“I docenti devono diventare manager”: Federico Menna e la rivoluzione dell’università con l’IA
- Postato il 21 agosto 2025
- Responsibility
- Di Forbes Italia
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Contenuto tratto dal numero di agosto 2025 di Forbes Italia. Abbonati!
Una locuzione latina dice: quis custodiet ipsos custodes? Ovvero: chi sorveglierà i sorveglianti? Parafrasiamo: quis magistros erudiet? Chi formerà i formatori? Chi sceglie o è destinato a dialogare con le macchine è, al tempo stesso, istruttore e istruito. Il prompt manager è un esperto di dialogo con le intelligenze artificiali che aiuta a gestire e ottimizzare le conversazioni tra gli utenti e i sistemi IA. Essendo, nel contempo, un superutente. E quindi: chi sono i protagonisti dell’accademia IA nel mondo? Lo abbiamo chiesto a Federico Menna, ceo di Eit Digital (Istituto Europeo di Tecnologia e Innovazione) nell’ambito di Horizon Europe, il più grande programma di ricerca europeo.
Con l’avvento dell’intelligenza artificiale, i docenti universitari e l’università, per mantenere il rango di formatori numero uno, devono cambiare pelle: i docenti devono forse essere più imprenditori e manager che professori con i libri di testo e i voti sul libretto?
Da novembre 2022, con l’arrivo di OpenAI e strumenti come ChatGPT, l’IA è diventata parte integrante delle nostre vite. Questo impone una trasformazione anche al modo in cui formiamo: le università devono aggiornare i curricula per stare al passo con l’evoluzione tecnologica, ma non solo. Anche il ruolo del docente deve evolvere. Non basta più essere trasmettitori di conoscenza attraverso libri e voti. Serve un approccio più imprenditoriale, capace di gestire l’innovazione, prendere rischi calcolati e connettere ricerca, applicazione e impatto. È una trasformazione culturale: chi forma deve essere anche protagonista del cambiamento. Ma non riguarda solo i docenti: coinvolge l’intero sistema. Gli studenti, le istituzioni, le imprese: tutti devono aggiornarsi, in modo coordinato. E c’è un aspetto che rende questa fase ancora più urgente: il tempo è limitato. L’evoluzione è rapida, e la capacità di adattarsi in fretta farà la differenza tra chi guida e chi insegue.
La domanda cresce velocemente, di pari passo con lo sviluppo dell’IA in tutti i settori. I tempi accademici forse sono troppo lunghi e non adeguati alla rapidità del cambiamento?
È vero, i tempi dell’innovazione oggi sono iperveloci, mentre i tempi accademici tendono a essere più lenti. Per questo, a livello globale, stanno emergendo sempre più le cosiddette microcredenziali: corsi brevi, agili, spesso sviluppati in collaborazione tra università e imprese, pensati per colmare rapidamente il gap di competenze rispetto a quello che serve sul mercato del lavoro. Questo non significa sostituire l’università, ma affiancarla con un modello ibrido. La chiave è avere una solida base universitaria, che per natura resta più stabile e strutturata, ma che si apra a moduli flessibili, aggiornabili continuamente e tempestivamente. Un buon esempio è quanto stiamo facendo noi di Eit Digital: insieme ad alcune università europee, abbiamo lanciato un master in intelligenza artificiale emotiva, un ambito che consideriamo il naturale sviluppo dell’IA generativa. Se oggi le macchine producono contenuti, domani dovranno anche saper riconoscere e rispondere agli stati emotivi delle persone. Perché non basta più essere tecnicamente corretti: servono anche empatia, contesto, umanità. L’università deve quindi evolvere: diventare più modulare, più reattiva, e soprattutto più connessa alla realtà sociale ed economica in continua trasformazione.
La velocità dei cambiamenti rende tutto più instabile. Per esempio, nella collaborazione fra pubblico e privato, servono nuove formule. Non è più una scelta, ma un’esigenza, perché le aziende sono a volte più avanti rispetto alle università tradizionali.
La velocità del cambiamento rende tutto più instabile, ma anche più interdipendente. In questo contesto, la collaborazione tra pubblico e privato non è più una scelta strategica: è una condizione necessaria per reggere l’urto del cambiamento e trasformarlo in opportunità. Eit Digital ha scelto di operare come ecosistema: lavoriamo quotidianamente con università, imprese, centri di ricerca, startup e istituzioni pubbliche. E quello che vediamo è chiaro: nessuno può farcela da solo. Le sfide poste dall’intelligenza artificiale, dai semiconduttori, dalla transizione ecologica o dalla cybersicurezza sono troppo complesse, troppo rapide e troppo sistemiche per essere affrontate da un singolo attore. Le università devono aprirsi di più al confronto con il mondo produttivo, le imprese devono investire in formazione e ricerca e le startup, con la loro agilità, rappresentano spesso la chiave per trovare soluzioni rapide a problemi che le grandi aziende impiegherebbero anni a risolvere. Un esempio concreto è quello dei semiconduttori: l’Europa, dopo la pandemia e la guerra in Ucraina, si è scoperta vulnerabile. La risposta sta in un cambio di approccio: collaborare invece di competere, condividere competenze e accelerare l’innovazione lungo tutta la filiera. L’Europa ha il talento, le idee e le strutture. Ma troppo spesso queste risorse vanno a rafforzare altri ecosistemi nel mondo. La sfida oggi è trattenerle, valorizzarle e farle crescere qui. Affrontare queste sfide richiede coraggio e visione, ma soprattutto collaborazione. Non si tratta solo di innovare velocemente, ma di farlo insieme, con responsabilità, per costruire un domani all’altezza delle nostre ambizioni, con un’Europa protagonista, che porti i suoi valori dentro la tecnologia e non si limiti a inseguirla.
L’articolo “I docenti devono diventare manager”: Federico Menna e la rivoluzione dell’università con l’IA è tratto da Forbes Italia.