Giorgetti alla Camera ignora le prerogative di Bruxelles sul caso Unicredit-Bpm

  • Postato il 30 luglio 2025
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  • Di Il Fatto Quotidiano
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“Noi non abbiamo difeso una banca, abbiamo difeso gli interessi nazionali e quindi il Golden Power“. Il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, durante il question time in Aula alla Camera, mercoledì 30 luglio è tornato a sorvolare sull’esistenza del diritto comunitario.

Giorgetti era stato chiamato in causa da Benedetto Della Vedova (gruppo misto – +Europa) sull’ingerenza del governo italiano nel tentativo di acquisizione di Bpm da parte di Unicredit, che ha visto Roma raggiungere l’obiettivo (l’acquirente ha da poco mollato il colpo) anche al costo di aprire uno scontro con la Commissione europea, la quale a metà luglio ha duramente contestato per iscritto il ricorso dell’esecutivo al Golden Power. Tanto duramente che, se la Presidenza del consiglio non saprà fornire chiarimenti esaustivi entro la fine della prossima settimana, l’Italia sarà messa in mora e il decreto Golden Power verrà fatto revocare d’imperio. E il fatto che Unicredit abbia rinunciato all’acquisizione di Bpm non sminuisce la portata della cosa, ma al contrario l’amplifica.

Eppure per Giorgetti la durissima lettera di Bruxelles quasi non esiste. Nella forma è “solo una richiesta istruttoria“, dice il ministro sostenendo che il governo risponderà nei tempi previsti non senza richiamare la sentenza del Tar del Lazio di inizio luglio, che a suo dire ha legittimato l’operato dell’esecutivo. Questionare su chi il Tar abbia legittimato o meno conta poco rispetto al fatto che il diritto comunitario prevale sul diritto amministrativo locale. Quindi delle due l’una: o Giorgetti non vuole legittimamente scoprire anzitempo le sue carte, oppure non ha in serbo alcuna carta perché quella del Tar non ha valore per Bruxelles.

D’altro canto entrando nel merito della vicenda, il ministro leghista ha sostenuto che quello del governo è stato “un intervento proporzionale e ragionevole, per mitigare il rischio” della presenza di Unicredit in Russia e “garantire gli impieghi in Italia”, considerando anche il valore del “risparmio di Banco Bpm-Anima“. L’operazione di Mps su Mediobanca, che non ha visto interventi ai sensi del Golden Power, dice poi, è diversa perchè la banca senese di cui il Tesoro è primo azionista, “non svolge attività in Russia e ha un livello di impieghi in Italia superiore a quello” di Piazzetta Cuccia. La filiale russa di Unicredit, aggiunge, ha “investimenti ragguardevoli nel debito sovrano” di Mosca che la espone “a rischio di sanzioni” da parte della Ue che “è al 18esimo pacchetto di misure”.

Argomenti che non trovano spazio nei rilievi di Bruxelles. La lettera della Dg Comp di metà luglio sottolineava innanzitutto che la vigilanza prudenziale sulle banche sistemiche spetta esclusivamente alla Bce, la quale ha già “adottato misure specifiche relative alle attività di UniCredit in Russia”. Imponendo a Unicredit di uscire dalla Russia entro nove mesi, l’Italia si è in pratica sostituita all’Ue, violando il diritto comunitario e le prerogative della Bce. “Nell’esercizio di tali poteri la Bce ha già valutato i rischi potenziali derivanti dal funzionamento della controllata russa di UniCredit e ha imposto misure che obbligano UniCredit a liquidare la sua attività di prestito in Russia, a limitare la raccolta di depositi in Russia, a ridurre i pagamenti effettuati in Russia e a non concedere nuovi prestiti transfrontalieri”, si legge nella lettera che sottolinea come le misure imposte a Unicredit da Francoforte sono state ritenute sufficienti a “garantire la sicurezza e la solidità del gruppo UniCredit nel suo complesso. Essa conclude che le misure adottate sono adeguate e non vanno al di là di quanto strettamente necessario”.

Non solo. “Nella sua decisione la BCE ha osservato che l’imposizione di una cessione della controllata russa di UniCredit era un’opzione che sarebbe stata altrettanto efficace, ma che questa sarebbe stata un’opzione più invasiva, il che non è in linea con il principio di proporzionalità“, scrivevano da Bruxelles a proposito del dichiarato tentativo di Roma di migliorare le determinazioni della Banca Centrale Europea. “Così facendo, in sostanza, la PCM (Presidenza del Consiglio dei ministri, ndr) sembra mettere in discussione la valutazione prudenziale effettuata dalla BCE e le stesse misure prudenziali adottate dalla BCE nel caso di specie. Tuttavia, ai sensi del diritto dell’Unione, la BCE ha competenza esclusiva in relazione alla valutazione dei rischi prudenziali. Gli Stati membri non possono sostituire le conclusioni della BCE con le proprie. Inoltre, l’Italia non ha neppure fornito alcun elemento specifico per spiegare perché la misura della BCE sia insufficiente, né perché la Prescrizione di Uscita dalla Russia sia idonea e sia la misura meno restrittiva necessaria per tutelare la sicurezza pubblica“, concludeva il documento.

Secondo la Dg Comp per altro le preoccupazioni del governo sulle alle attività di UniCredit in Russia non sono specifiche della concentrazione con Bpm, essendo anteriori e indipendenti dall’acquisizione che pertanto non comporta “alcun nuovo rischio che non esistesse in precedenza”. In particolare, poi, il decreto Golden Power varato da Roma ad aprile “non fornisce alcun motivo per cui un ipotetico rischio che i risparmi raccolti da BPM possano essere utilizzati in Russia non si applichi anche ai risparmi raccolti da UniCredit, che non erano soggetti a un obbligo equivalente”. Tanto più che l’esecutivo “ha precedentemente approvato altre acquisizioni di società italiane da parte di UniCredit senza sollevare preoccupazioni relative alle sue attività russe e non è ancora chiaro perché l’acquisizione di BPM debba giustificare una diversa valutazione”.

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Il Fatto Quotidiano

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