Il cellulare non è il male ma rispecchia la nostra incapacità di porre regole: come usarlo per educare i figli
- Postato il 26 ottobre 2025
- Lifestyle
- Di Blitz
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Il cellulare non è il male. È uno specchio. Riflette le nostre abitudini, le nostre solitudini, le nostre mancanze di adulti incapaci di porre limiti, regole e senso.
È un prolungamento di mani e occhi che scivola tra i polpastrelli dei ragazzi, che diventa rifugio per bambini troppo soli o troppo stanchi di non essereascoltati. Non è lo strumento a sbagliare, ma l’uso che se ne fa, il vuoto che riempie, la mancanza di educazione che ne accompagna la diffusione. Per questo, a scuola, il cellulare va tenuto spento durante le lezioni.
Non è questione di proibizionismo, ma di rispetto. Il tempo scolastico appartiene al corpo vivo dell’insegnamento, allo sguardo che incontra lo sguardo, alla parola che vibra nell’aria, al silenzio che sa diventare attenzione e pensiero. Vietare in maniera cieca non serve: aumenta la trasgressione, non la consapevolezza.
Occorre invece la regola chiara e condivisa. Si possono prevedere momenti in cui i ragazzi possano riaccenderlo – durante l’intervallo, in pause concordate – così da insegnare che non è un padrone che comanda, ma uno strumento che si governa. La tecnologia, se guidata, diventa risorsa.
Il telefono cellulare a scuola

Può essere alleata della didattica, se inserita in un progetto preciso: ricerche, lavori di gruppo, percorsi creativi. Altrimenti resta un rifugio solitario, un universo parallelo dove tutto è più rapido, più leggero, ma meno autentico. E i rischi li conosciamo bene.
Dipendenze che svuotano, aggressività che esplode quando lo strumento viene tolto bruscamente, cyberbullismo che colpisce e ferisce con un messaggio, con una foto, con un like negato. Ragazzi che si isolano, che smettono di parlare, che scambiano l’identità con un avatar e che rischiano di dimenticare che la vita vera si gioca fuori dagli schermi.
L’educazione digitale
Ecco perché l’educazione digitale deve cominciare presto e in modo graduale. La scuola, insieme alle famiglie, non può tirarsi indietro. Deve diventare presidio educativo, spazio che non solo istruisce, ma accompagna. Una scuola capace di insegnare non solo matematica e storia, ma anche come ci si muove online, come si rispetta l’altro anche quando si è dietro uno schermo.
È una nuova alfabetizzazione, una cittadinanza digitale che non possiamo piu rimandare. E i genitori? Non basta firmare un regolamento Gli adulti devono essere i primi a dare l’esempio, a non vivere con il telefono incollato alla mano, a spegnerlo quando parlano con i figli, a mostrare che si può vivere anche senza notifiche. I ragazzi imparano più da ciò che vedono che da ciò che ascoltano. Il cellulare non è dunque un nemico da combattere, ma una sfida educativa che ci riguarda tutti.
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