La storia di Leo Radvinsky, il miliardario di OnlyFans. Che ora vuole vendere

  • Postato il 13 agosto 2025
  • Money
  • Di Forbes Italia
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Articolo tratto dal numero di agosto 2025 di Forbes Italia. Abbonati!

Per essere il re Mida del porno, online è quasi un fantasma. Su internet circola una sola foto: braccia conserte, sorriso tranquillo, barba e capelli corti, una t-shirt qualunque. Cosa sappiamo di lui? Nato a Odessa 43 anni fa, emigrato da piccolo negli Stati Uniti, è cresciuto nei sobborghi di Chicago. Studente brillante: liceo, poi economia all’università, dove ha conosciuto la futura moglie, anche lei originaria dell’est Europa. Leo Radvinsky ha sempre avuto fiuto per il lato torbido del web. Nel 1999, minorenne, fondò la sua prima società con documenti firmati dalla madre: un network che prometteva l’accesso a password hackerate di siti porno. Portali dai nomi che richiamavano celebrità: Paris Hilton, Britney Spears, Jessica Simpson, Ben Affleck e così via. Cinque anni dopo lanciò MyFreeCams, una delle prime piattaforme di ‘camming’: ragazze in diretta che chattano e offrono spettacoli espliciti a pagamento.

Il re Mida del porno

Oggi Radvinsky ha un patrimonio miliardario, una pagina Wikipedia scarna e un sito internet personale con informazioni ridotte all’osso. Imprenditore, investitore, aspirante pilota di elicotteri. Ha anche una fondazione che dona a enti come il Memorial Sloan Kettering Cancer Center. Ma la fonte vera di ricchezza è il porno. Nel 2018 ha comprato il 75% di OnlyFans e lo ha spinto nell’hard, trasformandolo in una macchina da soldi. La piattaforma, fondata nel 2016 da un ricco inglese, è usata da oltre quattro milioni di creator, che caricano contenuti, e da più di 300 milioni di fan, che pagano per accedervi. Molto di questo materiale – non tutto – è di natura sessuale.

Il successo economico è stato strabiliante, ed è questa la grande novità portata da OnlyFans, di cui Radvinsky aveva intuito tutto il potenziale. Perché è vero che il porno ha invaso il web sin dagli albori, ma i maggiori siti hanno sempre faticato a monetizzare il loro traffico: si portano dietro uno stigma, i brand tendono a evitarli, dunque gli incassi pubblicitari sono modesti. Con OnlyFans il modello è diventato questo: far pagare gli iscritti per guardare i video, con costi aggiuntivi per contenuti su richiesta, merchandising, chat personalizzate. Chi crea contenuti può essere un sex worker professionista, ma anche una star del pop o una persona comune in vena di sperimentare. Il performer viene pagato da chi lo guarda, e c’è la sensazione, o l’illusione, di un rapporto più intimo e diretto. Radvinsky trattiene per sé una percentuale di questo scambio: circa il 20%, più o meno come Airbnb.

Quanto vale OnlyFans

Tutte le parti ci guadagnano. OnlyFans ha fatturato 1,3 miliardi di dollari nell’anno fiscale chiuso a novembre 2023. Il margine operativo è da fuoriclasse: 50% dei ricavi, più alto di giganti tech come Meta e Alphabet. Radvinsky e la moglie si sono trasferiti in Florida, prima in una villa da quasi 1.000 metri quadrati, poi in un attico con vista oceano da oltre 20 milioni di dollari. Ma anche i performer incassano assegni notevoli. Alcuni esempi: 2,3 milioni di euro per l’attrice hard Gemma McCourt, mentre la popstar Lily Allen dice di guadagnare di più con OnlyFans – dove pubblica foto dei suoi piedi – che con Spotify.

Bonnie Blue, una pornostar di Nottingham, si è messa in tasca fino a 250mila dollari al mese. Ma alcune sue performance sono state giudicate troppo estreme, così OnlyFans ha finito per cacciarla. È vero che Bonnie ha fatto sesso con più di 1.000 uomini in un giorno? Forse no. Ma ciò che conta è l’idea, il colpo a effetto, e quella processione di uomini in passamontagna, accolti a turno in una stanzetta, era surreale, comica e disturbante. In un’altra esibizione l’attrice aveva annunciato un evento dal titolo ‘Zoo di animali da compagnia’, in cui sarebbe rimasta nuda, legata dentro una teca di vetro, a disposizione di duemila uomini. “Questo è troppo”, deve aver pensato Radvinsky, che forse cerca di evitare controversie perché nel frattempo ha messo in vendita la sua creatura: per Onlyfans chiede 8 miliardi di dollari (Bonnie Blue, invece, ha semplicemente traslocato: ora pubblica su Fansly, piattaforma rivale, più flessibile e permissiva).

Gli ostacoli

Secondo molti il prezzo è decisamente conveniente: l’Economist ricorda che Airbnb e Uber sono valutate rispettivamente 33 e 50 volte i loro utili operativi; facendo una media tra i due, la valutazione di OnlyFans potrebbe aggirarsi intorno ai 28 miliardi. Ma trasferire i sex worker online è un affare delicato. C’è la concorrenza di altre piattaforme (Fansly, ad esempio, ha 130 milioni di utenti attivi); poi va garantita la sicurezza, cosa non sempre facile: OnlyFans si è beccata una multa di 1 milione di sterline dal garante dei media britannici per aver dato informazioni inesatte sul suo sistema di verifica dell’età.

E poi c’è la questione dei pagamenti: anche il lavoro su internet potrebbe essere associato a una forma di prostituzione. Il cosiddetto ‘modello nordico’, introdotto in Svezia nel 1999, criminalizza chi paga per il sesso, ma non chi lo offre; l’idea è ridurre la domanda colpendo i clienti piuttosto che le prostitute (considerate soggetti vulnerabili). Adesso la Svezia ha deciso di estendere questa normativa al mondo online: dal 1 luglio è illegale pagare per esibizioni erotiche in diretta su siti come OnlyFans e Fansly. I trasgressori rischiano fino a un anno di carcere, mentre la legge continua a non punire chi si esibisce.

Su OnlyFans, così come su Fansly, gli utenti possono accedere a tre livelli di servizi: contenuti standard disponibili tramite abbonamento; dirette in cui è possibile interagire e lasciare mance; contenuti personalizzati, creati su richiesta del singolo utente e pagati a parte, con tariffe che variano in base alla natura della richiesta. Gli ultimi due tipi di servizi sono quelli più remunerativi per i creator, ma sono anche quelli nel mirino della legge. I contenuti personalizzati, in cui si interagisce direttamente, verranno messi al bando.

Modelli a confronto

La domanda è: il modello nordico è davvero efficace? O cerca di regolare un mondo che non esiste? Il presupposto è che dietro la prostituzione ci sia sempre sfruttamento. Le associazioni di sex worker, però, sembrano in disaccordo con questo assunto. Di più: temono che il modello nordico finisca per peggiorare le cose. L’Alleanza europea per i diritti delle sex worker, ad esempio, sostiene che la nuova legge svedese “isolerà ulteriormente i lavoratori del sesso, soprattutto migranti e persone trans”. Secondo Yigit Aydin, esponente dell’organizzazione, oggi Onlyfans permette di “lavorare in modo indipendente, stabilire dei limiti ed evitare i rischi associati al lavoro di strada o di persona”. 

Dal 1999 l’esempio della Svezia ha attecchito in diversi altri paesi, come Norvegia, Islanda e Francia. Ora questi stati potrebbero seguire ancora il modello svedese, limitando questa volta piattaforme come Onlyfans. È giusto? Il lavoro digitale è tendenzialmente più sicuro della professione fisica. L’altra cosa evidente è che il sex worker non è sempre una vittima. Bonnie Blue si è comprata una Ferrari e svariati Rolex. Una prostituta che opera a Bruxelles racconta di ricevere due o tre clienti a settimana. “Alla fine, tutti siamo costretti a vendere qualcosa per vivere. Rispetto a fare la cameriera, questo mi dà più autonomia”.

Il Belgio, nel 2022, è stato il primo paese europeo a depenalizzare completamente il lavoro di natura sessuale. Molti dicono che sia questo il modello da seguire, invece che estendere il proibizionismo anche al web. Quanto a Onlyfans, nell’ultimo periodo cerca di incoraggiare materiale più ‘safe for work’. Collaborazioni con atleti, attori, comici. “Siamo uno spazio per adulti che vogliono esperienze da adulti. A volte questo include il porno. Ma spesso parliamo di sport, comicità, arti marziali”, ha detto la ceo della società, Keily Blair, ex avvocata esperta di privacy. Radvinsky si conferma astuto navigatore: una lustrata alla barca, prima di venderla.  

L’articolo La storia di Leo Radvinsky, il miliardario di OnlyFans. Che ora vuole vendere è tratto da Forbes Italia.

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Forbes Italia

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