenzo e degli oltre 10 mila i palestinesi ancora detenuti in condizioni disumane in quei lager, tra cui centinaia di bambini.
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