Il mistero dei ghiacciai, nei luoghi più estremi (e vulnerabili) della Terra a caccia di forme di vita: il cortometraggio
- Postato il 29 giugno 2025
- Ambiente
- Di Il Fatto Quotidiano
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Da dove nasce la scelta di studiare il Ghiacciaio dei Forni? Perché è più facilmente accessibile di altri, oppure per la sua estensione e dunque per la possibilità che si presti al meglio per la ricerca scientifica?
(Franzetti) Il ghiacciaio dei Forni è facilmente accessibile e ha un’ottima logistica, in quanto ci sono il rifugio Branca e Albergo Forni a breve distanza, una strada carrabile che permette il trasporto di materiali a circa 40 minuti di cammino dalla fronte. È un ghiacciaio con una estensione sufficiente per condurre studi su habitat differenti e su scale spaziali differenti. È inoltre un ghiacciaio molto studiato dai glaciologi per il quale abbiamo molti dati che possono integrare i nostri studi sulla biodiversità. Per questi motivi l’abbiamo scelto come ghiacciaio per gli studi più approfonditi e per una serie temporale lunga. Tuttavia abbiamo dati puntuali da molti altri ghiacciai delle Alpi e di altri ambiti montani o polari che ci permettono di porre i risultati che otteniamo con gli studi sui Forni in un contesto più ampio.
Le immagini dei ricercatori e delle ricercatrici che si “calano” nel mulino sono pazzesche. Vengono accompagnati da speleologi/guide alpine?
(Corengia) In molti casi, sono gli stessi ricercatori a essere anche alpinisti, subacquei o speleologi. Altre volte accade il contrario: è la passione per la natura – quella ancora selvaggia e incontaminata – a trasformare il desiderio di esplorazione in un bisogno di studio, comprensione e, infine, protezione. Il nostro gruppo è composto da persone con competenze diverse: alcune specializzate nella ricerca scientifica, altre nelle attività più tecniche. Questa complementarità è la chiave per poterci muovere e lavorare in ambienti complessi, come le grotte endoglaciali.
I ricercatori devono seguire una particolare formazione “tecnica” per poter affrontare in sicurezza l’esplorazione del ghiacciaio?
(Corengia) Sì, la formazione tecnica e la conoscenza approfondita dell’ambiente sono fondamentali per affrontare in sicurezza questo tipo di attività. È altrettanto essenziale saper lavorare in squadra, pianificando ogni fase affinché ciascun membro abbia un ruolo ben definito. Questo approccio consente di ridurre al minimo i rischi, limitare l’impatto sull’ecosistema che stiamo studiando e garantire una raccolta di dati e osservazioni il più possibile efficace e accurata. Ma c’è anche un altro aspetto fondamentale: oltre che colleghi o compagni di spedizione, siamo amici. Questo ci permette di affrontare insieme le sfide nel tempo, restando uniti attorno a un progetto, anche quando sembra che al resto del mondo la scomparsa dei ghiacciai importi poco. Grazie a Federica e Michele, stiamo cercando di cambiare linguaggio: uscire dagli articoli scientifici per sperimentare nuovi modi di comunicare e coinvolgere. Perché solo insieme, tutti insieme, possiamo sperare di fermare l’innalzamento delle temperature.
Dove nasce l’idea del cortometraggio? Qual è lo scopo?
(Nova) L’idea del documentario nasce dall’invito dei glacio-speleologi ad unirci alla loro spedizione sul ghiacciaio per documentare l’attività di ricerca. Inizialmente si era pensato a realizzare un reportage fotografico e qualche breve video divulgativo, ma vista la quantità e qualità dei materiali registrati si è deciso di investire in un progetto più completo come appunto il documentario. Lo scopo del documentario è quello di raccontare una conseguenza del cambiamento climatico spesso poco raccontata, quella della riduzione di un habitat che ospita moltissime forme di vita. Inoltre, se spesso le attività di ricerca accademica fanno fatica a comunicare la propria rilevanza, l’obiettivo è quello di comunicare in un linguaggio comprensivo e suggestivo un tema complesso.
Cosa si ricava dai carotaggi? E perché è importante farlo?
(Franzetti) A differenza degli studi che utilizzano le carote per la datazione del ghiaccio attraverso lo studio delle bolle d’aria contenute all’interno del ghiacciaio, i campionamenti nel nostro caso hanno riguardato i sedimenti contenuti nel ghiacciaio che ospitano al loro interno la biodiversità. Inoltre, non abbiamo in realtà, per gli studi sulla biodiversità, lavorato molto sulle carote, che, dal nostro punto di vista, sono importanti per esplorare la parte endoglaciale che abbiamo studiato poco.
Al di là del fine accademico, ci sono possibili risvolti pratici nello studio della biodiversità dei ghiacciai?
(Franzetti) Molti. Un aspetto applicativo che ha lo studio della biodiversità della crioconite è dovuto all’elevata biodiversità microbica che vive a temperature basse ed alte radiazioni solari. Qui si selezionano batteri con enzimi che possono lavorare in queste condizioni estreme. Questi enzimi sono di grande interesse biotecnologico perchè possono essere impiegati per favorire reazioni chimiche a basse temperature in vari settori industriali. Tra i nostri interessi di ricerca c’è lo studio di batteri che degradano idrocarburi o pesticidi che possano essere utilizzati negli impianti di trattamento di acque e suoli contaminati anche nella stagione invernale quando le rese del processo di biotrattamento diminuiscono.
Un altro aspetto di interesse che esula da quello di pura conoscenza dei processi ecologici sui ghiacciai è il fatto che questi sistemi glaciali possono essere considerati degli analoghi di ambienti extraterrestri e quindi studiati in ambito di astrobiologia per comprendere quali possono essere i meccanismi adattativi della vita fuori dal pianeta Terra. Quello che stiamo cercando di capire e descrivere sono i meccanismi, dal livello cellulare al livello di comunità microbiche, che permettono una biodiversità così alta in ambienti così ostili. Sono anche questi studi di base ma, in una prospettiva a lungo termine, contribuiscono alla conoscenza necessaria per mantenere la vita in ambienti extraterrestri.
Cos’ha provato nel girare il cortometraggio, nel camminare e nell’entrare in un ghiacciaio?
(Nova) Realizzare questo documentario è stato particolarmente emozionante proprio per la possibilità di esplorare un ambiente che difficilmente, senza il supporto di professionisti, si sarebbe potuto conoscere. Girare il documentario a fianco dei ricercatori mi ha permesso di dare particolare significato all’attività di reportage proprio perché aveva l’obiettivo di far conoscere l’eccezionale lavoro fuori dall’ambiente accademico. Camminare all’interno del ghiacciaio è stata un’esperienza fortissima, a tratti calmante per la sua bellezza, a tratti leggermente angosciante per la consapevolezza di trovarsi in un ambiente tanto fragile e non particolarmente sicuro. Ammetto che dopo qualche minuto nella grotta glaciale più angusta, dopo aver strisciato tra le pareti di ghiaccio e trovandomi accovacciata con sopra la testa metri e metri di ghiacciaio, sono stata tra i primi a voler uscire dopo aver sentito il boato del ghiaccio che si muove. In generale è un’esperienza che difficilmente potrò dimenticare.
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