Le armi di Acquappesa: a chi servivano? Chi era il bersaglio?
- Postato il 11 luglio 2025
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Il Quotidiano del Sud
Le armi di Acquappesa: a chi servivano? Chi era il bersaglio?
SI AVVERTE forte preoccupazione nei corridoi della Procura di Paola per l’indagine che ha portato alla scoperta, ad Acquappesa, di 35 armi da fuoco (mitra, fucili, pistole, caricatori per kalashnikov) più un bel po’ di coltelli, e che può essere considerata un successo per il gruppo di magistrati inquirenti guidato da Domenico Fiordalisi e per gli uomini del Gico della Guardia di Finanza (LEGGI LA NOTIZIA). Ma adesso, tutti si chiedono la provenienza e il possibile utilizzo di questi oggetti atti a uccidere. Soprattutto perché, in un borsone verde rinvenuto nello studio del perito balistico Fernando Mancino (e del fratello Vincenzo, scomparso nel 2022), c’erano due mitra puliti, oliati e caricati per l’uso. Mancino ha detto agli inquirenti di non saperne nulla. Vera o falsa che sia la sua affermazione, resta il fatto che qualcuno aveva preparato questa borsa e, forse, qualcuno era pronto a “ritirarla” per poi utilizzare il suo pericolosissimo contenuto? Ci saranno eventuali arresti in seguito alla scoperta delle armi di via Marina ad Acquappesa? E potrebbero nascere altre indagini dal ritrovamento? Ogni mitra, ogni fucile, ogni pistola, infatti, potrebbe condurre a qualche delitto commesso a Cetraro e dintorni e mai risolto.
Al procuratore Fiordalisi abbiamo chiesto a chi potessero servire quei mitra e chi potesse essere l’eventuale obiettivo dei killer che, eventualmente, si accingevano a usarle. Il magistrato responsabile della Procura di Paola abbassa gli occhi e non risponde a questa domanda. Ma fra le ipotesi che si possono prendere in considerazione, ci sono recenti fatti accaduti a Cetraro, vicino ad Acquappesa, che hanno portato a scoprire importanti giri di usura e altri reati: forse, qualcuno, con quelle armi, stava pensando a vendicarsi per l’attenzione suscitata intorno a quei fatti e soprattutto per la recente rottura del muro di omertà che li aveva sempre circondati?
La storia più vicina nel tempo (e anche più pesante) è quella dell’imprenditore Francesco Occhiuzzi, per lungo tempo attivo nel mondo dello spettacolo e della ristorazione e, per quasi 30 anni prigioniero del mostro dell’usura e delle persone che, nel 1998, gli avevano prestato i dieci milioni di lire (equivalenti a 5mila euro) che gli mancavano per organizzare una serie di eventi. In una toccante intervista al caporedattore del TgR Calabria, Riccardo Giacoia, Occhiuzzi ha raccontato il suo calvario. In venticinque anni, l’imprenditore è stato costretto a restituire 1,4 milioni di euro, oltre trecento volte la somma che gli era stata prestata. Alla fine del 2024, Occhiuzzi non ce l’ha più fatta e ha provato a spiegarlo ai suoi aguzzini: «Sono andato a casa loro e gli ho detto che non avevo più un euro. Finito… E che non avrei più potuto pagare. L’usuraio mi prese a schiaffi e cercò addirittura di strangolarmi. In quel momento sperai quasi di morire». Occhiuzzi se l’è cavata e, questa volta è andato dritto in Procura a Paola a denunciare gli usurai. L’imprenditore ha raccontato più volte di aver trovato comprensione e aiuto (anche umano) dal procuratore Fiordalisi. Grazie alla sua denuncia è stata arrestata una coppia di Cetraro, Franco Pinto e Cinzia Maritato. Occhiuzzi ha raccontato di essersi sentito finalmente una persona libera, sensazione che non assaporava da 27 anni. Chiaramente, l’imprenditore è diventato un nemico giurato del mondo dei cravattari che, a Cetraro, fanno capo alla cosca locale di Franco Muto.
Franco Pinto (attualmente in prigione come la moglie) ha collaborato spesso in passato con personaggi come Luceri Delfino, vicini al clan dei Muto. Lo stesso Pinto ha una condanna per estorsione ed era famoso perché, con la sua barca intralciava i lavori della tonnara di Cetraro e chiedeva il pizzo ai pescatori. Insomma, Occhiuzzi, con la sua denuncia si è fatto molti nemici. Pinto e sua moglie sono in carcere, ma altri potrebbero aver pensato di fargli del male. Le armi nel borsone sono lì a dimostrarlo. Gli stessi uomini della scorta dell’imprenditore sono più preoccupati e guardinghi del solito. E la Procura si sta dando da fare per accelerare l’iter che dovrebbe far entrare Occhiuzzi nel programma di protezione dei testimoni.
Il Quotidiano del Sud.
Le armi di Acquappesa: a chi servivano? Chi era il bersaglio?