In scena a Venezia “Il Poema della Vita Umana” di Aristide Sartorio
- Postato il 31 luglio 2025
- Arti Visive
- Di Artribune
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240 metri quadri di composizione pittorica abitano in maniera imponente il salone del secondo piano di Ca’ Pesaro, ritornato per l’occasione alla sua primigenia natura di spazio unico. Un ciclo di dipinti, realizzato per l’Esposizione Internazionale d’Arte di Venezia del 1907, su proposta di Antonio Fradeletto, segretario generale della Biennale, che in quattro monumentali scene rappresenta il Poema della vita Umana, secondo la visione di Aristide Sartorio (Roma,1860 – 1932), maestro del Simbolismo italiano, ovviamente approvata dal vate Gabriele D’Annunzio.
L’impresa titanica di Aristide Sartorio
Un’impresa titanica che Sartorio portò a termine, in un corpo a corpo con la tela durato soli nove mesi, in tempo per l’inaugurazione della VII Biennale. Capolavoro del Simbolismo, composto da 14 teleri che, nonostante le critiche, rimase allestito anche per l’edizione del 1909 e, dopo esser stato donato dal re Vittorio Emanuele III al museo di Ca’ Pesaro, fondato nel 1902 – a testimonianza dello stretto rapporto tra Biennale e Istituzioni – fu smontato nell’aprile del 1910 senza essere più esposto nella sua integrità. Oggi, restaurato, Il Poema della Vita Umana torna a rivivere in tutta la sua maestosa grandezza nella mostra curata da Matteo Piccolo, conservatore del museo e dalla direttrice Elisabetta Barisoni. Un progetto ambizioso, in cantiere da tempo, volto a restituire non solo il ciclo nella sua filologica completezza ma anche il contesto culturale in cui fu presentato; attraverso un percorso che, tra documenti e opere coeve, trasmette lo spirito del tempo, quel sogno simbolista che imperversava in Europa. Così oggi, sulla base dell’unica testimonianza fotografica, al centro del salone, proprio come nel Padiglione Italia della VII Biennale, troneggiano il Pensatore di Rodin e la Bagnante di Klinger.
Una mostra per restituire la giusta visibilità al capolavoro simbolista
Il Poema della Vita Umana, dopo oltre un secolo restituisce la giusta visibilità a un’opera monumentale ed estremamente colta. Sartorio, dando prova di una profonda preparazione, condensa in quattro scene i momenti salienti dell’esistenza umana. E, avvalendosi di un articolato repertorio di simboli e metafore, attinti tanto dalla tradizione classica, quanto da quella nordica e anglosassone, realizza un elaborato apparato iconografico che, privo di riferimenti temporali o sociali, volutamente collocato fuori dal tempo, riflette su questioni universali, come il mistero dell’animo umano, la potenza dell’inconscio, la vitalità dell’essere, in una dicotomia tra bene e male che permea l’intero ciclo.

L’attenzione alla tecnica di Aristide Sartorio tra velocità e coerenza espositiva
Da un punto di vista tecnico, l’artista sceglie l’encausto a freddo, una miscela di cera, acquaragia e olio di papavero che, da una parte gli consente di lavorare con rapidità; dall’altra, di conferire alle immagini qualità statuarie in linea con la mostra di scultura ospitata nel padiglione. Volume e spessore accentuati anche dalla gamma cromatica, solo superficialmente monocroma perché a ben vedere composta da infinite variazioni dei toni del grigio, del seppia e del tortora, nonché di disparate sfumature di bianco.





Il linguaggio di Aristide Sartorio non semplicemente didascalico ma simbolico
Come un colossale fregio marmoreo, le pitture scolpite a colpi di pennello di Sartorio si stagliano, oggi come allora, di fronte ai visitatori, con le quattro scene principali, inframmezzate dalle 10 lesene dal taglio verticale (di cui rimane incerta la disposizione originale), che acquistano complessità, sia dal punto di vista contenutistico che compositivo, con il procedere della narrazione. Dalla prima scena con La Luce, alquanto lineare e comprensibile, si procede con Le Tenebre, in cui si assiste a un aumento del turbinio delle figure che, numerose, popolano vorticosamente la composizione. Poi si arriva a L’amore, in cui il simbolismo è massimo, con riferimenti criptici ad Amore e Psiche e Himeros e Atropo; per terminare con La morte, ove il crescendo culmina nell’autoritratto dell’artista.
La dimensione della componente autobiografica nel maestoso ciclo
Una presenza, quella dell’artista sulla tela tutt’altro che casuale, implicita allusione alla componente autobiografica del ciclo; la cui tematica esistenziale, come si evince anche dai testi e dal carteggio con Fredeletto, amico e committente, se non in toto almeno in parte, è scaturita dalla sua vicenda personale, segnata dalla drammatica separazione dalla figlia ad opera della sua prima moglie. Tuttavia, se le lettere e gli scritti dell’artista, dal testo in catalogo, all’articolo su Il Secolo XX, sono preziosi per orientarsi nella decodificazione delle singole scene, il significato complessivo rimane tutt’ora sfuggente e misterioso. Per quanto risulti evidente come Sartorio, sulla base della sua esperienza personale e artistica, abbia voluto far emergere un’idea della vita come incessante lotta tra forze positive e negative.
Ludovica Palmieri
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L’articolo "In scena a Venezia “Il Poema della Vita Umana” di Aristide Sartorio " è apparso per la prima volta su Artribune®.