L’attacco alla Freedom Flotilla è la solita strategia di Israele: colpire contando sull’impunità internazionale

  • Postato il 7 maggio 2025
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L’attacco israeliano alla Freedom Flotilla, avvenuto in acque internazionali vicino a Malta, non è né un’eccezione, né un fatto più grave di ciò che è successo finora. È una continuazione. È semplicemente l’ennesima dimostrazione di una strategia che Israele persegue da sempre: colpire obiettivi civili, umanitari e internazionali non solo per fare la guerra a palestinesi, libanesi, siriani, yemeniti e iraniani, ma per mandare un messaggio preciso alla comunità internazionale. Sta dicendo: “Possiamo colpire chi vogliamo, ovunque, e non ci sarà alcuna conseguenza”.

Non è mai stata solo una guerra contro chi vuole aiutare i palestinesi. È sempre stata anche una guerra contro la legge internazionale.

Questa volta è stata la Freedom Flotilla. Ieri l’ospedale battista Al Ahli a Gaza. Come ha spiegato il dottor Ghassan Abu Sitta in un’intervista in arabo a Legal Agenda, quell’attacco, il primo – contro una struttura britannica – è stato un test: un modo per capire quanto il mondo gli avrebbe permesso. La risposta è arrivata subito, con i media mainstream occidentali che hanno rilanciato la prima versione dell’esercito israeliano senza neanche pensare di effettuare verifiche. E così Israele ha capito di poter andare avanti. Ha potuto colpire tutti gli altri ospedali, le agenzie Onu, le Ong, gli operatori umanitari e gli attivisti internazionali.

E tutto ciò non è nuovo. Israele lo ha sempre fatto.

Quando, nel 2003, Israele ha ucciso brutalmente Rachel Corrie, cittadina statunitense travolta da un bulldozer mentre cercava di impedire la demolizione di case palestinesi a Rafah, cosa hanno fatto gli Stati Uniti? Nulla. Quando operatori di Medici Senza Frontiere o della World Central Kitchen sono stati assassinati mentre svolgevano il loro lavoro, qual è stata la risposta degli Stati di cui erano cittadini? Nessuna azione concreta.

La verità è che Israele, prima del 7 ottobre 2023 e anche dopo, ha sempre agito così: colpendo anche obiettivi internazionali per dimostrare che può farlo, che le leggi non si applicano a lui. E nel momento in cui queste violazioni non vengono mai punite, è perfino logico – dal punto di vista israeliano – considerare assurde le critiche. È normale che Tel Aviv veda una contraddizione nel fatto che oggi qualcuno si scandalizzi. Non è forse stato tollerato tutto finora?

La Freedom Flotilla si trovava vicino a Malta. Secondo il diritto marittimo e le convenzioni internazionali, Malta avrebbe avuto l’obbligo di intervenire per garantire la sicurezza dell’equipaggio civile. L’ha fatto? No.

Se finora ogni crimine è rimasto impunito, cosa ci aspettiamo esattamente che cambi? L’impunità non è una conseguenza, ma una causa. È parte integrante della strategia israeliana.

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Il Fatto Quotidiano

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