‘Il dolore della guerra’ di Bao Ninh: un vero capolavoro sulle assurdità della guerra

  • Postato il 22 novembre 2025
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“Fin dalle prime pagine, il suo romanzo ha rinunciato alla tradizionale linearità del racconto, ha rimescolato tempi e luoghi in sprezzo a qualsiasi logica, lasciando che i personaggi prendano la direzioni più inaspettate. Sembra quasi che l’autore si sia fatto carico di esporre la realtà vera della guerra, farne a pezzi l’immagine stereotipata. Capitolo dopo capitolo, scrive della guerra in modo profondamente personale, come se fosse stata una guerra sua e soltanto sua (…) il mestiere di scrittore lo ha trascinato di fronte all’abisso dell’esistenza, senza possibilità di esonero, di fuga, di miracolo. Deve affrontare questa sfida da solo, è il suo ultimo dovere di soldato.”

Il dolore della guerra, di Bao Ninh (traduzione di Carlo Prosperi; Neri Pozza Editore), non è un romanzo di guerra nel senso epico o celebrativo del termine; è un reportage viscerale dall’interno di un’anima in frantumi, quella del soldato Kien, uno dei soli dieci sopravvissuti di un battaglione di cinquecento del Vietnam del Nord. Pubblicato originariamente in Vietnam nel 1991, l’opera di Bao Ninh, lui stesso veterano dell’Esercito Popolare Vietnamita, ha scandalizzato la narrativa ufficiale di Hanoi, offrendo una prospettiva cruda, universale e profondamente non ideologica del conflitto.

L’autore, che ha combattuto dal 1969 fino alla caduta di Saigon nel 1975, presta a Kien una voce che non cerca l’onore o la retorica della vittoria comunista, ma solo la catarsi. Lo stile, frammentario e non lineare, imita il flusso di coscienza tormentato di un uomo che, dopo la pace, torna a vivere ad Hanoi ma non riesce a lasciare la giungla degli altopiani centrali. Il lettore è calato in un labirinto temporale dove il presente di Kien, segnato dall’alcolismo e dal tentativo disperato di scrivere il suo manoscritto disperso, si confonde con i flashback degli anni di guerra e dei rari, strazianti ricordi della sua innocenza e dell’amore perduto per Phuong.

Il libro distrugge l’immagine del soldato nordvietnamita come “formica rossa” indistruttibile e ideologicamente puro. Kien e i suoi compagni sono dipinti come vittime logore, affamate, terrorizzate, impegnate in una battaglia non per il comunismo, ma per la sopravvivenza più elementare. Questo approccio è radicalmente in contrasto con la propaganda post-bellica del governo di Hanoi. Dopo la guerra, Kien svolge l’orribile compito di recuperare i caduti nella Giungla delle Anime Urlanti. Questa mansione, storicamente svolta da molti veterani, diventa l’allegoria centrale del libro: un tentativo di dare pace non solo ai corpi, ma alle anime dei martiri di una generazione sacrificata, un’ossessione che non permette a Kien di distinguere tra morti e vivi.

“Spesso, in mezzo a una strada affollata, in pieno giorno, mi capita di perdermi improvvisamente in un sogno a occhi aperti. Sentendo puzza di carne marcia, mi rivedo attraversare Hamburger Hill, la collina disseminata di cadaveri dopo la sanguinosa battaglia del ’72. Il tanfo della morte è così opprimente che devo fermarmi in mezzo al marciapiede e tapparmi il naso, mentre le persone, sbigottite e sospettose, mi passano alla larga, evitano il mio sguardo folle.”

Il legame spezzato con Phuong simboleggia tutto ciò che la Guerra del Vietnam (o Guerra Americana, come la chiamano i vietnamiti) ha annientato: la giovinezza, il futuro e la possibilità di una vita normale. I ricordi del bombardamento di Thanh Hoa o le marce disperate verso la Cambogia non sono solo scene d’azione, ma momenti di reportage emotivo, ritratti con una prosa lirica e al tempo stesso brutale, fatta di fango, pioggia e sangue. Lo stile di Bao Ninh è la sua dichiarazione più forte. La frammentazione narrativa, la mancanza di capitoli numerati e l’alternanza frenetica tra presente e passato non sono espedienti letterari, ma l’equivalente in prosa del Disturbo Post-Traumatico da Stress.

Il dolore della guerra è un vero e proprio capolavoro sulla scrittura, la giovinezza, l’amore e la guerra, un testo fondamentale perché, pur nascendo dalla parte “vincitrice” del conflitto, ne esplora la sconfitta morale e la tristezza inconsolabile. È il racconto di una generazione che, pur avendo innalzato la bandiera sul tetto di Saigon, ha perso se stessa lungo il Sentiero di Ho Chi Minh. È un libro che non assolve e non condanna, ma testimonia con disarmante onestà che, nella guerra, il dolore è l’unica verità universale e persistente.

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Il Fatto Quotidiano

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