La sentenza di Ancona restituisce alle vittime di stupro la fiducia nella giustizia
- Postato il 22 ottobre 2025
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- Di Il Fatto Quotidiano
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La Corte d’Appello di Ancona ha condannato un venticinquenne maceratese per lo stupro di una ragazza che all’epoca dei fatti, il 2019, era minorenne. Il tribunale di Macerata nel 2022 aveva assolto l’imputato “perché il fatto non costituisce reato”. La notizia sull’udienza davanti alla Corte d’Appello di Ancona, ieri si è diffusa rapidamente tra attiviste e avvocate dei Centri antiviolenza, dopo la pubblicazione di alcuni stralci della sentenza di primo grado.
E’ evidente che i miti sulla violenza sessuale sono talmente persistenti che continuano ad essere inseriti nelle motivazioni di alcune sentenze. La senatrice Valeria Valente ha chiesto che sia fatta “una legge sul consenso subito”. Laura Boldrini è promotrice di una proposta di legge, la 1693, che sposterebbe il focus del reato dalla costrizione violenta alla mancanza di consenso della vittima. Ne ho scritto un mese fa, dopo la propalazione di fake news che attribuivano a Boldrini, l’intenzione di obbligare partner sessuali alla firma di un contratto per sancire il consenso. Una bufala, insomma. Al di là del confronto sulla necessità di modificare la legge 609 bis sulla violenza sessuale, nel quale non c’è unanimità di pensiero tra le attiviste, c’è soprattutto una questione aperta che, come dichiara la senatrice Valente: “Non è solo una questione di diritto. E’ una questione di sguardo: di come il diritto, la giustizia e le istituzioni continuano ad essere pensati e praticati a partire da un punto di vista maschile che si presenta come neutro ma non lo è”.
I passaggi della sentenza maggiormente criticati sono stati questi: “….non aveva in alcun modo opposto resistenza, né invocato aiuto, gridato”, “non aveva cercato di sottrarsi ad esempio aprendo la portiera posteriore, pur potendolo fare tranquillamente, così da scendere dal veicolo prima che l’imputato l’avesse – a suo dire bloccata” ; “era rimasta in compagnia dell’imputato, accettando di accomodarsi sul sedile posteriore dell’autovettura e qui di scambiarsi effusioni amorose con lui, senza manifestare sino a quel momento alcuna contrarietà, nonostante fosse evidente a chiunque che fossero giunti in quel posto proprio a tale scopo (si rammenta che… per sua stessa ammissione aveva già avuto rapporti sessuali completi e usava la pillola anticoncezionale; dunque, era in condizione di immaginarsi i possibili sviluppi della situazione)”.
L’avvocata Clarice Carassi, presidente di Trama di Terre e consigliera del Coordinamento dei Centri antiviolenza dell’Emilia Romagna ha commentato questa sentenza criticando la persistenza del mito dello stupro: “Si ricalca in particolare lo stereotipo della “vittima perfetta” alimentato dal cosiddetto mito dello stupro, che introduce aspettative diffuse e radicate sui caratteri personali e comportamentali della vittima di uno stupro e quando quindi può considerarsi credibile: nel mito dello stupro la vittima urla, piange, si difende con tutte le proprie forze e denuncia immediatamente. Nel mito dello stupro, la vittima è bella, è vestita in un certo modo, è sobria, non ha avuto molti uomini nel proprio passato e non si trova in certi posti a determinate ore della notte. La vittima ideale di stupro, per essere credibile e creduta, deve corrispondere dunque all’idea e al ruolo che alla donna è stato assegnato dentro un preciso sistema di potere: il patriarcato”.
L’ampia letteratura scientifica sul trauma spiega in maniera esaustiva, i motivi che causano tanatosi o freezing durante un’aggressione sessuale. Le vittime di stupro non urlano, non si oppongono, restano in una situazione di congelamento fisico e psicologico e allora dobbiamo chiederci come mai, nei tribunali italiani, questo dato scientifico non viene preso in considerazione? L’altra considerazione dei giudici di primo grado, fortemente criticabile, è quella che riguarda le precedenti esperienze sessuali della vittima che avrebbe dovuto immaginare (o accettare preventivamente?) che quel ragazzo le avrebbe chiesto un rapporto sessuale.
Scrive Fabio Maria Galliani, avvocato di parte civile della vittima: “Non vi può essere un ritorno al vis grata puellae. E’ pacifico che il libero consenso all’atto sessuale non può essere dedotto dal fatto che la vittima non abbia opposto una efficace resistenza all’aggressore, essendo irrilevanti sia l’assenza di lesioni personali sul corpo della vittima, sia il comportamento remissivo successivo all’abuso, in considerazione del fatto che la vittima non abbia opposto una efficace resistenza all’aggressore…non è la violenza ma il consenso che caratterizza il reato di violenza sessuale come peraltro ribadito dalla Cedu”.
Da diversi anni, l’orientamento della Corte di Cassazione è quello di considerare reato “non soltanto la condotta invasiva della sfera della libertà ed integrità sessuale altrui realizzata in presenza di una manifestazione di dissenso della vittima, ma anche quella posta in essere in assenza del consenso, non espresso neppure in forma tacita, della persona offesa, come nel caso in cui la stessa non abbia consapevolezza della materialità degli atti compiuti sulla sua persona” (ordinanza 19599 del 19 aprile 2023).
Una donna non è obbligata a cedere a priori il proprio consenso e se sceglie di entrare in intimità con un uomo, sulla base del proprio desiderio, può decidere se e fino a che punto portare avanti il rapporto sessuale. È un concetto semplice, persino banale: le donne sono soggetti con volontà e desideri, eppure la loro testimonianza fatica ad essere accolta e validata nei tribunali nonostante le ricerche statistiche sul femminicidio (che comprende ogni forma di violenza, anche quella sessuale) ci dicano quanto sia diffusa e sommersa la violenza contro le donne.
Di ordinanza in ordinanza della Cassazione, e di appello in appello, il cambiamento culturale si fa evidente nonostante le resistenze di alcuni magistrati che restano ancorati a pregiudizi. La sentenza della Corte d’Appello restituisce alle vittime di stupro la fiducia nella giustizia.
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