Il coraggio torna a crescere nel nome di Maria Chindamo

  • Postato il 6 maggio 2025
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Il coraggio torna a crescere nel nome di Maria Chindamo

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A Limbadi, nove anni dopo la scomparsa dell’imprenditrice, Maria Chindamo, istituzioni, studenti e cittadini si ritrovano davanti al cancello della memoria. Nel luogo in cui fu rapita inaugurata un’opera simbolica e lanciato un messaggio forte: «Lo Stato c’è, e ci sarà».


LIMBADI – Un tempo era solo un cancello, immerso tra gli ulivi della campagna calabrese, oggi è diventato un luogo della memoria, carico di dolore ma anche di resistenza: è qui, in contrada Montalto a Limbadi, che Maria Chindamo fu rapita il 6 maggio 2016. Da allora, nessuno ha più avuto sue notizie.

Nove anni dopo, quello stesso cancello arrugginito si apre idealmente alla speranza: studenti, istituzioni, magistrati, testimoni di giustizia, forze dell’ordine e cittadini si sono riuniti in un abbraccio collettivo che non chiede soltanto verità, ma afferma con coraggio che lo Stato c’è, e continuerà a esserci.

A presenziare alla cerimonia il procuratore di Vibo Valentia Camillo Falvo, la sottosegretaria all’Interno Wanda Ferro, il fratello di Maria Vincenzo Chindamo – custode instancabile della sua memoria – il vice presidente del consiglio regionale, Ferdinando Pietropaolo, l’assessore regionale Caracciolo, il vescovo Attilio Nostro, insieme a numerosi rappresentanti delle istituzioni civili e militari del territorio.

In mezzo alla pioggia e agli applausi, è stato inaugurato un monumento simbolico: una spirale in ferro, colorata e dinamica, realizzata dall’artista Luigi Camarilla con l’aiuto delle Officine Paolo Scerbo di Marcellinara. «Il cancello era troppo compromesso – ha spiegato l’artista – ma volevamo dargli nuova vita. Intorno a lui è nata questa spirale, come il riscatto che è germogliato attorno alla memoria di Maria».

Tra i presenti anche il vicepresidente della Regione Calabria Filippo Pietropaolo, l’assessore Maria Stefania Caracciolo, il prefetto Aurora Colosimo, i testimoni di giustizia Nino De Masi e Gaetano Saffioti, il referente regionale di Libera Giuseppe Borrello, numerosi sindaci del territorio e, in prima fila, i figli e il fratello di Maria.

Durante il suo intervento, il procuratore Falvo ha parlato con emozione e fermezza: «Conosco bene questo cancello e queste terre. Abbiamo ascoltato collaboratori che hanno parlato del caso di Maria, abbiamo istruito il processo, oggi in Corte d’Assise a Catanzaro. Anni fa era impossibile anche solo nominare certi nomi. Oggi invece lo Stato è qui, e il cambiamento è visibile». Ha quindi letto un messaggio del ministro della Giustizia Carlo Nordio: «Questa giornata rappresenta l’affermazione della presenza dello Stato in un territorio dove la ’ndrangheta per anni ha dettato legge».

Un pensiero particolare è andato ai figli di Maria: «Li ho incontrati più volte. Crescono con l’amore di chi è loro vicino. Maria è il simbolo di chi ha dato la vita per resistere alla criminalità organizzata».

Accorata anche la voce della sottosegretaria Wanda Ferro, che ha voluto ringraziare chi combatte ogni giorno in prima linea: «I testimoni di giustizia sono il cuore pulsante del nostro coraggio. Come diceva Sant’Agostino, la speranza ha due figli: lo sdegno per le ingiustizie e il coraggio per cambiarle». Rivolgendosi a Vincenzo Chindamo, ha aggiunto: «Ha saputo trasformare il dolore in speranza. Lo Stato non lo ha mai dimenticato, e oggi è qui per dire che continuerà a esserci».

Toccante e intenso l’intervento proprio di Vincenzo Chindamo: «Volevano spaventarci, dividerci, seminare terrore. Invece oggi io vedo il senso dello Stato, lo vedo negli studenti, nei magistrati, nei cittadini. Abbiamo detto: basta paura. Controlliamo noi questa terra. E oggi, insieme, ci siamo riusciti».

Un messaggio chiaro, che parla di memoria, ma anche di futuro. E che dice a gran voce che la Calabria, nel nome di Maria Chindamo, ha scelto di non voltarsi più dall’altra parte.

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