La grande contraddizione del governo tedesco: i piani per contrastare la crisi climatica smentiti (e superati) da quelli sul riarmo

  • Postato il 28 luglio 2025
  • Ambiente
  • Di Il Fatto Quotidiano
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Il governo tedesco, pur proclamando l’impegno contro il riscaldamento terrestre, dà segnali contrastanti che ne fanno temere l’effettiva volontà di mantenere il traguardo dell’abbattimento dei gas serra nel 2030 e della piena neutralità climatica nel 2040. I piani del ministro dell’Ambiente Carsten Schneider (SPD) sono infatti contraddetti palesemente da quelli del ministro dell’Economia Katherina Reiche (CDU) ed anche dalla Baviera a guida CSU ci sono segni di abbandono degli impegni ambientali. Persino la nuova “Legge sull’accelerazione degli appalti della Bundeswehr“, esprimendo anche il principio che le forze armate vengano prima di tutto, farà sì che quando progetti di costruzione civile possano compromettere la difesa nazionale, come nel caso di parchi eolici che interferiscano potenzialmente con i radar di protezione aerea, le Bundeswehr potranno impedirne la costruzione. L’accordo stesso di governo in effetti afferma l’obiettivo di incentivare – seppure nell’ambito di una strategia di transizione – la costruzione di centrali elettriche a gas fino a 20 gigawatt di capacità entro il 2030. Tutto sta a vedere se sarà comunque un inizio nell’eliminazione graduale dell’uso del gas, o invece un lungo ponte, stante che per il ministro Reiche i 20 GW sono solo il minimo indispensabile, occorrono contratti di fornitura di gas a lungo termine, ed una verifica della realtà della transizione energetica.

L’Associazione tedesca per le energie rinnovabili (BEE) accusa: “Invece di creare un sistema progettato fin dall’inizio per le energie rinnovabili, stiamo minacciando nuove sovraccapacità … e un lock-in fossile con elevati costi economici”. Dato l’aumento dei prezzi della CO2, le centrali elettriche a gas fossile avrebbero solo un breve periodo di redditività, soprattutto quando non fossero in un secondo momento convertibili alla produzione di idrogeno. Nonostante l’accordo di coalizione parli di compensazione per i gruppi a basso reddito delle misure di protezione del clima (ad esempio, un leasing sociale per le auto elettriche) l’esecutivo tedesco è in ritardo anche nell’attuazione concreta del Fondo sociale per il clima dell’UE che avrebbe dovuto presentare a fine giugno. Nell’ottica di un indebolimento dei vincoli ambientali anche la Baviera a guida CSU ha già cancellato, sotto lo schermo della riduzione della burocrazia, l’obbligo di un rapporto periodico sulle misure a tutela del clima. Dal 2022, la legge bavarese sulla protezione del clima prevederebbe che il ministro dell’Ambiente del Land riferisca annualmente al governo sulla riduzione dei gas serra, ma come registra Greenpeace, se d’ora in poi i cittadini e il parlamento regionale non riceveranno più informazioni, non potranno nemmeno criticare il governo.

In uno studio globale dei costi totali medi per kilowattora per l’intera durata di vita di un impianto, l’Agenzia internazionale per le energie rinnovabili (IRENA) ha d’altronde registrato che ormai nel 91% dei progetti del 2024 sono state più convenienti le fonti rinnovabili delle fossili. In Germania occorrono per questo l’ampliamento degli impianti di stoccaggio e delle reti e Brigitte Knopf, vicepresidente del collegio di esperti chiamati a dare consulenza al governo federale in questioni ambientali, annovera al Governo Merz un dualismo fin dai suoi albori. Rispondendo alla ARD ha criticato i toni vaghi dell’accordo di coalizione che “non fornisce alcun impulso significativo per il raggiungimento degli obiettivi nel 2030”. Eppure il vicecancelliere Lars Klingbeil all’ultimo congresso della SPD ha sottolineato che “ciò che non investiamo oggi nella protezione del clima, lo pagheremo il doppio domani” ed a partire da quest’anno il Fondo per il Clima e la Trasformazione (KTF) riceverà altri 10 miliardi di euro all’anno dal fondo speciale di 500 miliardi per infrastrutture e clima finanziato con debito. Somme per sostenere le energie rinnovabili nel settore edilizio, la trasformazione dell’industria e la mobilità ecosostenibile. I Verdi denunciano d’altronde l’uso improprio del KTF per favorire anche le energie fossili, finanziandovi la cancellazione della tassa sullo stoccaggio del gas.

Il riscaldamento climatico non viene ignorato dall’esecutivo, ma si ha l’impressione generale che non vi sia data adeguata priorità. Non mancano tuttavia gli interventi: il ministro Schneider ha annunciato che aumenterà i finanziamenti per la “gestione forestale adattata al clima” di dieci milioni di euro, portandoli a 145 milioni all’anno per dieci anni. Secondo il rapporto sullo stato delle foreste dell’anno scorso, solo un albero su cinque è sano ed il traguardo è perciò di creare foreste miste ricche di specie diverse di latifoglie che possano resistere meglio all’aumento di temperature rispetto a quelle più diffuse di abeti rossi. Altro caposaldo del dicastero a guida socialdemocratica è integrare il sostegno finanziario per ricreare aree paludose e sostenere nei terreni contigui la coltivazione agricola di piante che proliferano con l’umidità, come le canne. Le torbiere contribuiscono infatti al clima immagazzinando una grande quantità di anidride carbonica. A questo progetto si affianca il programma di “Protezione naturale del clima nei Comuni” per la creazione e la manutenzione di spazi verdi per il quale nel 2025 sarebbero previsti 385 milioni.

Anche la Corte Internazionale di Giustizia dell’Aja (CIG) ha d’altronde appena dichiarato che un “ambiente pulito, sano e sostenibile” è un diritto umano ed il carattere vincolante dell’obiettivo di 1,5 gradi Celsius nella lotta al riscaldamento globale. Una perizia di oltre 500 pagine commissionata nel 2023 dall’Assemblea Generale dell’ONU, in esito alla richiesta delle isole Vanuatu e più di altri 130 Stati, che domandavano di statuire quali obblighi abbiano gli Stati per contrastare il cambiamento climatico e quali oneri debbano avere per aver contribuito a quest’ultimo. La Corte ha riconosciuto che il cambiamento climatico rappresenta una “minaccia universale e grave” per la comunità mondiale e ciò crea un obbligo per gli Stati, ai sensi del diritto internazionale, di adottare misure per frenarne l’avanzata. In realtà la CIG non può obbligare i singoli Stati ad intervenire, ma il tenore della pronuncia potrà comunque motivarli a maggiore attivismo.

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