Fuga d’agosto e ritorno al cinema con quattro film tesissimi
- Postato il 19 agosto 2025
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- Di Il Fatto Quotidiano
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Se siete stufi delle giornate al mare in panciolle, se oramai paghi di mille serate con gli spritz in mano non avete più nulla da aggiungere alle vostre interminabili ferie in motoscafo, forse è giunto il momento di riaffacciarsi al cinema. Ma anche e soprattutto se non vi riconosceste in questa elite godereccia, o semplicemente la vostra arena di fiducia avesse già finito il suo programma, eccovi alcuni film in sala dal 20 agosto. Diversissimi, ma accomunati da tanta adrenalina.
Come Dangerous Animals, un’originale combinazione tra serial killer e squali per un horror in mare aperto. Sean Byrne dirige in maniera secca e senza fronzoli una storia di rapimenti seriali su un grosso peschereccio nell’oceano australiano dove cacciatore e preda hanno i volti azzeccati di Jai Courtney e Hassie Harrison. Montaggio a schiaffo, diverse funzionali derive slasher (quindi lame e sangue a sentimento), questo dramma cruento di rivincita e resistenza femminile condito dall’esotismo dei pescecani si avviluppa su metafore un po’ adolescenziali in tema predazione, ma cresce con thrilling ad alto ritmo. Un ottimo B-movie, avremmo detto in un’altra epoca.
Passato a Cannes e premiato a Toronto, presenta qualche ovvia esagerazione da non spoilerare, ma sarà ottimo intrattenimento per un pubblico giovanissimo e ancora in infradito che brami emozioni forti.
Dal mare aperto d’Australia passiamo alla claustrofobica supercar che il padre squattrinato e inaffidabile dagli occhioni languidi Bill Skarsgård vorrebbe rubare per disperazione. La sua bambina lo aspetta all’uscita di scuola, la ex lo detesta, ma l’inaspettata prigionia in un’auto indistruttibile lo porterà a un cambiamento. Tutto grazie a Sir Anthony Hopkins, suo il sadico padrone del mezzo high-tech.
In Locked, di David Yarovesky, Skarsgård indossa la stessa felpa rosa con il quale avviava il deludente The Crow, già questo rimando non aiuta. Il dramma filerebbe pure per adrenalina malata. La regia punta spesso sull’attuale divario tra poveri e ricchi in Usa colmato da steppe di rabbia 2.0, ma spesso ci si chiede per quale motivo Hopkins si presti a truculenze così spavalde, e soprattutto superficialotte. Si resta in zona cinema per adolescenti ambiziosi, o ex-adolescenti che abboccheranno all’Hannibal-amarcord. Anche questo è marketing, ma al netto dei nomi in locandina, tutto furbescamente dimenticabile.
Spostiamoci in Europa, dove il medical drama L’ultimo turno della svizzera Petra Volpe splende introducendoci nella nottata lavorativa di un’infermiera in una modernissima clinica a corto di personale. Un’immersione avvincente nella professione infermieristica quanto thrillerica nella regia, tra flebo, pasticche, pazienti livorosi o collaborativi, o imbarazzato, medicazioni fulminee, parenti addolorati, il multitasking di tendente ubiquità della protagonista ci fa vivere quella routine in maniera veloce, concentrata e umana. Per lo spettatore una corsa contro il tempo.
Lei è Leonie Benesch, attrice che riesce a incorporare grazia e lucidissimo stress, energia e determinazione, empatia e professionalità, ascolto e pazienza, in una figura professionale di cui la Svizzera ha attualmente molta carenza. Gli infermieri italiani insoddisfatti sono avvisati. Presentato alla Berlinale, potrebbe diventare anche un buon remake italiano, chissà, azzardo, con Alba Rohrwacher e un parterre di camei italiani come pazienti. Fiato sospeso e tenerezza da noi funzionano spesso.
Concludiamo con l’unico titolo in uscita il 21 agosto, Warfare, di Alex Garland e Ray Mendoza, che è realmente uno dei sopravvissuti della vicenda raccontata, una tragica missione di Navy Seals durante la guerra in Iraq nel 2006. Dopo Civil War Garland spinge ancora più a fondo l’osservazione della guerra come fenomeno tra gruppi di sopravvissuti: i soldati.
Cast ricco, con alcuni ottimi attori in ascesa nel cinema americano, i registi ci fanno respirare tensione, fratellanza e paura per l’assalto tra le case dei civili e i ferimenti gravi dei soldati con un dinamismo polveroso e sanguinolento che sembra un videogioco horror, ma purtroppo è solo fedele a quel che successo. È comodo guardare la guerra dalla poltrona di un cinema, per questo controverso per uno spettatore cosciente della sua sottile e impotente ipocrisia. Soprattutto in un periodo come questo. #Peace
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