Gaza, nei magazzini in Egitto tra tonnellate di aiuti fermi: “Pronti a consegnare se Israele riapre il valico”
- Postato il 21 maggio 2025
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- Di Il Fatto Quotidiano
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Da alcuni pacchi danneggiati si intravedono confezioni di biscotti, di quelli per bambini, e sacchi di farina. Ci sono poi respiratori e vaccini per gli ospedali, coperte per il freddo, oggetti per l’igiene personale. Persino 4 ambulanze e cliniche mobili parcheggiate in uno spiazzale. 80mila metri quadrati, l’equivalente di 12 campi da calcio. Da mesi tonnellate di aiuti destinati alla popolazione della Striscia di Gaza sono bloccate qui, nei magazzini di Al-Arish, in Egitto, a pochi chilometri dal confine di Rafah. C’è di tutto ma dall’altra parte non arriva niente e si sopravvive con un pasto al giorno. Domenica sera, dopo 78 giorni di blocco totale, Israele ha consentito l’ingresso di un “piccola parte di aiuti alimentari” su pressioni degli Stati Uniti e, per ammissione dello stesso premier Netanyahu, con lo scopo di mantenere buoni rapporti diplomatici. 5 camion per più di 2 milioni di persone sono entrati dal valico di Kerem Shalom lunedì e altri 100, ha riferito l’Onu, sono stati autorizzati per i prossimi giorni. Sempre secondo l’Onu sono 116mila le tonnellate di aiuti ferme, sufficienti a sfamare un milione di persone per un massimo di quattro mesi.
Una “goccia nell’oceano” dicono gli operatori della Mezzaluna egiziana che hanno aperto le porte del proprio magazzino alla delegazione della carovana solidale di parlamentari italiani, ong e giornalisti messa insieme da Aoi, Assopace Palestina e Arci. Il capomissione, Mostafa Ibrahim, allunga un braccio e indica i compound davanti a lui. “Sono tutti pieni di aiuti. Questo è il secondo magazzino da 50mila metri quadrati, che si aggiunge a un altro da 30mila. Sono stati creati solo per gli aiuti destinati alla popolazione palestinese. E stiamo già costruendo un altro edificio per conservare altre merci”. Sulle confezioni sono stampati i loghi dei donatori. Si leggono i nomi di organizzazioni internazionali e di moltissimi Paesi del mondo. “Sono donazioni che arrivano dall’estero via mare, via terra e via aerea”. C’è poi un’intera area colma di bancali con oggetti rifiutati dalle autorità israeliane. Sacchi a pelo respinti per il colore verde militare, una torcia rigettata perché alimentata con un pannellino solare, giocattoli scartati per via del contenitore, una sedia a rotelle bocciata insieme a tutto quello che contiene metallo. “Questo compromette l’efficienza di quello che entra, perché spesso un oggetto viene privato di un componente essenziale per il suo funzionamento. Ad esempio una ruota senza il suo cerchione”.
Rispetto a un anno fa, le strade che portano al valico di Rafah hanno cambiato aspetto. Erano occupate da colonne di camion fermi e autisti in attesa. Ma, raccontano i responsabili della Mezzaluna, costava 100 euro al giorno a mezzo ed era un sistema troppo costoso da mantenere per così tanto tempo. E così l’organizzazione ha deciso di spostare le merci in queste strutture, dove ha messo in piedi un sistema di stoccaggio, controllo, tracciamento con i Qr code, e soprattutto conservazione: uno dei problemi principali infatti è evitare che tutte queste tonnellate di aiuti vadano sprecate mentre sono ferme nell’attesa di un permesso che non si sa se e quando arriverà. Nelle prime settimane di cessate il fuoco tra gennaio e febbraio il valico era stato riaperto e passavano centinaia di camion. Poi il numero si è ridotto fino ad azzerarsi. “Ma noi non abbiamo mai smesso di lavorare e siamo pronti a mandare più aiuti possibili, migliaia di camion. Ma lo stop arriva da Israele” ripetono più volte alla Mezzaluna egiziana.
“Tutto questo costituisce un crimine contro la popolazione di Gaza, dato che Israele continua ad usare la fame come arma di guerra” denuncia il portavoce per le crisi umanitarie di Oxfam Italia, Paolo Pezzati, che ha visitato il magazzino durante la missione solidale italiana. “Un elemento che sommato alla nuova operazione militare nella Striscia appena partita e al piano di sfollamento dei civili al sud servono a consolidare un’annessione de facto. Una strategia funzionale a una possibile futura deportazione dell’intera popolazione di Gaza. L’Italia, l’Europa, l’intera comunità internazionale quanto potranno restare ancora in silenzio di fronte a tutto questo orrore?’”.
L’ingresso di derrate alimentari autorizzato da Israele, secondo Oxfam, “non può essere considerato un progresso significativo, né sufficiente ad affrontare la catastrofe umanitaria in corso”, che continua ad essere aggravata dalla brutale campagna di bombardamenti sulla Striscia. L’organizzazione lancia anche l’allarme sul nuovo piano di distribuzione degli aiuti elaborato da Israele e che prevede, tra le altre cose, di affidare le attività a realtà private statunitensi. Un sistema “poco trasparente che non consente una distribuzione imparziale degli aiuti e che esclude realtà locali competenti nel campo umanitario”. Per questo “chiediamo un immediato cessate il fuoco, l’apertura di tutti i valichi per l’ingresso delle forniture umanitarie e che venga impedito che si realizzi l’idea di militarizzare la distribuzione degli aiuti”
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