Il Papa del Sud del mondo: con Francesco la Chiesa non abita nei palazzi, ma nelle periferie globali
- Postato il 22 aprile 2025
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- Di Il Fatto Quotidiano
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La morte di Jorge Mario Bergoglio, papa Francesco, rappresenta non solo la conclusione di un pontificato eccezionale, ma anche il culmine di una fase profondamente trasformativa per la Chiesa cattolica nel XXI secolo. La sua elezione nel 2013 ha segnato diversi momenti storici: è stato il primo papa nato nelle Americhe, il primo gesuita a salire al soglio pontificio e il primo a scegliere il nome di Francesco, in esplicito riferimento al santo di Assisi, simbolo di povertà, pace e umiltà evangelica. Un Papa di frontiera tra il Sud globale e il Vaticano, tra la tradizione e la riforma, tra la parola dogmatica e il silenzio compassionevole. Portatore di una teologia intrisa nel riconoscimento dei limiti umani, l’apertura verso l’altro, la fede nell’incontro.
Fin dall’inizio del suo pontificato, Francesco ha manifestato la volontà di rompere con le strutture verticali del potere ecclesiastico, ponendo al centro del messaggio cristiano le periferie geografiche ed esistenziali. Questa vocazione alla decentralizzazione e alla riforma si è espressa con chiarezza nel suo rapporto con l’America Latina, non solo come regione geopolitica, ma anche come matrice culturale, sociale e spirituale. Tra il 2013 e il 2019, ha effettuato sette viaggi ufficiali in dieci paesi del continente, consolidando un’agenda incentrata sulla misericordia, sulla giustizia sociale e sulla cura dell’ambiente.
Il suo primo viaggio, pochi mesi dopo l’elezione, è stato in Brasile, dove ha presieduto la Giornata Mondiale della Gioventù a Rio de Janeiro. In quell’occasione, la sua figura ha suscitato un fervore popolare senza precedenti, rafforzando l’identificazione di Francesco come “il papa del popolo”. Nelle successive visite in Ecuador, Bolivia, Paraguay, Messico, Colombia, Cile, Perù e Panama, ha dato priorità al contatto con i settori marginalizzati: popoli indigeni, migranti, vittime di violenza e comunità rurali e urbane in situazione di povertà.
Uno degli episodi più emblematici è stato il Sinodo per l’Amazzonia, preceduto da una visita in Perù, dove ha incontrato rappresentanti delle popolazioni indigene. Un processo, strettamente legato all’enciclica Laudato Si’ (2015), dove ha introdotto nella dottrina ecclesiale una nuova sensibilità ecologica e sociale, riconoscendo l’importanza dei saperi ancestrali e denunciando l’estrattivismo e il degrado ambientale. In seguito, con Fratelli Tutti (2020), ha riaffermato il suo impegno per una fraternità universale, opponendosi alla logica dell’esclusione, della polarizzazione e della cultura dello scarto.
La dimensione geopolitica del suo pontificato ha affrontato anche momenti di tensione per la sua posizione nei confronti dei regimi autoritari in Venezuela e Nicaragua. Se da un lato ha inizialmente promosso il dialogo come strategia diplomatica, negli ultimi anni aveva adottato toni più duri, denunciando le dittature e le loro conseguenze devastanti. Un’attenzione particolare merita il suo rapporto con l’Argentina, suo paese natale, dove non ha mai compiuto una visita ufficiale, forse per evitare possibili strumentalizzazioni politiche.
Uno dei lasciti più significativi del suo pontificato in relazione all’America Latina è stato l’impulso alle canonizzazioni di figure strettamente legate alle lotte sociali del continente, attraverso le quali, Francesco ha promosso un modello di santità popolare, impegnata con i poveri, i popoli indigeni, i malati e i diritti umani.
Nel 2013 ha canonizzato María Laura Montoya (Colombia) e Guadalupe García Zavala (Messico), entrambe dedite al servizio dei più vulnerabili. Nel 2016 ha elevato agli altari il “cura gaucho” José Gabriel Brochero (Argentina) e il giovane martire José Sánchez del Río (Messico). Nel 2017 sono stati canonizzati i bambini martiri di Tlaxcala (Messico), uccisi nel XVI secolo per la loro fede. Nel 2018 ha canonizzato Óscar Arnulfo Romero (El Salvador), simbolo dell’impegno per la giustizia sociale, e Nazaria Ignacia March (Bolivia), fondatrice del primo sindacato operaio femminile del paese. Nel 2022 è stato canonizzato Artémides Zatti, salesiano italo-argentino, e nel 2024 María Antonia de Paz y Figueroa, conosciuta come Mama Antula, prima santa argentina nata in patria. Infine, Francesco ha approvato la canonizzazione del beato José Gregorio Hernández, “il medico dei poveri”, primo santo venezuelano.
Canonizzazioni che non sono stati semplici atti devozionali, ma gesti teologici e pastorali che riflettono una visione ecclesiale centrata sul popolo, sulla giustizia e sulla vita quotidiana delle maggioranze escluse. In esse, Francesco ha espresso il suo impegno per una Chiesa che non abita nei palazzi, ma nelle periferie, trovando nel servizio, nella tenerezza e nella resistenza i tratti più autentici della santità cristiana.
Il lascito di Francesco in America Latina è dunque quello di una Chiesa che torna a respirare con i polmoni del sud del Mondo, una Chiesa che si trasforma dal basso, ispirata dai clamori dei popoli che soffrono, resistono e sognano. Il suo pontificato lascia un’impronta indelebile nella storia della Chiesa e nella memoria spirituale del continente.
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