I numeri fantasiosi del Rapporto Apa sul cinema italiano: un’immagine splendente di un settore in crisi

  • Postato il 8 ottobre 2025
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  • Di Il Fatto Quotidiano
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Martedì 7 ottobre, “day 2” del Mercato Internazionale dell’Audiovisivo (il “Mia”), giunto a Roma all’edizione n° 11, è stato presentato il “7° Rapporto sulla Produzione Audiovisiva Nazionale”, un dossier di dati promosso dall’Associazione Produttori Audiovisivo Apa, una delle potenti lobby confindustriali del settore, che co-governa (assieme ad Anica) il sistema, in sintonia con la Sottosegretaria delegata la senatrice leghista Lucia Borgonzoni: secondo queste elaborazioni (la cui metodologia permane oscura) l’industria cine-audiovisiva sarebbe in buona, anzi ottima salute. Avrebbe registrato nel 2024 addirittura una crescita del 9% rispetto all’anno precedente, con un totale di ricavi di 16,3 miliardi di euro. Il rapporto si avvale della consulenza di eMedia, Certa e Fondazione Symbola.

Fin dalle prime edizioni di questo “rapporto”, ho segnalato – anche giornalisticamente – la debolezza metodologica di queste stime, che pure vengono quasi sempre prese per oro colato dalla stampa ed i media (quest’anno, però, rassegna stampa assai modesta), senza che nessuno abbia mai risposto alle domande sulle metodiche adottate per addivenire a queste aritmetiche immaginifiche.

Quel che provoca perplessità è che il rapporto Apa, presentato dalla Presidente dell’associazione, Chiara Sbarigia (che fino a pochi mesi fa era anche Presidente della società pubblica Cinecittà spa, dalla quale si è dimessa su invito del ministro della Cultura Alessandro Giuli, forse resosi conto – tardivamente – del sempre latente conflitto d’interesse) rilancia anche numerologie fantasiose per quanto riguarda la forza-lavoro. Secondo Apa, sul fronte occupazionale, il settore conta (conterebbe!) addirittura 128.185 addetti (utilizzando un indefinito perimetro certo assai “allargato”)…

Si ricordi che poche settimane fa, l’Istituto italiano per l’Industria Culturale IsICult ha rilanciato dati incontrovertibili di fonte Cnel Inps, che hanno certificato che nel 2024 il 90% dei lavoratori delle troupe cine-audiovisive è rimasto disoccupato, con un crollo della forza-lavoro dai circa 18.000 dipendenti del 2023 ai circa 1.800 dipendenti del 2024. La Sottosegretaria Borgonzoni – fedele a un ottimismo quasi metafisico – ha cercato di smentire quei dati, senza però riuscirvi. Ho chiesto alla Segretaria Nazionale della Cgil Slc (Sindacato Lavoratori della Comunicazione) Sabina Di Marco di validarli o smentirli, ma la preannunciata risposta non è mai arrivata. Stato di crisi che è comunque evidente, come denunciano da tempo associazioni dei lavoratori come #Siamoaititolidicoda, Raai – Registro Attrici e Attori Italiani, Unita – Unione Nazionale Interpreti Teatro e Audiovisivo…

A proposito di numerologie, dati e stime, per comprendere la diffusa (non) cultura di “trasparenza” ed “accountability”, mi limito a ridenunciare che l’Associazione Produttori Audiovisivi non rispetta le norme relative alla trasparenza dei sostegni statali: né sul sito del Mia né sul sito dell’Apa, vi è infatti traccia dei fondi pubblici utilizzati per realizzare la kermesse. A domanda specifica sul costi e ricavi, Simona Pedroli (ufficio stampa del Mia) ha così simpaticamente risposto: “Il budget della kermesse non lo diamo per policy”. Graziosamente ignorata, quindi, la legge n. 124 del 2017, che prevede un obbligo di trasparenza per i soggetti che ricevono contributi da pubbliche amministrazioni: in caso di mancata pubblicazione, si applica una sanzione pari all’1 % delle somme ricevute, e può scattare la restituzione integrale dei contributi ricevuti…

Va rimarcato che il rapporto Apa è realizzato con non pochi danari pubblici, nell’economia complessiva del sostegno di varie istituzioni alla kermesse: in primis, l’Ice – Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane per 1,3 milioni di euro, altri 200mila euro vengono dal Ministero della Cultura, e già soltanto queste due fonti portano il bilancio dell’edizione 2025 a quota 1,5 milioni di euro. E poi ci sono anche i contributi dell’Unione Europea (Europa Creativa) e della Regione Lazio, nonché il sostegno privato della principale banca attiva nel settore qual è Unicredit. Peraltro, senza mai produrre un rapporto valutativo che possa misurare l’efficacia reale del Mia.

A fronte dello scenario di numerologie creative (costruite “ad hoc” per incensare le politiche governative?!) verrebbe quasi quasi da evocare alcuni articoli del Codice Penale, ovvero il Titolo VII del Libro I, “Dei delitti contro la fede pubblica”… Si continua quindi ad alimentare un’“immagine” splendida splendente di un settore che vive invece una profonda e pervasiva crisi: la costruzione di questo “immaginario collettivo” è una manipolazione politica della realtà.

È stata messa in scena al Mia la stessa dinamica “scenografica” che, dal 2017 ad oggi, s’è concretizzata in quello che doveva essere lo strumento primario di controllo della Legge Franceschini del 2016 (la n. 220) ovvero la semi-clandestina “valutazione di impatto”, affidata per sei anni di seguito a Università Cattolica e Ptsclas spa, che mai ha segnalato le degenerazioni emerse nella (mala) gestione del “tax credit”. Deviazioni improvvisamente “scoperte” dall’allora ministro Gennaro Sangiuliano (FdI), pochi mesi dopo il suo insediamento nell’ottobre 2022…

Prima o poi, numerologie dopate o meno, questa “bolla” andrà a scoppiare. E non temo di essere annoverato tra quelli che il Presidente della Commissione Cultura della Camera Federico Mollicone ha definito… “sfascisti” (sic). A seguito dell’approvazione, martedì pomeriggio a Montecitorio, della mozione di maggioranza su cinema e audiovisivo (143 voti favorevoli e 103 contrari, respinte tutte le mozioni presentate dalle opposizioni ovvero M5s, Pd, Avs), il responsabile Cultura di Fratelli d’Italia ha dichiarato: “i dati diffusi dal Ministero della Cultura confermano segnali molto positivi… Questo smentisce la narrazione strumentale falsa e sfascista dell’opposizione, che così danneggia non il governo, ma l’industria del Cinema”.

Come dire? Da quale pulpito: siamo veramente alla “fantasia al potere”, alla numerologia al servizio del Principe…

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Il Fatto Quotidiano

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