I dubbi di Trump alla vigilia del vertice in Alaska: ottimismo in pubblico, ma il suo staff è diviso sulle reali intenzioni di Putin
- Postato il 14 agosto 2025
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- Di Il Fatto Quotidiano
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“Ho avuto molte buone conversazioni con lui. Poi vado a casa e vedo missili russi colpire appartamenti e ospedali in Ucraina”. Alla vigilia dell’incontro con Vladimir Putin alla Joint Base Elmendorf-Richardson di Anchorage, Alaska, Donald Trump mostra di non credere più di tanto alla possibilità che le cose in Ucraina cambino davvero. Il presidente sa che se non ottiene risultati tangibili dall’incontro con Putin rischia molto della sua credibilità internazionale. Le informazioni che arrivano dalla sua intelligence non sono esattamente confortanti. Di qui, lo sforzo chiaro di ridurre le aspettative. Il suo obiettivo in Alaska, dice, sarà solo ed esclusivamente un “cessate il fuoco”. Tutto il resto – confini, alleanze, pace definitiva – dovrà essere definito nel corso di un eventuale secondo incontro.
Le nuove dichiarazioni di Trump sono arrivate nel corso di una visita al John F. Kennedy Center for the Performing Arts di Washington. Il presidente ha minacciato Putin di “conseguenze severe”, nel caso non dia il via libera al cessate il fuoco. Subito dopo, ha però ricordato come nelle sue passate cinque conversazioni con Putin (da quando è tornato alla Casa Bianca, a gennaio), non sia “mai riuscito” a convincerlo a deporre le armi. Trump si è anche detto non particolarmente sorpreso di fronte a quanto ha scritto il New York Times alcuni giorni fa, e cioè che la Russia sarebbe responsabile di violazione dei sistemi informatici dei tribunali federali USA, che gestiscono dati altamente sensibili e vitali per la sicurezza nazionale. “È quello che fanno. Sono bravi. Noi siamo bravi. Anzi, siamo anche più bravi” ha detto Trump, che non ha risposto alla domanda di un giornalista, che gli chiedeva se parlerà della cosa durante l’incontro con Putin.
Lo scarso entusiasmo mostrato da Trump sul possibile esito del vertice rivela tutti i timori americani. È stato proprio il presidente USA a descrivere l’incontro come “un modo per testare” le intenzioni di Putin. E ancora Trump ha precisato che la richiesta di un vertice è venuta dal Cremlino. La risposta da Washington non poteva essere negativa. Più volte, nel passato, Trump ha esaltato la sua abilità di “dealmaker” e si è soffermato sul suo essere capace di far finire il conflitto in Ucraina “nel giro di 24 ore”. Di fronte all’offerta russa, il suo atteggiamento non poteva dunque essere di chiusura. Molti, nell’amministrazione, sono comunque consapevoli dei rischi che il vertice comporta. Incontrando il presidente americano in Alaska, Putin esce dall’isolamento diplomatico cui la guerra in Ucraina lo ha costretto (tra l’altro, la scelta dell’Alaska è un messaggio chiaro che lancia ai suoi nazionalisti, che rivendicano la sovranità di Mosca sul territorio ceduto agli Stati Uniti nel 1867). Durante l’incontro il presidente russo potrebbe poi tentare, con successo, di rigettare su Ucraina ed europei – per nulla inclini a concessioni territoriali – la responsabilità del protrarsi del conflitto.
Fonti dell’amministrazione raccontano che nelle ultime settimane Trump ha più volte chiesto ai suoi collaboratori se qualcosa potrebbe essere cambiato nelle intenzioni di Putin. Il presidente americano ha spesso, sin dal suo primo mandato, parlato degli “ottimi rapporti” con il leader russo. Recentemente, il suo atteggiamento è diventato meno caloroso. Le ambiguità, le chiusure di Putin gli hanno provocato frequenti accessi di ira. Nelle riunioni alla Casa Bianca non lesinerebbe insulti e imprecazioni contro il suo omologo russo. Lo stesso Steve Witkoff, principale interlocutore di Trump con la Russia, ha espresso frustrazione nei confronti del Cremlino, spiegando in privato che “i russi ci stanno prendendo in giro”. La domanda sulla possibile evoluzione nelle intenzioni di Putin rivela dunque due cose. Da un lato la presa d’atto di quanto sia difficile arrivare a una trattativa reale, e quindi a un’intesa, con Mosca. Dall’altro la possibilità che, dopo oltre tre anni di guerra aperta, il Cremlino possa essere più disponibile a un accordo che ponga fine alla guerra.
Questo, del resto, è ciò che una parte della sua amministrazione, in particolare gli ambienti che gravitano attorno al vicepresidente JD Vance e settori del Dipartimento di Stato, gli dicono. Putin sarebbe in evidenti difficoltà. Il protrarsi del conflitto mette in discussione la sua abilità di statista. Il presidente russo aveva previsto un conflitto rapido, risolutivo, vincente con l’Ucraina, e così non è stato. L’economia russa comincerebbe poi a sentire il peso degli anni di guerra. Di qui, appunto, la mano tesa che Putin offrirebbe, chiedendo il vertice in Alaska, e la possibilità che si arrivi al cessate il fuoco. È una visione per nulla condivisa da altri settori dell’amministrazione, in particolare dal Pentagono e dall’intelligence, secondo cui la strategia di Putin non è cambiata. Il Cremlino manterrebbe gli stessi obiettivi territoriali massimalisti che ha perseguito durante i tre anni guerra e probabilmente userebbe il cessate il fuoco per riorganizzare le forze in vista di un futuro, nuovo attacco a Kiev. Putin resta poi assolutamente contrario all’adesione dell’Ucraina alla Nato e alla possibilità che forze di pace straniere presidino il territorio ucraino.
È nel mezzo di queste differenti interpretazioni all’interno della sua amministrazione che Trump si appresta a volare in Alaska. Il presidente americano ha minacciato “severe conseguenze”, se Putin non accetterà di deporre le armi, ma come più volte nel passato, ha evitato di precisare quali saranno queste conseguenze. Si è limitato a parlare molto genericamente di “dazi e cose così”, evitando per esempio di impegnarsi su quello che ucraini ed europei gli chiedono: e cioè, dirottare circa 300 miliardi di dollari di asset congelati della banca centrale russa verso l’Ucraina. Prima del vertice, il presidente americano vuole mantenere dunque tutte le opzioni aperte. Al contempo, sa che l’accordo non sarà facile. E che il viaggio in Alaska presenta per lui rischi politici non indifferenti.
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