Giornata mondiale dell’ambiente: contrastare la pubblicità dell’industria fossile è una battaglia che s’ha da fare
- Postato il 5 giugno 2025
- Ambiente
- Di Il Fatto Quotidiano
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Tante volte capita di pensare, o si sente dire: “Ma cosa posso fare, io, contro la crisi climatica?”. Proviamo allora a unire qualche puntino per poi arrivare a delle proposte operative concrete.
Dunque, il modello di sviluppo rimane patologicamente dipendente dall’utilizzo delle fonti fossili, principale causa del collasso climatico: carbone, petrolio e gas sono responsabili di oltre il 75% delle emissioni globali di gas serra e di quasi il 90% di tutte le emissioni di anidride carbonica, come si legge anche sui siti dell’Onu. Allora, se si vuole avere una chance di non subire gli impatti più catastrofici della crisi climatica, bisogna ridurre drasticamente e repentinamente l’utilizzo dei combustibili fossili.
Come si fa? Parafrasando: portando sia Maometto alla montagna, sia la montagna da Maometto. Cioè agendo sia sul lato dell’offerta, come chiede ad esempio l’iniziativa per il Trattato di Non-Proliferazione dei combustibili fossili (sostenuta fra gli altri dall’Organizzazione mondiale della Sanità e di fatto dal Vaticano attraverso il Movimento Laudato Si’), che vede crescere l’adesione degli Stati, diretti destinatari ovviamente dell’iniziativa; sia sul lato della domanda, invitando a comportamenti di acquisto, consumo, investimento, a stili di comportamento e di vita che minimizzino l’utilizzo delle fossili o comunque l’impatto, in termini di emissioni di gas serra collegate, delle scelte che si fanno.
Com’è noto, a ostacolare il raggiungimento di questi obiettivi è anche, se non soprattutto, la colossale influenza che l’industria fossile esercita da decenni a livello globale in senso economico, finanziario, politico. Anche, se non soprattutto, attraverso la comunicazione e la pubblicità, spesso veicolo principe del greenwashing.
A venire però in aiuto in questo senso è uno spartiacque segnato nel 2022. Quell’anno per la prima volta l’Ipcc (il Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico, costituito nel 1988 dall’Onu, che detta legge dal punto di vista scientifico sul climate change), all’interno del terzo volume del Sesto Rapporto di Valutazione sulla mitigazione dei cambiamenti climatici (Ipcc AR6 WGIII), ha riconosciuto una serie di cose: che ad esempio, grazie al loro accesso privilegiato ai media attraverso la pubblicità, le industrie fossili possono plasmare la narrazione ed esercitare influenza politica; che hanno cercato di indurre dubbi e ostacolare la transizione attraverso strategie mediatiche e attività di lobbying (magistralmente descritte nel celeberrimo libro Mercanti di dubbi: come un manipolo di scienziati ha oscurato la verità, dal fumo al riscaldamento globale di Naomi Oreskes ed Erik M. Conway, citato da Ipcc); e che, soprattutto, la regolamentazione della pubblicità è una delle soluzioni disponibili per ridurre le emissioni, perché la pubblicità influisce sulle preferenze dei consumatori (la domanda) e può quindi essere utilizzata per indirizzarle verso beni e servizi più green, meno impattanti sul clima (non, per dire, verso i Suv o le vacanze all’altro capo del mondo, citati a mo’ di esempio sempre da Ipcc per la loro alta intensità di carbonio).
Ecco allora dove ci portano i puntini: contrastare la pubblicità dell’industria fossile, e in generale quella che continua a proporre comportamenti di consumo e stili di vita basati sulle fossili, è una battaglia che s’ha da fare nella lotta contro la crisi climatica.
Ancora, come si fa? A dirlo in modo inequivoco, cristallino, adamantino, è stato Antonio Guterres, Segretario Generale dell’Onu, in occasione della Giornata Mondiale dell’Ambiente, il 5 giugno 2024. Riporto (grassetti aggiunti): “Molti operatori del settore dei combustibili fossili hanno spudoratamente optato per il greenwashing (..) attraverso (..) massicce campagne pubblicitarie. Sono stati aiutati e favoriti dalle agenzie pubblicitarie e dalle pubbliche relazioni (..) Invito queste aziende (..) a non accettare più nuovi clienti nel settore dei combustibili fossili (..) Esorto tutti i Paesi a vietare la pubblicità delle aziende produttrici di combustibili fossili. E invito i media e le aziende tecnologiche a smettere di accettare pubblicità sui combustibili fossili”. Che dire, quasi un manifesto.
La Francia ha vietato la pubblicità dei combustibili fossili nel 2022, prima al mondo a farlo. Quindi si può fare: perché non lo fa anche l’Italia?
A livello internazionale la campagna Clean creatives invita professionisti di pubblicità e pubbliche relazioni a tagliare i ponti con le fossili.
La campagna Ban fossil ads (a metà settembre a Barcellona si terrà la prossima Ban Fossil Ads Conference) chiede la messa al bando delle pubblicità fossili, come ha fatto a settembre L’Aia, prima città al mondo a compiere questo passo (iniziative simili nel mondo sono catalogate su worldwithoutfossilads.org). Per restare in Italia, dal 2023 è attiva la coalizione Stampa Libera per il Clima, cui aderiscono le testate giornalistiche (fra cui quella che ospita questo blog, chapeau) che hanno scelto, appunto, di essere libere dai finanziamenti e quindi dall’influenza delle aziende dei combustibili fossili.
Arriviamo ai giorni nostri. Il 22 maggio scorso, a Ginevra, 30 organizzazioni mediche, che rappresentano 12 milioni di professionisti sanitari nel mondo, hanno lanciato la campagna di boicottaggio Break the Fossil Influence (orchestrata dalla Global Climate and Health Alliance) contro le agenzie pubblicitarie e di pubbliche relazioni che lavorano con l’industria fossile, evidenziando il devastante impatto sulla salute causato dalla combustione delle fossili (l’appello si può sottoscrivere sul sito).
Per chi si chiede cosa può fare contro la crisi climatica, gli spunti operativi non mancano.
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