I Musei civici di Venezia puntano sulla parità di genere. Tutti gli estremi della certificazione

  • Postato il 10 settembre 2025
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I musei non sono più soltanto luoghi di conservazione, tutela e valorizzazione del patrimonio. Possono trasformarsi in motori di cambiamento, laboratori di inclusione ed esempi di trasformazione culturale per l’intera società. A dimostrarlo è la Fondazione Musei Civici di Venezia, prima rete di musei civici in Italia ad aver ottenuto la Certificazione per la Parità di Genere. A rilasciare l’attestato è stato Bureau Veritas Italia, colosso internazionale che ha valutato sei aree cruciali dell’organizzazione: cultura e strategia, governance, gestione delle risorse umane, opportunità di crescita e inclusione delle donne, equità salariale, tutela della genitorialità e conciliazione vita-lavoro.

A Venezia la parità non è solo una bella idea sulla carta

Questa rivoluzione, discreta ma concreta, ha coinvolto tutte le sedi museali di MUVE, da Venezia a Murano, Burano e Mestre: Palazzo Ducale, Museo Correr, Ca’ Rezzonico, Ca’ Pesaro, Museo del Vetro, Museo di Storia Naturale, Palazzo Mocenigo, Museo Fortuny, Museo del Merletto, Casa di Carlo Goldoni, Torre dell’Orologio, Centro Culturale Candiani e Forte Marghera. Un sistema museale unico che custodisce oltre 700 mila opere, cinque biblioteche specialistiche, un archivio fotografico, il polo per l’arte contemporanea presso l’ex Emeroteca di Piazza Ferretto, oggi Emeroteca dell’Arte,con 13 atelier d’artista e un caffè letterario. 

Il commento di Mariacristina Gribaudi, Presidente della Fondazione MUVE

Abbiamo voluto questa certificazione non per appendere un attestato, ma per cambiare strutturalmente il nostro modo di essere” spiega Mariacristina Gribaudi, Presidente della Fondazione, “la cultura non è solo ciò che esponiamo, ma anche il modo in cui la viviamo internamente. I musei devono essere i primi a dare l’esempio di comportamenti virtuosi. Il futuro è già in cantiere. Il progetto prioritario è quello di creare una serie di incontri interni sulla parità: dobbiamo portare questa cultura tra il personale, la formazione deve partire da noi stessi. Abbiamo aderito all’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, e questo è anche uno degli obiettivi. Stiamo lavorando per trovare una sinergia per eventi divulgativi e culturali rivolti al pubblico con la Fondazione Marisa Bellisario, che valorizza il talento delle donne. Ma già dieci anni fa abbiamo realizzato il progetto Venezia Città delle Donne, dedicato a Emma Vidal, una delle merlettaie di Burano più longeve, proprio per far conoscere le donne artiste che in passato non venivano valorizzate”. E anche se spesso si sono sentititi dire: “Ma se le donne alla Fondazione sono già la grande maggioranza, perché avere una certificazione di parità di genere?”. La Presidente ha risposto: “si tratta di un modus operandi, un lavoro importante che deve partire da noi stessi per poi trasferirlo come modello ad altre organizzazioni e partner con cui ci confrontiamo. La certificazione sarà un successo solo quando non dovremo più parlarne”.

Le donne da sempre protagoniste del MUVE

Quest’anno, in occasione dei 50 anni del Museo Fortuny, sarà possibile ammirare opere e oggetti solitamente non esposti per la loro delicatezza e fragilità, partecipare a conferenze dedicate a Mariano Fortuny y Madrazo (Granada, 1871 – Venezia, 1949) e, soprattutto, riscoprire la figura di Henriette Nigrin (Fontainebleau, 1877 – Venezia, 1965). Moglie e musa di Mariano, fu in realtà la vera anima dell’atelier tessile: creativa, visionaria e moderna “general manager”, ideò nel 1909 l’abito Delphos, ispirato al chitone ionico dell’Auriga di Delfi (scoperto nel 1896), diventato un punto di riferimento nella storia della moda e simbolo intramontabile dello stile Fortuny. Un’altra protagonista imprescindibile della storia dei MUVE è la duchessa Felicita Bevilacqua La Masa (Venezia, 1822 – 1899). Ultima discendente della famiglia veronese Bevilacqua, nel suo testamento lasciò al Comune di Venezia Ca’ Pesaro, con l’intento di offrire spazi e visibilità ai giovani artisti esclusi dalle grandi esposizioni. Un atto di mecenatismo che ha cambiato il destino dell’arte contemporanea in città. La contessa Andriana Marcello si distinse invece nel 1872 per la fondazione della scuola del merletto a Burano, creata per rilanciare una tradizione secolare e dare lavoro alle donne, sottraendole a miseria e povertà. 

Henriette Nigrin nella biblioteca _atelier di Palazzo Orfei a Venezia, Fondazione Musei Civici di Venezia
Henriette Nigrin nella biblioteca _atelier di Palazzo Orfei a Venezia, Fondazione Musei Civici di Venezia

Dal Museo del Merletto al mecenatismo femminile: le donne sono da sempre legate all’arte

Oggi quello stesso edificio ospita il Museo del Merletto, che racconta, attraverso esemplari preziosi, fotografie e documenti non solo la storia di un artigianato d’eccellenza ma anche un capitolo fondamentale di emancipazione femminile. Il legame tra donne e mecenatismo a Venezia prosegue fino ai giorni nostri. Nel 2023, infatti, la collezionista Gemma De Angelis Testa ha donato a Ca’ Pesaro una raccolta straordinaria di 105 opere: un lascito storico che arricchisce il museo sia in quantità che in qualità. Tra i nomi figurano giganti dell’arte internazionale come Robert Rauschenberg e Cy Twombly, i maestri dell’Arte Povera Mario Merz, Michelangelo Pistoletto, Pier Paolo Calzolari, Gilberto Zorio, e ancora Anselm Kiefer, Gino De Dominicis, Francesco Clemente, Enzo Cucchi, Mario Schifano, Tony Cragg, Ettore Spalletti. Non manca, infine, “l’altra metà dell’avanguardia”: Marina Abramović, Vanessa Beecroft, Candida Höfer, Mariko Mori, Shirin Neshat, artiste che, con linguaggi diversi, incarnano la forza innovativa dello sguardo femminile nell’arte contemporanea e riflettono la raffinata sensibilità della collezionista.

Luisa Taliento

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Artribune

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