Gaza, ultimatum di Trump ad Hamas: “Dite sì al piano di pace entro domenica o sarà l’inferno”. Israele intensifica i raid

  • Postato il 3 ottobre 2025
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Mentre Hamas studia il piano di pace per Gaza presentato dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump, Israele continua a prendere di mira la popolazione della Striscia, intensificando i bombardamenti. Sono almeno 63 le persone uccise nelle ultime 24 ore, 15 di loro erano in fila per ricevere gli aiuti umanitari. I feriti, nello stesso periodo di tempo, sono sono 227. Due i civili morti di fame, di cui un bambino. La morte e la malnutrizione della popolazione di Gaza, causate da Tel Aviv, aumentano la pressione su Hamas, che ha informato i mediatori che “le consultazioni sono in corso e richiedono tempo”. Tempo che Trump non vuole dar loro. L’ultimatum parla chiaro: “L’accordo deve essere raggiunto entro domenica sera alle 18, ora di Washington Dc (la mezzanotte italiana, ndr). È l’ultima chance. Se non verrà raggiunto, l’inferno, come nessuno ha mai visto prima, si scatenerà contro Hamas. Ci sarà la pace in Medio Oriente in un modo o nell’altro”, ha scritto venerdì su Truth.

Nel suo post il presidente Usa ricorda il 7 ottobre e attacca il gruppo palestinese, definendolo “una minaccia spietata e violenta”. Per questo, prosegue il tycoon, sta subendo la “punizione” di Israele: “Più di 25mila soldati di Hamas sono già stati uccisi – continua -. La maggior parte dei restanti è circondata e intrappolata militarmente, in attesa solo del mio ordine per estinguere rapidamente le loro vite. Per il resto, sappiamo dove e chi siete, e sarete braccati e uccisi. Grandi, potenti e ricchissime nazioni del Medio Oriente e delle aree circostanti, insieme agli Stati Uniti, hanno concordato, con la firma di Israele, la pace, dopo 3000 anni, ora Hamas deve firmare”. E poi aggiunge: “Chiedo a tutti i palestinesi innocenti di lasciare immediatamente questa zona potenzialmente mortale per raggiungere zone più sicure di Gaza. Tutti saranno ben accuditi da coloro che sono in attesa di aiutare”.

Ma, con i continui raid israeliani, di luoghi “sicuri” nella Striscia non ce ne sono. Lo ha ribadito anche l’Onu: non esiste un posto sicuro per i palestinesi a cui è stato ordinato di lasciare Gaza City, le zone designate da Israele nel sud sono “luoghi di morte”. Per il portavoce dell’Unicef James Elder “l’idea di una zona sicura nel sud è una farsa”: “Le bombe vengono sganciate dal cielo con agghiacciante prevedibilità; le scuole, che erano state designate come rifugi temporanei, vengono regolarmente ridotte in macerie, così come le tende che vengono regolarmente avvolte dal fuoco degli attacchi aerei”.

Il numero totale delle vittime palestinesi a causa dell’attacco israeliano dall’ottobre 2023 è salito a 66.288, con altre 169.165 persone rimaste ferite. La maggior parte delle vittime sono donne e bambini. I morti per fame nell’enclave durante la guerra sono 457, tra cui 152 bambini. Il rappresentante dell’Oms a Gaza, Rik Peeperkorn, ha lanciato un appello accorato affinché “più Paesi accettino pazienti palestinesi nei loro ospedali“. Secondo i dati dell’Oms sono ad oggi 15.600 i pazienti, tra cui 3.800 bambini, che necessitano di un’evacuazione medica urgente stante la situazione sanitaria al collasso nella Striscia.

Simbolo del disastro, il complesso Al-Shifa, situato nel cuore di Gaza City e a lungo considerato il più grande ospedale del territorio, che secondo quanto riferisce Peeperkorn ora ospita solo una manciata di pazienti, dopo essere stato devastato dai continui attacchi israeliani e dagli attacchi via terra. Poche strutture continuano ad accogliere un numero sempre crescente di pazienti. “Attualmente, solo 14 dei 36 ospedali di Gaza sono operativi, anche solo parzialmente”, ha dichiarato Tedros Adhanom Ghebreyesus, direttore Generale dell’Oms.

L’agenzia stima che almeno un quarto dei sopravvissuti abbia riportato ferite gravi. Quasi 5mila persone hanno subito l’amputazione degli arti; altre migliaia convivono con lesioni al midollo spinale, gravi ustioni o traumi cranici. Inoltre, ogni settimana almeno quindici donne partoriscono al di fuori di un centro medico, senza assistenza qualificata e sono pochissimi i neonati che, se necessario, possono beneficiare dei pochi ventilatori disponibili. Spesso in un’incubatrice vengono sistemati più neonati e, a causa della mancanza di attrezzature, i medici sono costretti a scegliere quali bambini possono essere curati. Il direttore dell’Oms ha infine ricordato che la guerra non ha risparmiato gli operatori sanitari e quelli umanitari. Dall’inizio del conflitto sono stati uccisi quasi 1.800 operatori sanitari e almeno 543 operatori umanitari.

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