Gaza, al valico di Rafah tra i boati dei bombardamenti e gli aiuti bloccati: “Là dentro la gente muore di fame e di sete”

  • Postato il 19 maggio 2025
  • Mondo
  • Di Il Fatto Quotidiano
  • 1 Visualizzazioni

Il boato che arriva ogni pochi minuti fa sussultare tutti. Guardano in là, oltre la barriera: a qualche chilometro di distanza qualcuno sta piangendo un morto. Al valico di Rafah, in Egitto, l’eco dei bombardamenti è il segno più tangibile di ciò che sta succedendo poco distante, nella Striscia di Gaza, oltre i cancelli sbarrati. Perché tutto intorno c’è il vuoto, strade deserte circondate da un muro di cemento messo in piedi in pochi mesi. A differenza di qualche mese fa non c’è alcun camion in attesa di attraversare il confine per portare gli aiuti a una popolazione stremata. Dal 2 marzo infatti da qui non entra nemmeno un’aspirina. E non è chiaro cosa accadrà e come funzionerà la distribuzione anche dopo l’annuncio di Netanyahu della riattivazione dei flussi arrivato nella serata di ieri. Tel Aviv ha già specificato che si tratterà di una “una quantità minima di cibo per la popolazione, per prevenire una crisi alimentare”.

“È un dolore immenso pensare che qui vicino ci sono amici che stanno morendo di fame e di sete” dice Luisa Morgantini, 84 anni a novembre, una vita spesa per la causa palestinese. C’è anche lei nella missione italiana Gaza oltre il confine, promossa dalla rete Aoi, Arci e da Assopace Palestina e composta da parlamentari, eurodeputati, membri della società civile, ong e giornalisti. Il gruppo ha raggiunto il valico domenica mattina con l’obiettivo di “rompere il silenzio sullo sterminio del popolo palestinese, facilitare l’ingresso degli aiuti umanitari e raccogliere testimonianze dirette”. Al suo arrivo la delegazione è stata accolta dagli operatori della Mezzaluna egiziana, che hanno spiegato il sistema messo in piedi per stoccare e conservare le decine di migliaia di tonnellate di beni ferme nei magazzini in attesa. Sono così tanti che hanno dovuto raddoppiare lo spazio. “Noi siamo pronti a partire anche subito” assicura Lotfy Gheith. “Ma il problema non è da questa parte, quella egiziana. Il blocco è di Israele”.

Mentre parla, dietro di lui Yousef Hamdouna è seduto a terra, piange in silenzio mentre traccia con un gessetto il contorno di un vestitino per bambini sull’asfalto. È un manager di Educaid, è uscito da Gaza qualche settimana prima del 7 ottobre senza più poter rientrare. Le sue figlie sono in Italia ma dentro la Striscia ha cuore, mente e gran parte della famiglia. Sulla strada verso il valico ha montato sul suo cellulare una sim palestinese, per agganciarsi alla rete locale e chiamare sua sorella Manal che si trova ancora a Gaza City. “Ci siamo dati un appuntamento, così ci siamo potuti abbracciare virtualmente ma da una distanza minore di quella solita”. Anche lui è partito da Roma per essere qui, anche solo per poche ore. Per “respirare di nuovo l’aria di Gaza. Mi manca anche se è piena del fumo delle bombe”.

La missione in Egitto si conclude oggi, lunedì 19 maggio, con gli ultimi incontri. Ma le realtà che l’hanno animata promettono di proseguire l’impegno in Italia. “Davanti a questo valico sbarrato abbiamo alzato uno striscione con scritto: ‘Basta complicità‘, accanto ai volti dei leader europei. La comunità internazionale osserva inerte uno sterminio in atto. I governi europei si sono voltati dall’altra parte. Questo silenzio è una responsabilità storica, politica e morale.Noi non ci fermeremo. Continueremo a denunciare, a mobilitarci, a portare la voce di chi è sotto assedio e costantemente minacciato dalle bombe”.

L'articolo Gaza, al valico di Rafah tra i boati dei bombardamenti e gli aiuti bloccati: “Là dentro la gente muore di fame e di sete” proviene da Il Fatto Quotidiano.

Autore
Il Fatto Quotidiano

Potrebbero anche piacerti