Il primo turno elettorale in Bolivia conferma il trend globale: non è la destra che vince, ma la sinistra che perde

  • Postato il 20 agosto 2025
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  • Di Il Fatto Quotidiano
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Nella sorpresa generale (per noi osservatori “occidentali”, non certo per i boliviani) il primo turno delle elezioni presidenziali di domenica 17 agosto in Bolivia – in pieno inverno per loro – è andato al candidato Rodrigo Paz, della Demócrata Cristiano, che ha ottenuto il 32%. Subito dietro l’ex presidente, leader della destra radicale, Jorge Tuto Quiroga, piazzato secondo al 27%. Fuori dai giochi per il secondo turno Andrónico Rodríguez, il candidato di sinistra che si è fermato all’8%.

Rodríguez è presidente del Senato e affiliato al MAS (Movimiento al Socialismo) di Evo Morales, pietra dello scandalo per le accuse di pedofilia che gli sono state rivolte, le quali hanno contribuito alla faida interna al Movimento coinvolgendo la popolazione civile, tra scontri con la polizia e manifestazioni anche violente che hanno visto contrapposti i due leader storici: Morales contro Luis Arce, ex ministro dell’Economia e attuale presidente della Bolivia da novembre 2020, dopo la cacciata e l’imprigionamento dei golpisti che avevano tenuto in pugno il Paese per un anno intero, mantenendo il potere per tutto il periodo della pandemia.

Ancora una volta, si conferma il trend globale: non è la destra che vince, ma la sinistra che perde.

Tra i due litiganti il terzo vince

Se il Movimento per il Socialismo perderà il potere, sarebbe la prima volta dopo 20 anni, e alla luce degli attuali risultati ciò avverrà inevitabilmente dopo il secondo turno del 19 ottobre.

Rodríguez ha fatto una severa autocritica a nome di tutta la parte politica che rappresenta: ”Abbiamo aperto il cammino ai nostri avversari politici, sbranandoci l’un con l’altro come nemici mortali, dimenticando che erano loro che dovevamo combattere. Il popolo ne soffrirà le conseguenze a lungo”.

Morales rimane tuttora confinato per ordine di Arce nel suo distretto di Cochabamba, in attesa del processo. Molti tra i suoi stessi compagni di partito lo ritengono moralmente responsabile del golpe di novembre 2019 per la sua testardaggine nel forzare la propria candidatura alle presidenziali di allora.

Per ottenere quello che sarebbe stato il suo quarto mandato, avrebbe tentato di modificare la Costituzione e, pur avendo perso un referendum a riguardo, si è presentato lo stesso; ciò ha compromesso non solo molti appoggi all’interno del Movimento, ma anche la solidarietà del suo gruppo etnico, il pueblo degli Aymaras, che in Bolivia, insieme ai Quechuas, costituiscono il 60% della popolazione.

Senza il voto degli indios, democristiani e conservatori non avrebbero mai vinto, considerando che i loro leader provengono perlopiù dai mestizos, gruppi etnici derivati dal ceppo europeo e asiatico che non superano il 15% in Bolivia, di carnagione tendenzialmente bianca e mulatta.

Sono per tradizione i gruppi che rappresentano la reazione e le élite di potere, che per la prima volta nella storia della Bolivia sono appoggiati dalle etnie indigene di maggioranza, il cui voto di protesta nei confronti dei propri leader simboleggia la delusione per il loro operato: infatti, dal ritorno al potere nel post pandemia, costoro non sono stati capaci di assicurare al popolo stabilità politica né tantomeno di ripristinare lo sviluppo economico del passato.

Ed è stato proprio il fattore E, al di là delle faide “sinistre”, quello determinante nella sconfitta elettorale. Il collasso economico, dovuto al calo dell’export del gas naturale e del petrolio, e una mostruosa inflazione – la più alta in 40 anni – che ha fatto lievitare i prezzi al consumo, svalutando il Boliviano (Bs, rimpiazza il vecchio peso) nei confronti del dollaro: adesso, cambiando 1,45 Us si ottengono 10 Bs, mentre 6 anni fa con la stessa somma si ricevevano meno di 7.

Ciò malgrado gli sforzi del banco boliviano per tenere in piedi la valuta, che ha mantenuto la propria stabilità nei confronti delle monete forti per oltre vent’anni.

Il salario minimo mensile ha tuttavia continuato ad aumentare ogni anno (+10% nel 2025, oltre a un 5% extra per gli operatori sanitari, gli insegnanti e i militari) ma il valore d’acquisto a causa del cambio sfavorevole e dell’inflazione è calato, una volta fissato a Bs 2.750 che equivalgono a Us 397 circa.

C’è poi da dire che gli imprenditori privati, soprattutto nel settore minerario, non sempre rispettano i parametri governativi, e alla débâcle elettorale del socialismo boliviano, hanno contribuito molto le alleanze strategiche tra gli imprenditori indigeni delle etnie di maggioranza con l’élite mestiza; per cui oggi non si guarda tanto al colore della pelle, bensì a quello dei soldi. Le vecchie barriere cadono, e la politica si fonde nel business. Il che, da che mondo è mondo, supera le differenze razziali, rafforzando invece quelle basate sul ceto sociale e sul conto in banca.

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Il Fatto Quotidiano

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