Il silenzio di Meloni su Trentini (a differenza di Cecilia Sala). Dai servizi alla Farnesina: il bisogno di sbloccare la trattativa

  • Postato il 11 giugno 2025
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  • Di Il Fatto Quotidiano
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La presidente del Consiglio Giorgia Meloni non ha mai citato pubblicamente il nome di Alberto Trentini. E quella all’inizio di aprile è stata l’unica chiamata fatta alla famiglia, non ne sono seguite altre. Il silenzio della premier pesa ancor di più dopo quasi sette mesi di detenzione nel carcere venezuelano de El Rodeo I, dove il cooperante si trova da novembre. “Scrivete, parlate di Alberto, perché quel qualcuno che non si è attivato a dovere sia motivato al fine di riportare Alberto a casa”, ha detto la madre di Alberto, Armanda Trentini Colusso, nella conferenza stampa che si è tenuta oggi, a Roma, al Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti, dove erano presenti anche l’avvocatessa della famiglia Alessandra Ballerini. “Ci avviciniamo ai sette mesi di prigionia, potete immaginare il dolore di una mamma e le notti insonni”, ha detto Colusso confidando ai presenti il timore del padre di Alberto “di non fare in tempo a vedere il ritorno del figlio“.

L’appello – “Pronunciare il nome di Alberto sarebbe molto importante”, ha detto Ballerini facendo riferimento alla presidente del Consiglio, “è vero che le trattative sono delicate”, e Trentini “è una moneta di scambio pregiata, penso che in sette mesi le trattative debbano arrivare a buon fine”. “Bisogna fare in fretta”, ha proseguito, aggiungendo che “Alberto non ha accuse, perché non ha colpe” ed è “merita di vedere ricambiata la solidarietà da lui praticata con gli ultimi”. L’avvocatessa ha anche ricordato la lettera recapitata qualche mese fa al presidente venezuelano Nicolas Maduro, nella quale si fa leva alla comune fede cattolica. Non manca nel frattempo il riconoscimento all’impegno dell’Intelligence e della Farnesina, e in particolar modo alla figura di Alfredo Mantovano che in questi mesi si è speso per il rilascio del cooperante. “Siamo qui per ripetere il nome di Alberto affinché entri nella coscienza degli italiani e ognuno si assuma le proprie responsabilità”, ha commentato don Luigi Ciotti, fondatore di Libera e Gruppo Abele, spiegando che “nominare qualcuno salva dall’oblio”. L’appello è stato ripreso anche dai deputati Pd Rachele Scarpa e Giuseppe Provenzano, che attendono di vedere autorizzata una loro missione a Caracas. “Il silenzio non può tradursi in inerzia” anche perché “Alberto rappresenta la parte migliore dell’Italia”.

Il precedente di Cecilia Sala – È vero: le leve della diplomazia si sono attivate, laddove necessario, come accaduto nel caso di Cecilia Sala, rilasciata a gennaio dopo 21 giorni di detenzione in Iran. Allora, tra fine dicembre 2024 e inizio gennaio, la premier si è spesa in prima persona per il ritorno della giornalista reclusa al carcere iraniano di Evin. Per Sala – che ha sostenuto la causa di Alberto, aderendo anche al digiuno a staffetta – Palazzo Chigi ha rotto il silenzio nove giorni dopo l’arresto, il 28 dicembre, dicendo che la premier era a lavoro per “riportare a casa” la giornalista. Allora gli ostacoli non sono mancati: Teheran chiedeva il rilascio dell’ingegnere Mohamed Abedini, fermato a Malpensa negli stessi giorni e per il quale gli Usa chiedevano l’estradizione. Ma la triangolazione è stata risolta dalla stessa Meloni si è recata a Mar-à-Lago il 5 gennaio, per chiedere a Trump il nulla osta sul rilascio su Abedini. Tre giorni dopo Sala è rientrata in Italia, a Ciampino, dove è stata ricevuta anche dalla premier. Potremmo dire che su Sala la premier ha fatto tutto ciò che doveva fare, e i familiari – anche dopo tanto tempo – auspicano un trattamento analogo verso Alberto.

La distanza verso Caracas – C’è senz’altro un collegamento tra il silenzio riservato dalla premier su Trentini e l’attenzione che Meloni ha da sempre dedicato alla crisi venezuelana. Tant’è che a fine ottobre 2024 ha ricevuto a Palazzo Chigi l’ex-candidato presidenziale per le opposizioni, Edmundo Gonzalez Urrutia, chiamandolo “presidente eletto” alle discusse presidenziali di qualche mese prima. Caracas è quindi ben presente sulla scrivania della premier, ed è probabile che il caso Trentini costringa a un ripensamento della posizione intransigente finora adottata nei confronti di Maduro. Ci si domanda quindi come non possa esserci un filo di dialogo con il Venezuela quando Roma intrattiene rapporti anche con Paesi che violano sistematicamente i diritti umani, come Libia ed Egitto. L’auspicio è quindi quello di superare l’attuale posizione di fermezza sulla scia di quanto già fatto dal sottosegretario degli Esteri, Edmondo Cirielli, che ha pubblicamente ringraziato Maduro per la liberazione di Oreste Alfredo Schiavo.

Snodi – Oltre ai canali istituzionali già aperti, c’è aspettativa anche nell’intervento della Santa Sede – in quanto la Chiesa è ben radicata a Caracase che Trentini venga nominato qualora l’Eni parli con il governo venezuelano. Si tratta di sbloccare la trattativa per Alberto, che dal 16 maggio non ha più richiamato casa. Nel frattempo le rappresentanze diplomatiche attendono ancora la visita consolare riferita a Ilfattoquotidiano.it da fonti di Caracas, che non si è ancora verificata. La via è quella indicata da Washington: il dialogo, mantenendosi allineati alle proprie posizioni, ma tutelando la vita di un concittadino.

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Il Fatto Quotidiano

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