La guerra dei dazi ha creato un nuovo miliardario americano nel settore minerario
- Postato il 11 agosto 2025
- Money
- Di Forbes Italia
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A luglio, il Dipartimento della Difesa ha compiuto una mossa insolita per un’agenzia federale statunitense acquistando 400 milioni di dollari in nuove azioni emesse, più warrant per comprare ulteriori titoli, della società mineraria di terre rare MP Materials. Come parte dell’accordo, il Pentagono ha anche firmato un contratto decennale per acquistare magneti di terre rare da MP Materials, destinati ad alimentare i futuri strumenti di guerra.
Il boom delle azioni MP Materials
Il governo federale si è rivolto a MP Materials perché l’azienda possiede l’unica miniera di terre rare degli Stati Uniti, situata nel sito di Mountain Pass, nel deserto del Mojave in California, dove estrae, raffina e separa materiali come neodimio e praseodimio. Questi elementi sono ingredienti essenziali per i magneti utilizzati in veicoli elettrici, droni, sistemi di difesa, robotica, turbine eoliche e altre tecnologie avanzate.
Le azioni di MP Materials sono salite del 150% dall’annuncio del Dipartimento della Difesa, facendo entrare il fondatore e ceo James Litinsky nel club dei miliardari. Il 47enne residente a Las Vegas ha oggi un patrimonio stimato in 1,2 miliardi di dollari, tra la sua quota dell’8% in MP Materials (valutata circa 1 miliardo alla chiusura di mercato di venerdì) e oltre 200 milioni in contanti e altri investimenti, secondo le stime di Forbes.
La storia di James Litinsky, ora miliardario
Litinsky, che non ha risposto alla richiesta di commento di Forbes sul suo patrimonio, non è il classico magnate minerario. Ha studiato economia a Yale e conseguito sia il J.D. sia l’M.B.A. alla Northwestern University, prima di lavorare presso il gigante degli investimenti Fortress Group e poi fondare il proprio hedge fund, JHL Capital, nel 2006. Nel 2014, la sua società ha acquistato obbligazioni distressed per 20,5 milioni di dollari emesse da Molycorp Minerals, il precedente proprietario del sito di Mountain Pass.
Tre anni dopo, durante la procedura di fallimento di Molycorp, ha trasformato quelle obbligazioni nella piena proprietà della miniera (che all’epoca era allagata e inattiva). Dopo aver ottenuto 50 milioni di dollari di finanziamento da un partner cinese e aver guidato un’operazione di bonifica durata 18 mesi, la neonata MP Materials ha avviato le operazioni minerarie nel 2018. Litinsky ha portato la società in Borsa nel 2020 attraverso una SPAC e la produzione è più che triplicata da quando sono iniziate le attività.
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La Cina e le terre rare
Mentre i dazi e la guerra commerciale di Trump sconvolgono le catene di approvvigionamento globali e fanno aumentare i prezzi al consumo negli Stati Uniti, MP Materials si trova in una posizione unica per trarre vantaggio dal caos, soprattutto dal crescente stallo tra Stati Uniti e Cina. Questo perché la Cina domina il commercio mondiale delle terre rare, lavorando il 90% dei metalli e producendo il 95% dei magneti ad alta resistenza; gli Stati Uniti importano quasi tutte le loro 7.000 tonnellate annue proprio dalla Cina.
Pechino ha usato la dipendenza statunitense dai suoi magneti di terre rare come una carta negoziale chiave nei colloqui con Trump. Dopo l’annuncio dei dazi del “Liberation Day” in aprile, la Cina ha iniziato a richiedere alle aziende straniere licenze di esportazione per i magneti, provocando una crisi per le società statunitensi. Secondo il Wall Street Journal, le esportazioni di magneti verso gli USA sono crollate del 59% su base annua in aprile e addirittura del 93% in maggio. Per MP Materials, il blocco ha spinto a un’impennata della domanda interna. “Un senso di urgenza così non l’avevo mai visto”, ha dichiarato Litinsky a Forbes ad aprile.
Il ruolo di Shenghe Resources
Ironia della sorte, Litinsky ha fatto affidamento proprio sui cinesi per avviare MP Materials e mantenerla operativa prima della guerra commerciale di Trump. Shenghe Resources, colosso delle terre rare con sede a Chengdu e parzialmente di proprietà del governo cinese, ha contribuito a finanziare l’offerta di JHL del 2017 acquistando 50 milioni di dollari di futuri concentrati di terre rare prodotti da MP Materials. Questi fondi hanno permesso di pagare la bonifica della miniera e nuovi investimenti in conto capitale, in cambio di una quota dell’8,4% della società, che Shenghe detiene tuttora (senza alcun coinvolgimento operativo e senza seggi in consiglio di amministrazione).
Shenghe è anche il suo principale cliente, rappresentando l’80% dei 204 milioni di dollari di ricavi dell’anno scorso. Ma la situazione sta cambiando rapidamente. Dopo il “Liberation Day” e le tariffe di ritorsione cinesi, MP Materials ha annunciato che smetterà di spedire i suoi prodotti in Cina per concentrarsi su altri acquirenti.
Lo sviluppo del business interno
Per affrancarsi dalla dipendenza dalla Cina, MP Materials deve continuare a integrarsi verticalmente. Oggi la raffineria di Mountain Pass lavora circa la metà dei minerali estratti dalla miniera vicina, ma sta ancora sviluppando capacità di raffinazione per i metalli strategici neodimio-praseodimio utilizzati nei magneti (l’investimento da 400 milioni del governo dovrebbe aiutare in tal senso). Più a valle, MP Materials ha costruito un impianto di produzione di magneti a Fort Worth, in Texas, già operativo e in procinto di avviare la produzione commerciale completa entro la fine dell’anno.
Insieme all’accordo con il Pentagono, la società ha annunciato la costruzione di un secondo impianto per magneti negli Stati Uniti, in una località ancora da svelare, grazie a un prestito bancario da 1 miliardo di dollari.
Tutto ciò è costoso, ma ancora più oneroso per MP Materials è stato il crollo dei prezzi delle terre rare negli ultimi due anni, che ha colpito duramente i conti. Dopo un utile record di 290 milioni di dollari nel 2022, MP Materials ha registrato un utile di 24 milioni nel 2023 e una perdita di 65 milioni l’anno scorso.
Il titolo in Borsa
Nonostante ciò, l’azienda rimane ben posizionata con 750 milioni di dollari di liquidità e equivalenti di cassa, un numero crescente di clienti statunitensi come General Motors e ora il sostegno del governo in un contesto di guerra commerciale sempre più intensa. Anche con il titolo ai massimi storici, sopra i 73 dollari per azione, sette analisti su 11 consigliano di acquistare, mentre i restanti quattro mantengono un giudizio di “Hold”.
Anche se Litinsky non ha una formazione formale in geologia o nel settore minerario, sa chiaramente riconoscere un buon investimento quando lo vede. Ha trasformato una scommessa da 20,5 milioni di dollari in obbligazioni distressed in una società dal valore di mercato di 13 miliardi di dollari, con un’importanza strategica per il suo Paese. “Se puoi acquistare un asset di livello mondiale a un prezzo inferiore al costo di sostituzione, nel punto più basso di un ciclo”, ha detto a Forbes l’anno scorso, “la fortuna ti trova”.
L’articolo La guerra dei dazi ha creato un nuovo miliardario americano nel settore minerario è tratto da Forbes Italia.