Israele-Iran, l’Occidente getta la maschera e si schiera compatto a difesa del gangster

  • Postato il 17 giugno 2025
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Netanyahu si conferma il principale pericolo per la pace in circolazione, promuovendo una nuova tappa della guerra mondiale attaccando l’Iran, con la piena consapevolezza ed appoggio da parte di Trump e degli Stati Uniti, senza i quali l’aggressione israeliana non sarebbe stata possibile. L’attacco è avvenuto in modo proditorio mentre erano in corso i negoziati sul nucleare, sgretolando in modo forse irrimediabile le garanzie internazionali in un campo nevralgico.

L’inconfessabile scopo di questa offensiva prontamente avallata dai complici internazionali di Netanyahu, con in testa anche Giorgia Meloni, è consentire la sopravvivenza del governo israeliano nonostante il crescente isolamento internazionale e il calo di consensi interno, e soprattutto continuare indisturbato il genocidio in atto da oltre venti mesi contro i Palestinesi. Questi ultimi vengono ora colpiti efferatamente usando le distribuzioni di cibo come esca.

Il genocidio procede col fattivo contributo delle Potenze occidentali, Italia compresa, che continuano a inondare di armi, munizioni e strumenti di morte il governo israeliano, per consentirgli di portare a termine nel migliore dei modi la sua “soluzione finale”. Forniture oggi impiegate contro uno Stato come l’Iran che si rivelerà probabilmente un osso ben più duro e la guerra durerà a lungo, mettendo a rischio la pace mondiale.

Stavolta non si tratta solo di macellare bambini indifesi ed è clamorosamente tramontato il mito dell’invulnerabilità israeliana. L’Occidente getta la maschera e si schiera compatto a difesa del gangster genocida di Tel Aviv, del suo diritto a continuare il genocidio e di essere l’unico legittimo detentore di armi nucleari in Medio Oriente. Si tratta di situazione di estremo pericolo che può degenerare rapidamente in conflitto mondiale, data la sempre più evidente complicità delle Potenze occidentali con Israele, si tratti di genocidio o di aggressione degli Stati confinanti.

Israele, in chiara difficoltà di fronte all’efficace risposta iraniana, spiana la strada alla generalizzazione del conflitto supplicando in modo petulante Trump di intervenire. Quest’ultimo non sa più che pesci pigliare e, in preda a spinte contraddittorie provenienti dall’amministrazione, sembra sempre più la caricatura di Biden e forse alla fine, soccombendo ai neocon, si piegherà ai voleri della scheggia impazzita che ha preso la guida dell’Impero proiettando il pianeta verso la catastrofe.

Il terrorista Netanyahu mette in pratica lo sterminio di quelle che egli considera razze inferiori. D’altro canto si tratta di uno sterminio che è nelle corde profonde di tutto il capitalismo occidentale, che vede solo nella guerra e nella morte di massa una possibilità di salvezza. Lo dimostra anche la vera e propria guerra ai migranti intrapresa da Trump su tutto il territorio statunitense, con punte particolarmente acute laddove, come in California, queste operazioni di deportazione di massa incontrano una resistenza, sia pure ancora flebile e disorganizzata.

Il capitalismo imperialista in crisi terminale ha del resto nella guerra il proprio brodo di coltura preferenziale. Per questo ci troviamo oggi di fronte a vari terreni di sperimentazione ineluttabilmente destinati a sfociare nella guerra generalizzata. Per questo le irresponsabili e criminali classi dirigenti europee, mentre si stringono senza vergogna attorno a Netanyahu, puntano sul riarmo trascinando inevitabilmente con sé anche le loro appendici più ipocrite ed esitanti, come quella italiana, dove la spinta al riarmo e alla guerra accomuna il governo delle destre e settori prevalenti, quantomeno a livelli più alti e decisionali, del Partito democratico.

L’unica strada per la salvezza e la sopravvivenza è quella che implica un’altrettanto totale trasformazione del sistema, col rovesciamento e la cacciata di élites corrotte e criminali, intente solo alla cura dei propri interessi. Il tempo che abbiamo non è molto. Ma occorre mettere in campo un programma politico basato sulla realizzazione del ripudio della guerra e sulla realizzazione degli interessi delle classi subalterne che costituiscono la stragrande maggioranza della società. Occorre per questo la massima chiarezza, nella consapevolezza che solo l’uscita dell’Italia dalla Nato e una politica estera radicalmente nuova basata su di un rapporto e cooperativo con la Cina e i Brics possono costituire autentiche ed effettive garanzie di pace, come pure di sviluppo sostenibile.

Al tempo stesso occorre guardarsi dal minoritarismo che porta inevitabilmente all’isolamento dei “duri e puri” perdendo la capacità di interloquire con larghe masse oggi inebetite, narcotizzate e sfiduciate, cone dimostrato anche dall’esito deludente dei referendum dell’8 e 9 giugno. Ci vuole peraltro chiarezza strategica sui contenuti che imolicano il rifiuto categorico della Nato e del nazisionismo. Non è più tempo di pacifismo generico e sconclusionato.

Con questo spirito autenticamente costruttivo e rivoluzionario dobbiamo accingerci alle prossime fondamentali scadenze di lotta, dallo sciopero generale promosso dall’Unione sindacale di base per il 20, alle manifestazioni del giorno successivo che dovranno a ogni costo svolgersi in modo unitario, dando espressione a un sentimento comune che è proprio del popolo italiano nel suo complesso, contrario a larghissima maggioranza a riarmo, guerra e genocidio.

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Il Fatto Quotidiano

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