La riforma Valditara sulla maturità nasce già vecchia
- Postato il 31 ottobre 2025
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- Di Il Fatto Quotidiano
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Noi boomer, oltre ad essere responsabili di tutto, siamo anche un po’ disorientati perché non sappiamo mai se i cambiamenti che la politica ci impone siano un passo avanti oppure uno indietro. Quello che a volte è spacciato per nuovo non è altro che una riedizione, in versione peggiorata, del vecchio.
Ho pensato a questo mentre i quotidiani ci informavano sul nuovo esame di fine ciclo delle superiori voluto da Valditara, e approvato dal Parlamento. La sua riformina è tutto fuorché nuova. C’è una frenesia del fare che è molto sospetta e che comunque non porta da nessuna parte se non alla restaurazione.
Si torna intanto all’antico, e precisamente all’anno 2000, per quanto riguarda la denominazione. Il ministro Berlinguer aveva tolto ogni seduzione moraleggiante alla prova finale riprendendo la dicitura dell’art. 33 della Costituzione, secondo la quale: “È prescritto un esame di Stato per l’ammissione ai vari ordini e gradi di scuole o per la conclusione di essi”. L’espressione Esame di Stato è un po’ fredda, ma corretta. Valditara ha deciso di rispolverare la vecchia definizione di esame di maturità, ritornando all’espressione introdotta dalla riforma fascista di Gentile con il Regio Decreto 1054 del 1923, art. 71. Un bel passo indietro nel tempo.
Ma questo è un aspetto estetico di importanza minore, che però dimostra come le scorie dell’ideologia del Ventennio siano ancora ben presenti.
L’aspetto sostanziale, per quanto riguarda il ritorno all’antico, è la riduzione a quattro delle materie della prova orale. Anche quando il sottoscritto ha sostenuto l’esame di maturità, ormai molti decenni fa, le materie erano quattro. Quindi si è tornati decisamente indietro nel formato dell’esame. In realtà, all’epoca, l’esame poi veniva sostenuto all’orale su due sole materie, una scelta dal candidato e una dalla commissione il giorno prima.
Perché questo sistema delle materie ridotte è stato superato? Per una ragione evidente che forse al ministro è sfuggita. A gennaio, con l’uscita delle materie d’esame, tutte le altre passavano in secondo piano. E questo era inevitabile. Lo stesso effetto negativo si verificherà l’anno prossimo, quando il 50% delle materie verrà a metà anno, di fatto, accantonato per far posto a quelle d’esame.
Questa riduzione renderà più serio e meritocratico l’esame finale come sostiene Valditara? Ho i miei fondati dubbi, perché i suoi difetti sono ben noti e già ampiamente sperimentati.
Sulla riduzione dei commissari, da sei a quattro, non saprei cosa dire dal punto di vista didattico, ma anche qui si torna all’antico per la parte finanziaria. La riduzione dei commissari non è motivata da ragioni didattiche, ma di bilancio. Si riduce il loro numero perché si vuole tagliare la spesa scolastica. Mi sarei francamente aspettato da un ministro che ama la meritocrazia una ventata di severità con tutti i commissari esterni. Il ritorno a una situazione di questo tipo avrebbe dato certamente più credibilità alla prova finale per tanti motivi.
Noto che a suo suo tempo i commissari esterni vennero ridotti perché costavano troppo, e quindi ancora una scelta di bilancio del tutto slegata dalle necessità didattiche. Diciamo che la composizione della commissione segue le contingenze economiche.
Proprio per dare un senso di novità a qualcosa che nasce vecchio e frusto, il ministro ha previsto dei fondi per l’attività di formazione dei nuovi commissari. Qui credo che veramente si sfiori il ridicolo, e che ai vertici del ministero manchi il minimo senso di realtà. Veramente il ministro attuale pensa che insegnanti che hanno alle spalle venti e più anni di servizio debbano essere formati per correggere uno scritto e assistere collegialmente ad una prova orale?
In questo modo il ministro dimostra di essere realmente offensivo nei confronti della professionalità dei docenti. Poi, se vi erano dei fondi, questi potevano essere utilmente usati per aumentare la diaria dei docenti commissari, veramente bassissima.
Non manca nemmeno un granello di populismo scolastico per ingraziarsi le famiglie. Nel formulare il voto finale la Commissione oggi ha a disposizione un bonus ulteriore di 3 punti, slegato dalle prove. Questo bonus scatta quando il candidato raggiunge quota 97. Si tratta quindi di una utile forma di flessibilità. Il nuovo esame di maturità di Valditara abbassa la soglia per il bonus a 90 punti. È questa la meritocrazia di Valditara, drogare un pochino il voto finale?
C’è da scommettere che questo nuovo bonus Valditara verrà ampiamente usato e i voti dei nostri maturati avranno una spintina in più al rialzo grazie alla destra nostrana.
Da ultimo, assisteremo ancora alle contestazioni degli studenti che con il loro silenzio all’orale pensano, velleitariamente, di bocciare la scuola italiana? Il ministro dice di no. Vedremo cosa sortirà la creatività dei nostri giovani. In fondo, per contestare la scuola superiore nella prova orale non serve solo il silenzio, ma lo studente può dire, ad esempio, che Gabriele D’Annunzio era un estetista o amenità del genere che mi è realmente capitato di sentire. Allora erano simpatici svarioni dovuti all’emozione o all’ignoranza, ora possono essere atti di contestazione. Forse vedremo i social pieni di istruzioni per queste perle dell’esame di maturità.
Gli esami di maturità severissimi del dopoguerra sono stati giustamente demoliti dal ’68. Ogni forma di esame finale ha i suoi pregi e i suoi difetti. Non esiste il format ideale ma solo quello coerente con delle precise finalità. Solamente non si dica, ipocritamente, che la riformina Valditara ridarà all’Esame di Stato una mitica serietà perduta.
La scuola italiana è già molto seria, qualunque significato diamo al termine, e se a volte non raggiunge i suoi fini è perché i governi, compreso quello Meloni, hanno continuamente tagliato le risorse. Se si vuole un reale cambiamento è lì che bisogna intervenire. Questa riformina della maturità avrebbe potuto anche aspettare perché nasce vecchia e non cambia proprio nulla.
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