La pace in Ucraina è lontana: Trump sempre più sottomesso a Putin
- Postato il 26 agosto 2025
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- Di Il Fatto Quotidiano
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Purtroppo ogni giorno conferma come la “montagna” Trump non abbia partorito nemmeno un topolino sul cammino verso la pace tra Russia e Ucraina e i risultati dopo ben sette mesi siano esattamente inversamente proporzionali agli annunci, alle promesse, alla formidabile macchina della propaganda mediatica azionata instancabilmente sul nulla.
Tutta la montatura sul fantastico ed impensabile bilaterale ad Anchorage con applauso di benvenuto per Putin (tagliato dal video ufficiale), tappeto rosso e pseudo conferenza stampa inaugurata dal pistolotto dello zar su rapporti di buon vicinato, grandiosità imperiale russa, nefandezze di Biden vero responsabile della guerra ed infingardaggine dei “sabotatori” della pace europei, è servita solo all’ospitato per riaccreditarsi come capo assoluto di una potenza globale.
Per Trump è stata solo l’ennesima occasione per non portare a casa nulla, a cominciare dal cessate il fuoco, dato da settimane come certo anche se in formato sempre più ridotto, per dimostrarsi agli occhi della maggioranza degli americani sempre più sottomesso a Putin, cosa non gradita nemmeno a molti elettori repubblicani, per anticipare come poi si è di fatto evidenziato nel successivo vertice con i rappresentanti europei e Zelensky alla Casa Bianca, “interrotto” per colloquiare con l’amico Vladimir, che i risultati concreti sulle questioni cruciali sono praticamente inesistenti.
Poi, a seguire, la statura di capitan Fracassa che “ha concluso sei guerre”, annuncia roboanti ultimatum che diventano penultimatum il giorno successivo e stringenti sanzioni sempre rimandate si è confermata come la miglior garanzia per la Russia di temporeggiamento sine die, di opportunità per incrudelire ad libitum sulla popolazione civile, con aggressioni giornaliere quadruplicate rispetto all’estate scorsa, e di pianificare a piacimento l’offensiva che se non garantisce per ora lo sfondamento dà la possibilità all’armata di allargare gli attacchi.
Così giorno dopo giorno le garanzie di sicurezza per l’Ucraina da parte degli Usa diventano più evanescenti, il deal di Trump è sempre più sotto dettatura di Putin, i niet del Cremlino si ampliano inclusa la surreale bocciatura di qualsiasi “tutela” per Kiev che non includa il coinvolgimento della Russia e della Cina e magari, perché no, della Corea del Nord.
Ovvero Lavrov ha formalizzato la pretesa che aggressore e alleati debbano diventare “garanti” per la sicurezza del paese che hanno aggredito e che secondo le abitudini predatorie di Putin (vedi il repetita iuvant in Cecenia) potrebbe essere oggetto di una successiva invasione per completare il lavoro impedito dall’eroismo degli ucraini e dal sostegno di Usa (non trumpizzata) ed Europa.
E dopo tutta la finta disponibilità al “dialogo”, Mosca è ritornata a rifiutare l’incontro con Zelensky, dato per certo da Trump al vertice alla Casa Bianca, con la motivazione di rito dello “scioglimento propedeutico di tutti i nodi” e con la sostanziale negazione del riconoscimento di Zelensky presidente “illegittimo” che non può firmare un accordo e dell’Ucraina come nazione sovrana. Un incontro già abbastanza improbabile all’annuncio e che ora sembra sprofondare in una sospensione infinita.
E in quel “preferirei non esserci all’incontro tra Putin e Zelensky” non è difficile leggere un’intenzione, già emersa in precedenza, di tirarsi fuori dopo essersi fatto prendere in giro per mesi e avere consentito all’amico Vladimir fin dall’inizio di causare tutti i morti di cui in un raro momento di verità l’ha accusato, per un’exit strategy tardiva ma probabilmente meno rovinosa di un ulteriore coinvolgimento infruttuoso e dannoso, elettoralmente, in vista del voto di midterm.
In fondo è già riuscito nell’intento di trarre profitto dal sostegno militare all’Ucraina e di presentare il conto ai “profittatori” europei che comunque sono stati richiamati senza possibilità di tergiversare o dividersi alle loro ineludibili responsabilità.
E che dovrebbero aver capito finalmente che è tempo, anche passato, di mettere mano alla regolamentazione del voto europeo che in una simile situazione di emergenza non può essere più all’unanimità per evitare da subito che le quinte colonne di Putin, Orban in primis, impediscano l’entrata di Kiev nell’Ue e, magari, per liberarsi dei figuri che vogliono distruggere definitivamente l’Europa.
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