Frangiflutti invisibili, problemi evidenti: la vera sfida della protezione costiera

  • Postato il 26 agosto 2025
  • Ambiente
  • Di Il Fatto Quotidiano
  • 3 Visualizzazioni

B. “Bentornato, professore! Benvenuto in spiaggia. Estate ballerina, tra ondate di calore e acquazzoni. Sono sicuro che il tempo si accomoderà. Lei è il nostro portafortuna”.
I. “Meglio una goccia di fortuna una botta di saggezza? Con il clima si può anche discutere, con il meteo no: ci vuole solo pazienza. Non trovo il mio ombrellone, né la sdraio”.
B. “La mareggiata di ieri, purtroppo. Prima c’era. Arrivato lei…”
I. “Una velata patente di iettatore?”
B. “Il prossimo anno non accadrà più, insigne. In autunno costruiranno una barriera soffolta”.
I. “Vendo casa (cit. Mogol)”.
L’insigne si allontana verso il bar per consolarsi con un biancamaro, il famigerato spritz dei milanesi.

Nonostante nel 2007 APAT abbia pubblicato un bellissimo manuale, l’Atlante delle opere di sistemazione costiera, la protezione del paesaggio e degli ecosistemi costieri insegue la volubilità della moda estive piuttosto che la razionalità. Per i più giovani, la fu Agenzia per la Protezione dell’Ambiente e per i Servizi Tecnici, APAT, oggi si chiama Ispra. E il suo sito è tuttora ricco di documentazione per capire e per fare; e fare bene.

Negli ultimi anni, le barriere flangiflutti sommerse sono diventate un “must” (Fig.1). Vengono preferite ad altri sistemi — per esempio, i pennelli — talvolta a ragione, talvolta in modo indiscriminato, senza valutare il loro impatto a breve e lungo termine. E si dimenticano alcune banali avvertenze.

Il principale svantaggio è la complessità della progettazione e le difficoltà nel garantirne l’efficacia. Progettare una barriera frangiflutti sommersa che protegga efficacemente la spiaggia senza causare effetti negativi quanto indesiderati è complicato. Se progettate scorrettamente, queste strutture possono non dare una protezione adeguata o addirittura causare alterazioni impreviste del trasporto dei sedimenti e della morfologia della spiaggia.

Sebbene le barriere soffolte siano meno invasive visivamente e possano ridurre l’energia delle onde, le loro prestazioni dipendono fortemente dalle dimensioni e dal posizionamento. Piccoli errori di progettazione o costruzione possono ridurne significativamente l’efficacia e, in alcuni casi, potrebbero non contenere l’erosione come auspicato. E fare invece danni.

Queste barriere dissipano l’energia delle onde obbligandole a frangere al largo per ridurne l’impatto sulla spiaggia. Tuttavia, durante una forte mareggiata, le onde sono spesso molto più alte e potenti del normale. E parte dell’energia delle onde può comunque superare la struttura sommersa e raggiungere la spiaggia, causandone potenzialmente l’erosione.

In pratica, questo sistema può aumentare anziché ridurre la vulnerabilità costiera agli eventi estremi. Sebbene le barriere soffolte offrano una buona protezione contro le tipiche condizioni di mareggiata, la loro efficacia può essere compromessa durante gli eventi estremi. Se l’altezza e la lunghezza delle onde supera i parametri di progetto, le onde possono travolgere completamente la struttura, riducendone l’effetto protettivo ed esponendo la costa a erosione e inondazioni.

Dopo una forte mareggiata, il profilo della spiaggia dietro la diga soffolta può cambiare, con l’erosione della sabbia e l’arretramento della linea di costa. Nel tempo, i processi naturali possono aiutare la spiaggia a riprendersi, ma le mareggiate ripetute o violente possono produrre, a lungo termine, una perdita di sabbia. In alcuni casi, il sistema impedisce la naturale ricostituzione della spiaggia — per esempio, quando il mare di scirocco la erode quello di libeccio la ripasce. E mi fermo qui, consegnando all’amico Nando Boero la verga ecosistemica e sanitaria.

L’ingegneria costiera è una materia complessa da affrontare con umiltà, modestia, competenza. Prima di tutto, meglio ascoltare la natura e osservare a lungo il sistema con rispetto. Sono i fiumi e i torrenti i primi protagonisti della dinamica costiera (Fig.2) e interagiscono a diversi livelli con le onde e le correnti marine. Non sempre basta qualche formuletta per progettare una barriera soffolta, la cui efficacia dipende strettamente dalla intensità e direzione delle mareggiate e dalla dinamica del trasporto litoraneo.

Per il biancamaro, confesso di preferire il Vermentino di Luni al Pigato. E, per la spruzzatina, il Corochinato o, in emergenza, la Chinamartini. Le polemiche estive su ombrelloni più o meno costosi e spiagge più o meno libere non mi accendono. Sono parole al vento, destinare all’oblio in assenza della materia prima, la spiaggia su cui poggiare la sdraio. La situazione italiana — tra arretramento e avanzamento delle spiagge — è molto complessa e, sul medio periodo, non molto confortante (Fig.3).

E richiederebbe, prima di tutto, qualche piccolo investimento sui sistemi di monitoraggio del moto ondoso, storicamente trascurati.

L'articolo Frangiflutti invisibili, problemi evidenti: la vera sfida della protezione costiera proviene da Il Fatto Quotidiano.

Autore
Il Fatto Quotidiano

Potrebbero anche piacerti