Giorgio Armani e Frank Zappa hanno una cosa in comune: la bellezza che hanno prodotto gli sopravvivrà

  • Postato il 8 settembre 2025
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  • Di Il Fatto Quotidiano
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Quando mi sono sposato (in chiesa, per non dar dispiaceri a nonna e suocera) ho comprato un vestito grigio, senza badare a spese. Non sono andato da un sarto, ma ho scelto un vestito Armani Borgonuovo. Non sapevo bene cosa significasse, però mi stava bene, come ancora mi sta, le rare volte che lo metto.

Di solito non indosso il “vestito”. Quando ci fu il passaggio all’euro, un negozio di alta moda fece i saldi. Vidi un cappotto di velluto che mi parve subito eccezionalmente bello. Anche questo era Armani. Lo vendevano a metà prezzo e sul cartellino vidi un uno seguito da qualche zero, ad indicare il prezzo da dimezzare. Lessi 1000 pensando agli euro, e 500 mi parve un prezzo eccessivo. Tornai in quel negozio e guardai l’etichetta con gli occhiali. La cifra non era mille, era un milione. Il prezzo era ancora in lire. Facendo un cambio in eccesso (un euro = duemila lire), un milione equivaleva a 500 euro che, con lo sconto, diventavano 250. Cedetti alla tentazione. La proprietaria restò sconcertata quando capì che me lo sarei portato via per così poco.

La tendenza era di fare un cambio valutando un euro come mille lire, come fecero i baristi, con il prezzo del caffè. Ma il cambio ufficiale era quello, e lei non aveva cambiato il cartellino. Era l’anno 2000. Con il cambio climatico non mi capita spesso di mettere il cappotto, ma se fa freddo quel capo continua a darmi piacere quando lo indosso. Insomma, se fossi ricco sarei un vero signore, anche nel vestire.

Quei vestiti costano tanto ma durano più di quanto duriamo noi, e restano sempre belli, senza età. A dir la verità, anche se fossi ricco troverei immorale spendere un patrimonio per un vestito. Solo per il matrimonio non ho badato a spese, e ho comprato gli altri capi “firmati” che ho in periodi di sconti fantasmagorici, pagandoli poco più dei prezzi dei negozi “normali”.

Ho “incontrato” Armani anche attraverso una persona che mi è molto cara: Frank Zappa. Forse qualcuno si è accorto che sono un fanatico di Zappa. L’ultima volta che ci siamo incontrati è stato sulla terrazza dell’Hotel Splendido, a Portofino, il giorno dopo il suo ultimo concerto, a Genova, nel giugno 1988. Mi aveva dedicato quel concerto, durante il quale la sua band suonò Lonesome Cowboy Nando, una canzone su di me e sulla medusa a cui avevo dato il suo nome, e che poi pubblicò sul cd YCDTOSAM Vol.6. Parlammo per quasi due ore, e gli chiesi della sua audizione in Senato. Aveva pubblicato Frank Zappa Meets the Mothers of Prevention e un pezzo derivava proprio dalla registrazione che fece durante l’audizione.

Tipper Gore, la moglie di Al, chiedeva che si mettessero etichette di avvertimento sui dischi che qualcuno avrebbe dovuto considerare pornografici. Per convincere della bontà della sua proposta, Tipper lesse un testo per lei particolarmente disturbante. Zappa usò la sua voce registrata per la canzone Porn Wars, ed ecco Tipper che canta una canzone pornografica. Ho consultato per bene i miei avvocati, prima di farlo, mi disse Frank. Mi disse che era andato all’audizione con un Armani suit.

Ho cercato riscontro ma non ho trovato alcuna conferma: FZ aveva un abito formale, scuro, con camicia e cravatta. Avrebbe potuto benissimo essere un capo di Armani. Come anche avrebbe potuto essere un Armani il completo nero che indossò quando, nel 1984, l’Ensemble Intercontemporain di Pierre Boulez cercò di suonare alcuni suoi spartiti, con esiti che FZ gradì solo in parte. E indossava un vestito scuro, con t shirt nera, quando diresse l’Ensemble Modern, nel 1992, a Francoforte, in un concerto memorabile: Yellow Shark. Il concerto fu replicato a Vienna, dove avremmo dovuto incontrarci, ma il cancro che lo uccise poco dopo lo costrinse a tornare a Los Angeles. Ho ancora il fax con cui sua moglie Gail mi dice che non ci saremmo incontrati, come avevamo programmato.

Di solito FZ vestiva in modo stravagante e informale, ma a volte no. Guido Harari lo immortalò per Vogue Uomo nel 1982 e disse: “Zappa è sempre stato uno dei miei eroi e nel 1982 mi sono messo in testa di metterlo in copertina sul prestigioso Uomo Vogue. Non è stato una cosa da poco, perché il 1982 è stato l’anno in cui Armani e la moda italiana hanno fatto boom a livello mondiale, e Frank Zappa di certo non era esattamente quello che ti aspetti di vedere su Vogue. Aveva scritto decine di spartiti per orchestra di cui andava molto fiero (all’epoca nessuna orchestra aveva mai eseguito la sua musica, a parte forse Pierre Boulez). Il titolo di quella che tiene in mano dice tutto: Zappa The Perfect Stranger“.

A dir la verità Boulez suonò Zappa nel 1984: nel 1982 stavano trattando, subito dopo che la London Symphony Orchestra aveva eseguito la sua musica. Zappa era uno che non ti saresti aspettato con vestiti di Armani. Ma non te lo saresti neppure aspettato nel mondo della musica classica contemporanea (un ossimoro). La musica di Zappa va dalle stupide canzoni d’amore a complicatissime composizioni per grande orchestra, e così il suo abbigliamento. Dal più trasandato stile freak a… Armani.

Chissà se erano davvero di Armani, quei vestiti indossati da FZ, ma poco importa. Armani significa stile. E, per me, Zappa significa musica: dalla A alla Z. Zappa è morto a 52 anni, troppo giovane, mentre Armani ha vissuto a lungo, fino a 91 anni, senza andare in pensione, come non ci vanno le rockstar. Entrambi, comunque, si rifiutano di morire e la bellezza che hanno prodotto continuerà a tenerli in vita. Almeno per un po’, fino a quando qualcuno indosserà i loro abiti e ascolterà la loro musica.

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Il Fatto Quotidiano

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