I leader come odiatori seriali

  • Postato il 15 maggio 2025
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Il Quotidiano del Sud
I leader come odiatori seriali

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Dibattito Camera: Meloni-Schlein, sterile scambio di accuse su temi cruciali; un confronto da “odiatori seriali”, Parlamento irrilevante, leader in “pantomima” distanti dalla realtà globale.


Ma di che si è parlato, ieri pomeriggio alla Camera, nel confronto tra la premier e i partiti, mentre il mondo tratteneva il fiato davanti all’improbabile intesa di Trump, Putin e Zelensky, e mentre, da Coimbra, Mattarella e Draghi ammonivano l’Europa a svegliarsi?
È difficile raccontarlo per chi pure ha assistito al dibattito, durato poco più di un’ora, e pilotato dalle domande dei gruppi parlamentari a Giorgia Meloni.

Perché al di là dei temi non irrilevanti affrontati, e tra questi il disagio giovanile, la guerra di Gaza, la politica energetica, le liste d’attesa della sanità, su nessuna questione è stato possibile cogliere una messa a fuoco capace di dare un senso alle parole. L’intera discussione si è risolta in uno sterile scambio di accuse che, nello scontro finale tra Meloni e Schlein, ha raggiunto l’acme della nullità contenutistica. In un crescendo della retorica e della passione oratoria, ogni dettaglio scientifico, o più semplicemente politico, si è liquefatto nell’ossimoro di un vuoto muscolare.

I LEADER COME ODIATORI SERIALI : UN CONFLITTO DA SOCIAL NETWORK

Il che non dovrebbe stupire chi conosce la teatralità del dibattito parlamentare, il suo riferirsi a un copione sempre più standardizzato e all’abilità con cui ciascun attore interpreta e recita la sua parte in commedia. Tuttavia a questo refrain consueto, la dialettica odierna aggiunge una perfetta sovrapposizione ai modi e ai toni del conflitto tra odiatori seriali da social network. In questo fuoco di sentimenti arroventati si brucia ogni residua riserva di sapere e di esperienza, e l’inutilità del Parlamento si mostra in tutta la sua tragicità.

Perché gli odiatori seriali sono anche, in questo caso, la presidente del Consiglio e la leader dell’opposizione. E c’è da ritenere, o almeno da sperare, che sulle questioni affrontate abbiano una conoscenza, una ponderatezza maggiore di quanto non dica il loro reciproco rinfacciarsi colpe presenti e passate. C’è da sperare, ancora, che negli atti di governo, nelle trattative diplomatiche, nelle composizioni dei conflitti la loro capacità di andare a fondo alle questioni sia diversa da quella mera eloquenza contrappositiva che le trasforma in sguaiate protagoniste di un reality show.

UN PARLAMENTO IRRILEVANTE

Ma non è solo una questione morale. Un Parlamento dove non transitano la realtà e la complessità dei problemi è la piazza di una democrazia esangue, destinata a perdere qualunque rapporto con il Paese che rappresenta e a diventare irrilevante fuori dei suoi confini.
Ciò è tanto più grave se questo triste spettacolo scopre, dietro al conflitto, un’indicibile complicità tra le reciproche debolezze delle due contendenti.

Da una parte la premier, stranamente orfana dei due vice, Salvini e Tajani, che da giorni le tirano la giacca da punti cardinali opposti, il primo esibendo ormai senza pudore la sua russofilia, il secondo fiutando a Ovest una riserva di consenso moderato. Dall’altra parte la segretaria del Pd, prigioniera di una contraddizione storica perché incapace cioè di accettare per intero le responsabilità che l’europeismo comporta, e che i tempi aggravano. Due leader così in empasse fanno una pantomima al chiuso di un Parlamento trasformato in un angusto teatrino rionale, surreale rispetto all’incendio che divampa nel mondo.

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