Il meteorologo Giulio Betti: “Siamo il Paese dei paradossi: l’adattamento climatico non serve senza mitigazione”
- Postato il 29 luglio 2025
- Ambiente
- Di Il Fatto Quotidiano
- 1 Visualizzazioni
.png)
“Sull’adattamento ormai le diverse parti politiche tendono a convergere, quantomeno ne parlano. Sulla mitigazione, invece, ci si scontra, perché ha che fare con grandi interessi economici e su potere, basti pensare alle società dell’oil&gas. Ma non esiste adattamento senza mitigazione”. Giulio Betti, meteorologo e climatologo presso l’Istituto di Bioeconomia del CNR e il Consorzio LaMMa, è appena reduce dalla vittoria del premio Demetra di saggistica ambientale con il suo Ha sempre fatto caldo! E altre comode bugie sul cambiamento climatico (Aboca). Un premio arrivato in un momento non felice per il dibattito sulla crisi climatica.
In questi mesi, purtroppo, i temi del Green Deal sono sempre più offuscati da quelli della difesa e del riarmo. Come giudica questo cambiamento?
Lo vedo con grande preoccupazione e con un po’ di frustrazione, perché di fatto di cambiamento climatico si parla meno; o meglio siamo costretti a parlarne quando abbiamo di fronte a noi eventi straordinari. Siamo affaccendati in altro, soprattutto nelle guerre, che purtroppo sono ovunque e sottraggono enormi risorse economiche a quella che io reputo la “vera” guerra, quella contro il cambiamento climatico, che tutto il mondo dovrebbe combattere. In questo caso, non si tratta di un nemico dalla coscienza malvagia, è semplicemente qualcosa che abbiamo creato noi attraverso le emissioni di gas serra e la distruzione degli ecosistemi, togliendo l’equilibrio al bilancio termico terrestre.
Nelle ultime settimane si è parlato di clima in relazione alle ondate di calore. Ma anche sul caldo persistono le fake news.
Le faccio un esempio banale. In questi giorni in Sicilia si contano giornate con temperature di 40, 43, 45 gradi. È un’ondata di calore eccezionale ma, poiché in Europa centrale piove, al nord ci sono i temporali e le temperature sono contenute, non sembra un problema di respiro nazionale. Eppure è un campanello di allarme enorme, una cosa del genere dovrebbe occupare la pagine di tutti i giornali. Si è creato un cortocircuito mediatico per cui, se ti focalizzi su evento che porta disagi e costi enormi, sembra quasi di dar fastidio.
Può spiegarci come siamo messi dal punto di vista dello scenario climatico globale?
Siamo ufficialmente fuori target per contenere l’aumento della temperatura globale entro un grado in mezzo: quell’obiettivo è fallito, in questo momento il mondo sta andando verso i 2,7 gradi a fine secolo. Forse non saranno i cinque gradi dello scenario peggiore di tutti, ma è pur sempre un percorso molto pericoloso. Anche alla luce del fatto che gli Usa si sono disimpegnati e con essi molti altri Stati che stanno abbassando la guardia sugli obiettivi.
L’amministrazione Biden aveva fatto meglio sul clima?
In realtà anche la precedente amministrazione aveva raggiunto livelli massimi di estrazione di combustibili fossili, però almeno si investiva massicciamente nelle rinnovabili, nell’adattamento e nella ricerca scientifica. Ora invece questo secondo binario è in crisi. Anche se, per fortuna, ci sono Stati americani che si sono accorti che l’industria delle rinnovabili è molto più conveniente di quella fossile. È un mondo sommerso che non viene raccontato.
Così come si racconta forse poco la spinta che viene dalla Cina.
Anche Pechino ha fatto una scelta chiara: vuole l’indipendenza energetica e ha scelto di investire nelle rinnovabili. Il mondo prima o poi la seguirà, abbandonando l’impronta fossile: l’economia stessa si sta accorgendo che non vale la pena di investire nelle fossili. Il problema è che abbiamo poco tempo.
Siamo diventati bravi nell’adattamento, con condizionatori, piscine etc, meno nella mitigazione. Perché?
In realtà il condizionatore non è esattamente una forma di adattamento, ma di sopravvivenza. Però è vero che sull’adattamento siamo tutti d’accordo, mentre quando si tratta di priorizzare la mitigazione, cioè un taglio delle emissioni che significa fare i conti con una serie di interessi economici molto grandi, le cose cambiano. L’adattamento è politicamente accettabile da parte di tutte le forze politiche, sulla mitigazione le posizioni divergono. Eppure non può non andare di pari passo con la mitigazione.
Perché?
Perché se io mi adatto, e ci sono ormai politiche efficaci di adattamento – progetti di rinaturalizzazione, rifugi climatici, progetti di rinverdimento nelle città, depavimentazione e ripristino delle aree naturali – se faccio tutto questo, investendo miliardi, ma non faccio mitigazione e le temperature continuano a salire, allora potrebbe accadere che l’adattamento che ho fatto tra dieci anni non servirà più.
Il governo italiano è tiepido sulle rinnovabili, benevolo sul gas, vuole il nucleare. Che ne pensa?
L’Italia è un Paese complicato. Partiamo dal tema del paesaggio: c’è molta resistenza anche tra chi è favorevole alle rinnovabili, è molto diffuso e sentito il “nimby”. Certo, il paesaggio va preservato, però si potrebbero mettere le pale in zone a vocazione eolica, oppure off shore, insomma con un po’ di razionalità si troverebbero molti siti.
E sulle scelte energetiche?
L’Italia in generale è un puzzle, ci sono casi virtuosi di adattamento e anche tentativi di mitigazione attraverso un uso consapevole delle risorse energetiche; e situazioni in cui siamo molto indietro. Come al solito il nostro si conferma un Paese paradossale.
In conclusione, quali azioni andrebbero intraprese subito secondo lei?
Come ho detto, mitigare, tagliare le emissioni di anidride carbonica; quindi faccio un appello ai governanti, a chi si siede alle riunioni e alle varie Cop: non si può andare avanti così, occorre agire. E poi senz’altro anche l’adattamento è urgente. Ma c’è modo e modo di farlo. Riforestazione e rinverdimento, se fatti bene, in maniera strategica e sistemica non con il greenwashing, sono i nostri più grandi alleati su entrambi i fronti. Non c’è niente di politico e ideologico, porterebbe solo vantaggi anche dal punto di vista economico, occupazionale e sociale.
L'articolo Il meteorologo Giulio Betti: “Siamo il Paese dei paradossi: l’adattamento climatico non serve senza mitigazione” proviene da Il Fatto Quotidiano.