La nuova generazione artistica veneziana va in mostra a Trento
- Postato il 8 settembre 2025
- Arte Contemporanea
- Di Artribune
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La dimensione familiare come pretesto per un’indagine sull’animo umano fa da trait d’union tra le mostre che, alla Galleria Civica di Trento, pongono a confronto la produzione recente, e perlopiù inedita, di Nebojša Despotović (Belgrado, 1982) e Barbara De Vivi(Venezia, 1992). “I libri tratti dalla realtà non sono spesso che esili barlumi e schegge di quanto abbiamo visto e udito” scrive Natalia Ginzburg nell’avvertenza che precede il suo Lessico Familiare; lo stesso si potrebbe dire di questa doppia esposizione dove i due artisti, di diverse generazioni, ma provenienti dallo stesso atelier dell’Accademia di Belle Arti di Venezia, sviluppano una pittura intimista con l’utilizzo di luci acide artificiali e atmosfere alterate. Riecheggiano inoltre certe pose dei corpi abbandonati nel torpore di ambienti domestici che, tra ricordi deformati e identità sovrapposte, rivelano aspetti conturbanti della quotidianità.
Gli scenari domestici di Nebojša Despotović in mostra alla Galleria Civica di Trento
Nebojša Despotović con Tutte le nostre vite tesse un racconto che parte dalle più prossime relazioni personali per indagarne la natura e il ruolo nella costruzione di un’identità collettiva. Soggetti dall’aspetto alieno posano in un ambiente che sembra partecipare della loro carica emotiva. E così, presenze e oggetti risultano dotati di una medesima energia dai tratti ambigui e inquietanti. In opere come La misura sarà l’istinto (2025) e Where the Blue Begins (2024), una pittura materica dai toni lividi e funesti descrive realtà instabili che appaiono come evocate da un soggetto in atteggiamento riflessivo, mentre una seconda figura rivolge lo sguardo al visitatore chiamandolo a un confronto diretto.
Il grande polittico di Nebojša Despotović
L’artista ha realizzato appositamente per la mostra il grande polittico Nel giardino della mia vita (2025): si tratta dell’immagine di una casa che si apre per mostrare simultaneamente le varie stanze ricordando l’impostazione di una predella, mentre vibranti pennellate di colore desaturato rivelano la centralità del gesto nell’atto creativo. Chiudono il percorso espositivo tre autoritratti dell’autore in atteggiamento malinconico con una delle figlie, opere cariche di tensione emotiva che scavano nella complessità della relazione genitoriale, dove dipingere significa tracciare una connessione tra la sfera pubblica e quella privata.







Le controfigure emotive di Barbara De Vivi in mostra alla Galleria Civica di Trento
Due di due, il titolo della mostra di De Vivi preso in prestito dal romanzo di Andrea De Carlo, allude alla sovrapposizione e allo sdoppiamento delle figure che interessano alcuni lavori, oltre al modo in cui sono stati concepiti. Mediante pose interpretate dall’artista e rimesse in scena dalla sorella, un dialogo per immagini che le ha impegnate durante un periodo di lontananza. Non a caso nei titoli di diverse opere compare il termine “controfigura” che indica la possibilità di indagare determinati stati emotivi attraverso un altro corpo. Il tema del doppio si ritrova anche nella tecnica pittorica dell’artista, fatta di strati trasparenti che rendono i soggetti fantasmatici, colti in una serie di movimenti di cui non resta che una traccia sulla tela. Lo stesso accade nella lunga sequenza di immagini su carta, in un susseguirsi di possibili connessioni e crash visivi che simulano la rievocazione di memorie dove simboli religiosi si mescolano a frammenti di opere d’arte moderna e stilemi tipici delle immagini che circolano sui social network. Il formato allargato delle tele accoglie le figure sdraiate della serie Pressione (2025), termine che indica gli effetti del corpo sulla superficie ma anche una condizione emotiva. L’artista qui si riferisce, infatti, alle celebri fotografie di Jean-Martin Charcot con le pazienti della Salpêtrière colte tra estasi e isteria.
Alessandra Maccari
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