Genova è più di una città: è un simbolo

  • Postato il 1 settembre 2025
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Genova ha avuto un ruolo cruciale nella formazione del nostro Paese. Da Quarto (Genova) partirono i Mille il 5 maggio 1860, con i piroscafi Piemonte e Lombardo dell’armatore genovese Raffaele Rubattino, secondo un accordo politico e finanziario ben calibrato. Guidati dal nizzardo Giuseppe Garibaldi, di padre chiavarese, i Mille si ispiravano agli ideali repubblicani del genovese Giuseppe Mazzini. Genovesi anche Goffredo Mameli autore del testo dell’inno nazionale, e Michele Novaro, compositore della musica. La città, storica Repubblica marinara, vide coronarsi il sogno repubblicano col referendum del 2 giugno 1946, con la nascita della Repubblica Italiana.

Nell’Aprile 1945, durante l’insurrezione partigiana, Genova si libera da sola, e costringe i tedeschi a firmare l’atto di resa la sera del 25 aprile. Per questo riceverà la Medaglia d’Oro al Valor Militare. Il 30 giugno 1960 Genova insorge contro il ritorno del neofascismo. Quando il Movimento Sociale Italiano vuole tenere il suo sesto congresso a Genova, una provocazione per una città Medaglia d’Oro della Resistenza, la città reagisce. Il 30 giugno 1960 respinge la provocazione con scontri duri, barricate, migliaia in corteo. A chiedere una forte risposta al ritorno del fascismo parla in piazza Sandro Pertini, ligure, futuro Presidente della Repubblica. Il risultato? L’MSI cancella il congresso e le proteste si estendono in tutta Italia. Cade il governo Tambroni.

Negli anni di piombo le Brigate Rosse attaccano, Genova resiste! L’8 giugno 1976 è teatro del primo omicidio brigatista: il procuratore Francesco Coco e due membri della scorta vengono assassinati in un agguato dalle BR. Il 24 gennaio 1979, Il sindacalista di Genova, Guido Rossa, venne ucciso sotto casa, perché denunciò un fiancheggiatore brigatista. È uno spartiacque: un uomo che, con il suo sacrificio, disse no al terrorismo di “finta sinistra”, segna una svolta decisiva nel cuore degli anni di piombo. Il 28 marzo 1980, con l’irruzione di via Fracchia a cura dei Carabinieri (grazie alle confessioni del brigatista Patrizio Peci), viene smantellata la temuta colonna genovese delle BR, accelerandone il crollo organizzativo.

Nel 19–22 luglio 2001 il G8 si svolge a Genova, sotto la guida di Silvio Berlusconi. L’evento diventa una ferita storica: proteste di piazza, scontri durissimi, la tragica morte del manifestante Carlo Giuliani il 20 luglio, e la notte della scuola Diaz trasformata in un massacro istituzionale. Genova è al centro del mondo, a dire no a un potere sempre più pervasivo e discriminante.

Il crollo del Ponte Morandi il 14 agosto 2018 ha reso Genova il simbolo dell’incapacità del sistema delle privatizzazioni: asset pubblici strategici affidati a soggetti privati che accumulavano profitti ma trascuravano la manutenzione, con conseguenze drammatiche. La città reagisce con eccezionale efficienza: in soli 15 mesi è stato aperto al traffico il nuovo Viadotto Genova San Giorgio, inaugurato il 3 agosto 2020, su progetto del genovese Renzo Piano. Grazie a un approccio straordinario di fast‑track, a un Decreto d’emergenza ad hoc e a una gestione coordinata tra progettisti, imprese e istituzioni, Genova è diventata un esempio concreto di capacità di ricostruzione.

Ci sono anche le ombre, come due presidenti di Regione (Teardo e Toti) incorsi in guai con la giustizia. La città reagisce al malaffare imperante con il Movimento 5 Stelle, fondato da Beppe Grillo, un comico genovese, che diventa la spina nel fianco in un sistema politico che ha portato, con i governi di Berlusconi, il paese sull’orlo del collasso economico finanziario. Il risultato è stato raggiunto con regolari elezioni, senza alcuna violenza, fino all’ottenimento dei fondi del Pnrr.

La battaglia per la pulizia del sistema politico è ancora apertissima: come negli anni Sessanta, oggi il governo è in mano a un partito che ha nel suo simbolo la fiamma tricolore del Movimento Sociale, e la seconda carica dello Stato ha in casa il busto di Benito Mussolini. Il governo di destra resta a guardare mentre è in corso lo sterminio del popolo palestinese. Il 31 agosto 2025 una missione umanitaria salpa dal porto di Genova: la Global Sumud Flotilla, un’operazione multinazionale e non-affiliata a governi per contrapporsi al genocidio in corso a Gaza. Genova fornisce tonnellate di aiuti, raccolti dalla cittadinanza, e imbarcazioni partono verso la Sicilia e oltre, assieme a delegazioni da decine di Paesi.

Genova è più di una città: è un simbolo. Ha costretto alla resa un esercito, respinto l’odio neonazista, resistito al terrorismo interno, sopportato la violenza statale, e oggi s’intreccia in una rete di solidarietà globale. Nessuna ombra allora? L’industria bellica ha una sede importante a Genova e dal suo porto partono rifornimenti destinati a siti di guerra. I portuali si sono mobilitati per protestare contro questo ruolo, con uno slogan emblematico: non lavoriamo per la guerra. Genova non cede, e continua ad essere un faro, una Lanterna, per il resto del Paese. Ancora una volta è in prima linea, in direzione ostinata e contraria, per dirla con le parole di un altro genovese: Fabrizio De André. E lo fa senza retorica, perché sa ridere delle sue debolezze, come ci ha fatto capire Paolo Villaggio. Il resto del paese la guarda con quello sguardo un po’ così.

Ah, ho dimenticato Balilla, che scatena una rivolta contro gli austriaci prendendoli a pietrate… purtroppo con una fama non limpida per l’uso che il fascismo fece della sua figura. Anche lui, comunque, nell’inno di Mameli. La città sta invecchiando, dicono, barcolla… ma non molla.

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Il Fatto Quotidiano

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