“L’energia pulita non serve senza decrescita. I giovani non l’hanno capito, le associazioni sono in crisi”: la provocazione di un ambientalista
- Postato il 6 maggio 2025
- Ambiente
- Di Il Fatto Quotidiano
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“A combattere per l’ambiente? Restano i comitati o le popolazioni locali (Val Susa insegna). Credo poco invece in movimenti giovanili come i Fridays for Future o gli Extiction Rebellion, perché ho l’impressione che vogliano perpetuare questo modello di sviluppo semplicemente cambiando le fonti di approvvigionamento energetico, dalle fossili alle rinnovabili. Ma l’energia pulita (che poi pulita non è del tutto) servirà a poco se non sarà accompagnata dalla decrescita”. È una visione all’insegna dello scetticismo quella di Fabio Balocco, avvocato, ambientalista per oltre trent’anni nella più vecchia associazione ambientalista italiana, Pro Natura Torino, blogger del Fatto Quotidiano e in libreria con il suo libro dal titolo Bianco, benestante, ambientalista (Lar editore). Un titolo provocatorio, che è anche un’autocritica: “Sono ambientalista, ma siccome sono nato in una famiglia benestante e sono bianco di pelle, in realtà nella mia vita ho avuto e ho tutt’ora un’impronta ecologica incompatibile con la tutela dell’ambiente”.
Lei si definisce “ambientalista di pancia”.
Si può essere ambientalisti di pancia o di testa. Io lo sono di pancia: divenni inconsapevolmente ambientalista da bimbo quando distrussero delle coltivazioni di chinotto di fronte a casa mia, a Savona, per costruire un enorme palazzone. E quella piccola fede si rafforzò quando, sempre da bimbo, vidi il fiume dei veleni, la Bormida di Spigno, devastata dai coloranti dell’ACNA di Cengio. Furono due choc che segnarono la mia vita. E che da grande mi indussero a impegnarmi nel movimento ambientalista, peraltro perdendo tutte le battaglie combattute.
Non solo attivismo: in Italia anche associazioni come Wwf, Legambiente, Italia Nostra, etc. Cosa ne pensa?
Le grandi sigle versano in una crisi profonda e senza sbocco. Quanto io entrai in Pro Natura Torino l’associazione contava 1.600 soci. Trent’anni dopo, quando me ne andai, si erano dimezzati. Il WWF ha chiuso tutte le sedi regionali; Italia Nostra ha solo rappresentanti anziani. Le grandi associazioni, ripeto, sono in crisi e talvolta litigano addirittura tra loro. In più talvolta fanno scelte per lo meno discutibili, come quando Legambiente ha pubblicato una guida sul turismo nei parchi eolici. Una scelta che denuncia una posizione aprioristicamente a favore della cosiddetta “transizione ecologica” ma che non si domanda per cosa l’energia prodotta venga poi utilizzata. Lo affermavo già quando ci fu il referendum per il nucleare.
Era d’accordo con quel referendum?
Certo che sì, era una battaglia giustissima, ma era anche l’occasione per chiedersi appunto per che cosa utilizziamo tutta questa energia e quindi pensare sicuramente al risparmio, ma anche a un diverso stile di vita. La filosofia del vero ambientalismo dovrebbe essere quella di denuncia dell’impronta ecologica di noi occidentali, incompatibile con l’esistenza nostra e delle altre specie animali e vegetali sulla Terra. Andare controcorrente, insomma, rispetto all’inseguimento del Pil. D’altronde c’è un aspetto drammatico.
Quale?
I cambiamenti climatici sono evidenti, addirittura tanto veloci da essere percepibili nell’arco delle nostre brevi vite. Io che pratico l’alpinismo, ho visto scomparire già nel secolo scorso dei ghiacciai nelle Alpi Marittime e Liguri. Bisogna avere il coraggio di andare oltre. Anzi, indietro. Occorre sottrarre non aumentare.
Come andrebbe fatta la transizione energetica?
La transizione energetica è un po’ un mito: non si bada alle sue conseguenze né a quello che ci sta a monte. Le conseguenze: le faccio un esempio. Quando ci fu la liberalizzazione dell’energia elettrica negli anni Ottanta dello scorso secolo e i privati poterono iniziare a produrre con il cosiddetto “piccolo idroelettrico” (sotto i tre megawatt di potenza) una miriade di corsi d’acqua di montagna fu letteralmente prosciugata. E oggi cosa dire dei campi fertili coperti da pannelli solari e delle colline sfregiate dalle pale eoliche? Per realizzare pannelli solari, pale eoliche, batterie per auto elettriche è in corso una nuova colonizzazione in tutto il mondo. Cito le miniere di cobalto in Congo, le miniere di litio in Cile o quelle di terre rare in Cina, dove ci sono i cosiddetti “villaggi del cancro”.
Lei è un fautore della decrescita. Ma decrescita e rinnovabili non sono contrapposte.
Ovviamente no, ma occorrerebbe coniugare transizione energetica e decrescita. E invece, secondo il Gruppo d’Intervento Giuridico, al 28 febbraio scorso risultavano pendenti presso Terna SpA complessivamente ben 6.110 istanze di concessione per produzione di energia da fonti rinnovabili, pari a 354,80 GW di potenza. Una follia: si rischierebbe di coprire buona parte dei nostri residui terreni agricoli di pannelli solari e i crinali dell’Appennino di pale eoliche, con buona pace dell’art. 9 della Costituzione, che tutela il paesaggio.
È anche vero però che questo governo non sta favorendo le rinnovabili.
Sicuramente questo è un governo inguardabile, anche, mi permetta, dal lato culturale, un governo che tira fuori dal cassetto addirittura il nucleare, al fine di perpetuare lo sviluppo purchessia.
Nel suo libro lei parla anche di consumo di territorio.
Nella mia regione di origine, la Liguria, le giunte di sinistra hanno completamente cementificato il territorio, tanto che le eccellenze della regione come gli asparagi e i carciofi di Albenga, i chinotti e le albicocche di Valleggia sono diventati presidi Slow Food, perché sono rari e vanno tutelati, come i panda. Eppure quando ero piccolo la mia era una regione autarchica: avevamo tutto: verdura, frutta, carni, pesci.
Ma allora cosa si può fare?
Credo che restino solo le scelte individuali, il cercare di essere coerenti nel nostro piccolo, limitare al massimo i consumi, avere uno stile di vita sobrio. Effettivamente è difficile, anzi impossibile mantenere una coerenza totale. Noi praticamente viviamo all’interno di quelli che Timothy Morton chiama “iperoggetti” che sfuggono alla nostra comprensione, ci siamo dentro, è appunto impossibile non adeguarci, non comprometterci. Però lo scrittore, il divulgatore può quanto meno continuare a sensibilizzare le persone. È quello che faccio nel mio piccolo, nonostante le sconfitte subite.
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