L’energia come passe-partout. Huawei torna nei corridoi di Bruxelles
- Postato il 10 ottobre 2025
- Verde E Blu
- Di Formiche
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Fino a qualche tempo fa considerata “non grata” a Bruxelles, bandita dal Parlamento europeo, esclusa dagli incontri con la Commissione e travolta da un’indagine per corruzione e cash-for-influence, oggi torna a orbitare attorno ai tavoli che disegnano il futuro energetico dell’Europa. Huawei è di nuovo dentro SolarPower Europe, la più influente associazione europea del settore fotovoltaico e riguardo le politiche energetiche dell’Unione. A distanza di pochi mesi dalla sua esclusione, dovuta a scandali corruttivi e timori riguardanti l’integrità dei procedimenti politici e decisionali di Bruxelles, Huawei è stata riammessa, riporta Politico, come membro “passivo”.
Un ritorno regolato?
Le condizioni sono precise e il rientro apparentemente perimetrato. Huawei non potrà partecipare ai gruppi di lavoro o ai comitati di advocacy e resterà formalmente esclusa dai processi decisionali che influenzano le posizioni ufficiali della lobby verso le istituzioni comunitarie.
Tuttavia, la presenza stessa del gruppo cinese, anche in forma passiva, solleva interrogativi sulla tenuta del quadro regolatorio che vieta ai funzionari della Commissione di incontrare rappresentanti o soggetti che operano per conto di Huawei. E la decisione, apparentemente tecnica e chirurgica, solleva interrogativi sulla complessa gestione del rapporto tra Bruxelles e Pechino e sul difficile bilanciamento tra sicurezza, autonomia strategica e cooperazione industriale in un settore, quello energetico, ormai parte integrante della sicurezza nazionale e dell’autonomia strategica europea.
L’interruttore d’Europa
Huawei è nota ai più per le telecomunicazioni, ma nel settore energetico europeo detiene il 65% del mercato degli inverter, i dispositivi che trasformano l’energia solare in elettricità di rete. Ovvero il cuore pulsante delle infrastrutture fotovoltaiche.
Diversi centri di ricerca europei, tra cui il Uceeb di Praga, avvertono che questi dispositivi potrebbero essere porte d’accesso per attacchi remoti. In altre parole, chi detiene questi dispositivi e conosce anche le politiche che regolano il loro utilizzo, a livello europeo e nazionale, potrebbe spegnere da remoto la luce all’Europa, lasciandola al buio.
Huawei nega ogni rischio, parla di “zero tolleranza per la corruzione” e di “standard di sicurezza senza pari”. Ma i dati raccontano una storia diversa, come conferma Politico, con legami diretti con membri del board di SolarPower, il continuo finanziamento di eventi o progetti dell’associazione, anche attraverso sponsorizzazioni. Un’influenza silenziosa che continua a crescere e soffiare nella direzione desiderata.
La riabilitazione del colosso cinese in sede europea, nel mentre, rischia di minare la credibilità delle istituzioni comunitarie, oltre che la sicurezza e l’integrità dei loro processi.
Il rischio