La lettera di Bruxelles a Roma: “Il decreto Golden Power su Unicredit-Bpm viola il diritto dell’Ue”

  • Postato il 15 luglio 2025
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Il testo della lettera arrivata lunedì a Roma è cristallino: a Bruxelles non ci sono se e ma nella solenne bocciatura del Golden Power che il governo ha applicato a Unicredit per dare il via libera all’acquisizione del Banco Bpm. Fosse anche solo per una questione di comunicazione che non c’è stata e che, in base al diritto comunitario, avrebbe dovuto esserci. Poi ci sono le singole imposizioni che l’esecutivo ha dettato a Unicredit, che la Commissione demolisce una ad una nelle 56 pagine del documento pubblicato in esclusiva da Mf-Milano Finanza martedì 15 luglio. Certo, è “fatta salva la facoltà dell’Italia di fornire ulteriori spiegazioni plausibili”, ma in questa fase, si legge nella lettera, “la Commissione ritiene che la mancanza di una sufficiente motivazione sostanziale da parte del Decreto, nella sua forma attuale e date le informazioni attualmente disponibili, unitamente alla mancata risposta alla maggior parte delle questioni sollevate dalla Commissione con le autorità italiane, costituisca di per sé motivo di ragionevole dubbio sul fatto che la misura persegua effettivamente la tutela della pubblica sicurezza“.

Quindi da una parte c’è “un ragionevole dubbio sul fatto che il Decreto e gli obblighi mirino effettivamente a tutelare la pubblica sicurezza”, che è la motivazione con cui il dicastero Giorgetti giustifica e difende il provvedimento. Ma la pubblica sicurezza non è un concetto aleatorio nel diritto comunitario e “può essere invocata solo in caso di minaccia effettiva e sufficientemente grave ad un interesse fondamentale della società” che va dimostrata e analizzata, non basta nominarla. “Nel caso di specie, non vi è alcuna ragione apparente, alla luce degli elementi attualmente a disposizione della Commissione, per cui l’acquisizione di BPM da parte di UniCredit costituirebbe una minaccia reale e sufficientemente grave per un interesse fondamentale della società”. Poi se anche la minaccia fosse vera, dicono da Bruxelles, “su tale base, l’Italia avrebbe dovuto notificare preventivamente il Decreto alla Commissione e astenersi dall’imporre gli obblighi prima dell’approvazione della Commissione. L’Italia sembra pertanto aver violato gli obblighi procedurali di cui all’articolo 21(4) del Regolamento Concentrazioni”. Dall’altra ci sono le singole prescrizioni che sono state fatte a Unicredit in cambio del via libera all’acquisto di Bpm: la Commissione “ritiene in via preliminare, sulla base delle informazioni attualmente disponibili, che ciascuna delle Prescrizioni contenuta nel Decreto sia incompatibile con i principi generali e le altre disposizioni del diritto dell’Ue“.

Dal canto suo Roma non ha agevolato lo scioglimento dei dubbi, anzi. “La risposta dell’Italia alla richiesta di informazioni non fornisce la maggior parte dei chiarimenti richiesti. Di conseguenza, permangono delle incertezze sulle modalità di applicazione delle Prescrizioni. In particolare, la risposta non individua e spiega adeguatamente il modo in cui l’Operazione comporta un rischio per la sicurezza pubblica, né dimostra la compatibilità delle Prescrizioni con il diritto dell’Unione”, spiega il documento a proposito dei chiarimenti richiesti a Roma il 26 maggio scorso. Non va meglio se si entra nel merito delle singole imposizioni. Anche quella che riguarda la presenza di Unicredit in Russia.

Secondo Bruxelles la prima prescrizione, che imponeva a Unicredit di non ridurre per ben cinque anni il rapporto tra prestiti e depositi praticato dalle due banche in Italia, “costituisce una restrizione alla libera circolazione dei capitali, che non è giustificata nell’interesse della pubblica sicurezza”. Idem dicasi per l’obbligo di non ridurre il livello del portafoglio attuale di project finance di Banco Bpm e Unicredit in Italia e per quello di non modificare il peso attuale degli investimenti in titoli italiani di Anima Holding (il gestore di risparmi appena acquistato da Bpm) che contrasta anche con almeno un paio di direttive comunitarie in tema di investimenti. Quanto all’imposizione di uscire dalla Russia entro 9 mesi dalla data del decreto (18 aprile 2025), essa “costituisce una restrizione dei poteri di vigilanza attribuiti alla BCE”.

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Il Fatto Quotidiano

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