I 5 videogiochi provati per voi a luglio 2025. A partire dal ritorno del director Kojima
- Postato il 23 luglio 2025
- Progetto
- Di Artribune
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Nel nuovo episodio dello spazio che Artribune dedica alle recensioni videoludiche, abbiamo stavolta un documentario interattivo su fiumi e cambiamento climatico (Atuel); videogiochi che discutono il nostro rapporto con le piattaforme digitali (Death Stranding 2: On the Beach e hate.net); una meditazione su desiderio e fallimento (Many Nights a Whisperer) e la nuova versione espansa dell’opera che rivoluziona la tradizione delle immersive sim, Mosa Lina.
Matteo Lupetti
Atuel
Rilasciato inizialmente nel 2022 sulla piattaforma itch.io, Atuel arriva su Steam (la principale piattaforma di distribuzione di videogiochi per computer) e dispositivi Android. Atuel è un documentario interattivo senza sfide o obiettivi progettato per essere facilmente giocabile quasi da chiunque. È stato realizzato per accompagnare un omonimo documentario cinematografico di 12.01 Project dedicato al fiume Atuel in Argentina, all’impatto antropico (anche legato ai cambiamenti climatici) sul suo corso e alle culture che da centinaia di anni dipendono dalle sue acque nel deserto del Cuyo. Mentre il documentario (disponibile gratuitamente su YouTube) si concentra sull’esperienza umana, il videogioco nei suoi 30 minuti di durata dà più spazio al non-umano: qua prima siamo il fiume stesso, poi un pesce, poi una nuvola, un canide, di nuovo una nuvola, un uccello e infine ancora il fiume. Intanto, seguiamo l’Atuel lungo un percorso lineare, ascoltando parte delle interviste raccolte durante le riprese del film e attraversando una reinterpretazione onirica della topografica di questa regione. Sia la versione cinematografica sia quella videoludica di Atuel sfidano la prospettiva capitalista che vede il fiume come una mera risorsa da manipolare e sfruttare, proponendo invece un racconto corale in cui l’Atuel è membro di una più grande comunità umana e non-umana.
Atuel di Matajuegos è disponibile gratuitamente per Windows (versione provata) e per dispositivi Android su Google Play. Le interviste sono in spagnolo sottotitolate anche in italiano.
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Death Stranding 2: On the Beach
“Vedo che hai deciso di scambiare la corda con un bastone a questo giro” dice in Death Stranding 2: On the Beach l’antagonista Higgs al protagonista Sam ammirando il fucile che porta con sé. Il direttore del gioco, Hideo Kojima, ha preso questa immagine dalla storia breve La corda dello scrittore giapponese Kōbō Abe, che definisce corda e bastone come due tra i più antichi e duraturi strumenti umani. La corda serve ad avvicinare, a connettere. Il bastone serve ad allontanare, a colpire. Secondo Kojima, i videogiochi offrono spesso solo o soprattutto bastoni, mentre Death Stranding è più incentrato sulla corda: è la storia di un fattorino che porta pacchi, amplia una versione fantascientifica della rete internet e costruisce infrastrutture condivise online con le altre persone che giocano per riconnettere una Terra post-apocalittica in cui l’umanità vive prevalentemente nascosta nel sottosuolo. Death Stranding uscì alla fine del 2019, e già li Kojima non trascurava l’importanza del bastone e l’ambiguità della corda, che tanto collega quanto lega o persino soffoca. Ma quando pochi mesi dopo scoppiò la pandemia di COVID-19 il videogioco sembrò raccontarne i lockdown, la digitalizzazione di vita e lavoro e la gig economy di corrieri e rider. Death Stranding 2: On the Beach riprende allora pedissequamente la struttura del primo episodio, problematizzandone e sfumandone ulteriormente la visione proprio alla luce dei fenomeni emersi o più chiaramente emersi durante la pandemia, come la nostra dipendenza dalle piattaforme digitali di compagnie private e il favoleggiato avvento del metaverso.
Death Stranding 2: On the Beach di Kojima Productions e Sony Interactive Entertainment è disponibile per PlayStation 5. Buona la traduzione in italiano, ma vi consigliamo di giocarlo con il doppiaggio inglese.
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Hate.net
Le piattaforme digitali non sono strumenti neutrali, ma in base alle funzioni che offrono e ai comportamenti che premiano guidano la nostra condotta. In hate.net entriamo in un (fittizio) vecchio videogioco online, uno di quelli in cui combattiamo contro altre persone cercando di ucciderne il più possibile. È un videogioco ormai quasi abbandonato, e al suo interno ci sono unicamente bot, personaggi controllati da software e chiusi in un infinito ciclo di violenza e messaggi di spam. Possiamo solo guardare, o possiamo partecipare anche noi al massacro. hate.net si inserisce in un filone di videogiochi incentrati sull’ottenere un punteggio sempre maggiore e ispirati alla velocità e alle tecniche di movimento degli “sparatutto in prima persona” (videogiochi di sparatorie con visuale in soggettiva) degli anni 90. I suoi rappresentanti più importanti sono Devil Daggers (2016) e HYPER DEMON (2022) di Sorath, opere in cui dobbiamo combattere contro ondate di mostri (all’infinito in Devil Daggers, fino al nemico finale in HYPER DEMON) in piccole arene dove effettivamente l’unica architettura con cui dobbiamo confrontarci sono i (giganteschi, contorti, disumani) corpi delle creature stesse che fronteggiamo. Da questo punto di vista, hate.net ha un maggiore interesse nella costruzione dei suoi spazi. Spazi di cui tra l’altro possiamo imparare a superare i confini per incontrare chi anche in un mondo che permette solo la violenza ha saputo costruire qualcosa di diverso, per poi magari decidere di andarsene.
hate.net di bonitāka è disponibile per Windows.
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Many Nights a Whisperer
La protagonista di Many Nights a Whisperer è una Dreamer, una persona scelta sin dall’infanzia per portare a termine un rituale che viene compiuto ogni dieci anni. Usando una fionda costruita intrecciando i capelli dei membri della sua comunità, dovrà lanciare un proiettile infuocato e accendere una lontanissima fiaccola. Se ci riuscirà, tutti i desideri delle persone che hanno contribuito con i loro capelli alla fionda diventeranno realtà. Se fallirà, nessuno di questi desideri potrà mai avvenire. Noi seguiamo l’ultimo fatidico periodo di addestramento della protagonista. Di giorno, accompagnata dal suo mentore, impara effettivamente a usare la fionda, perché al momento del rito avrà (e avremo noi che la controlliamo) un’unica opportunità. Il videogioco ci impedisce persino di ricaricare la partita da un precedente punto di salvataggio. Di notte, le persone della comunità ci porgono le lunghe trecce che hanno fatto crescere negli ultimi dieci anni e ci confidano i loro desideri, e noi dobbiamo scegliere quali trecce tagliare per la nostra fionda, cioè quali desideri accettare e provare a esaudire. Ogni desiderio di Many Nights a Whisperer ci porta a riflettere su quale mondo vorremmo, e su quale potere vorremmo avere sul mondo. Come l’addestramento e la prova finale ci portano a riflettere su cosa sia il successo, e su cosa sia il fallimento.
Many Nights a Whisperer di Deconstructeam e Selkie Harbour è disponibile per Windows.
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Mosa Lina
Almeno da Ultima Underworld: The Stygian Abyss (Blue Sky Productions, Origin Systems, 1992) l’industria videoludica insegue il sogno della “immersive sim”, la simulazione immersiva. Videogiochi che si propongono di farci entrare in mondi complessi e dinamici, capaci di rispondere alle nostre azioni e alle nostre scelte secondo regole intuitive perché pensate per simulare almeno in parte le leggi della fisica e le strutture sociali che conosciamo. In questi mondi, noi dovremmo poter liberamente e creativamente risolvere sfide e superare ostacoli grazie agli strumenti disponibili, trovando pure soluzioni non previste dallo studio di sviluppo. Questi videogiochi si scontrano solitamente con i loro limiti in quanto simulazioni computazionali e software, limiti invece abbracciati da Mosa Lina, che dopo due anni dalla prima uscita ha ora ricevuto un grande aggiornamento (Mosa Lina: Second Layer) ed è arrivato su console. A ogni partita di Mosa Lina affrontiamo una serie casuale di piccoli livelli (è pure possibile crearne di nuovi e scaricare quelli creati da altre persone) in cui dobbiamo raggiungere degli obiettivi (dei frutti) e poi un portale. Per riuscirci, abbiamo a disposizione una selezione altrettanto casuale di strumenti tra quelli presenti nel gioco. Non c’è alcuna sicurezza, però, che il livello sia risolvibile con gli strumenti che abbiamo, come non c’è alcuna penalità se saltiamo un livello per tornarci dopo magari con strumenti più adatti e non c’è alcun premio o progressione in caso di vittoria. Nella sua videoludica indifferenza, forse è alla fine la migliore simulazione del mondo fisico.
Mosa Lina di Stuffed Wombat, Silkersoft, Lukke e Rollin’Barrel è disponibile per Windos, Mac, Linux e Nintendo Switch (versione provata).
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L’articolo "I 5 videogiochi provati per voi a luglio 2025. A partire dal ritorno del director Kojima " è apparso per la prima volta su Artribune®.