L’estate internazionale di Bologna è al Padiglione Esprit Nouveau. Il programma

Ideato da Le Corbusier e Pierre Jeanneret per l’Exposition International des Arts Décoratifs di Parigi del 1925, il Padiglione Esprit Nouveau celebra quest’anno i 100 anni dalla sua progettazione. Per l’occasione, la ricostruzione fedele che è in zona fiera apre le porte al pubblico entrando a far parte della proposta di Bologna Estate 2025.  Con il programma Closer – Becoming the City, questo spazio fortemente simbolico, riprende vita e offre una serie di appuntamenti culturali di alto valore e ampio respiro internazionale. Ne abbiamo parlato con i curatori del progetto Giorgia Tronconi e Amerigo Mariotti, co-direttori artistici di Adiacenze.  

L’intervista ad Adiacenze per il programma estivo del Padiglione Esprit Nouveau

Qual è l’idea attorno alla quale avete animato il programma di “Closer – Becoming the City” e in che modo si lega al padiglione Esprit Nouveau?
Giorgia: Questa è la seconda edizione del progetto Closer, nata lo scorso anno attorno alla tematica della relazione che ci ha particolarmente interessato: se nel 2024 abbiamo approfondito il tema dal punto di vista della comunicazione – prendendo spunto dal 150esimo anniversario dalla nascita di Guglielmo Marconi – in una modalità diffusa in più luoghi e spalmata su più mesi, stavolta la rassegna è concentrata attorno a un unico luogo specifico, il padiglione Esprit Nouveau, e ha una durata di tre mesi a partire dalla ricorrenza del centenario del progetto originario di Le Corbusier. La declinazione di Becoming the City viene proprio da questo spazio, pensato dall’autore come modello abitativo e luogo espositivo di una certa visione della città e della dimora, volta a rispondere alle esigenze della società moderna. Partendo da ciò, ci siamo chiesti, tenendo a mente sempre il concetto di relazioni, quali potessero essere le sfide e le criticità che presentano gli spazi urbani di oggi, come immaginarci insieme in questi luoghi e come l’arte può giocare un ruolo nell’analizzare il nostro presente e aprirci nuove possibilità nello stare insieme e in relazione all’ambiente circostante. 

Amerigo: Anche il luogo in cui sorge il padiglione non è banale: è periferico ma fortemente caratterizzato, un quartiere direzionale, poco vissuto. Il padiglione è una casa dove non abita nessuno: su questa tensione ci piaceva giocare. Ci si interroga sulle nuove comunità che stanno crescendo nelle città come Bologna, che rappresentano il cambiamento urbano europeo, fatto di turismo, gentrificazione. Un luogo periferico, non vissuto, come questo in che modo può essere trasformato in un ambiente in cui si parla di comunità, territori, città e come l’arte può influire su tutto questo? Vogliamo interrogarci su questi punti partendo da Bologna e da un luogo simbolico.

Quali sono le sfide maggiori di realizzare un programma del genere all’interno di tale struttura?

Giorgia: Tutto il programma si è sviluppato attorno a una proposta che potesse riattivare lo spazio stesso. Il fatto che il pubblico non sia abituato a fruire normalmente del padiglione, fa sì che non lo riconosca, non lo abbia ancora inquadrato, non sempre sa cos’è, perché solitamente è aperto una sola volta l’anno. C’è poi un fattore di distanza. Però sicuramente l’idea centrale nella costruzione della programmazione è quella di far rete, sia con realtà del territorio sia fuori da Bologna. Situarsi in questo spazio facilita il ruolo di ponte ad altre situazioni, che qui possono essere analizzate e discusse insieme. Anche il fatto che il padiglione sia sottoposto a vincoli, non consente di toccare pareti, anche se l’Unité d’Habitation era pensata da Le Corbusier per essere ricca di opere d’arte e accogliere sculture e quadri sui muri o con elementi architettonici da lui pensati appositamente, avendo lui un legame molto stretto con gli artisti del tempo ed essendo egli stesso un artista. Per noi invece è possibile intervenire solo su alcuni punti e questo ci pone di fronte a nuove sfide nel pensare a nuove modalità di andare ad interagire con lo spazio – che vanno oltre al chiodo sul muro – come poi facciamo con Adiacenze. Lavoriamo con il site specific ragionando sul luogo in modo alternativo: ogni progetto espositivo, anche se si compone di poche installazioni, è un esperimento in questo senso.  Se nella nostra sede abituale abbiamo un lungo periodo di gestazione del progetto, qui abbiamo tempi più serrati che ci hanno portato a seguire più un lavoro curatoriale di selezione.

Amerigo: Se in Adiacenze si lavora in due – curatore e artista – qui all’Esprit Nouveau siamo in tre: curatore, artista e padiglione, che è a tutti gli effetti un’altra figura molto connotata, con un proprio peso specifico. Non avrebbe senso andare a coprire l’ambiente con altro, ma c’è e vogliamo dialogarci.

Cosa non perdere al Padiglione Esprit Nouveau di Bologna

Tra le installazioni e le performance che proponete, c’è qualcosa pensata appositamente per questo spazio che si potrà ammirare solo qui?
Giorgia: Di qualsiasi progetto che ospitiamo qui abbiamo richiesto un adattamento per lo spazio. Sicuramente le performance di Caterina Gobbi e Hannes Hegger (in programma per il 19 giugno), curate dal collettivo SONRO sono site specific e il progetto di Sara Bonaventura, Alchemical Reclamation, che per la prima volta verrà presentato a livello espositivo dall’1 al 5 luglio, frutto di una ricerca che stiamo seguendo da diversi anni e che ci ha portati a gennaio di quest’anno a partecipare insieme alla nona edizione di Biennale College Cinema Immersive.

Amerigo: Questa modalità di affrontare il padiglione rientra in quella con cui stiamo tentando di proporre la restituzione curatoriale di un progetto artistico. Presupponendo l’esigenza che fare arte è un atto politico, ci chiediamo: servono ancora le mostre per fare questo? È una domanda che ci stiamo ponendo. Fare arte vuol dire anche stimolare il fruitore a porsi domande. Come lo facciamo? Forse il padiglione in questo momento ci ha aiutato a darci una risposta, perché lo stiamo facendo non più solo attraverso le mostre, ma anche tramite momenti di confronto, ricerca, stimolo reciproco, di legame con altri attori che si occupano come noi di arte.

Il pubblico del Padiglione Esprit Nouveau, un luogo di ricerca

Che tipo di pubblico state raccogliendo e come sta rispondendo alla vostra proposta?
Amerigo: Personalmente ho notato una grande differenza tra il pubblico che frequenta la sede di Adiacenze in pieno centro, a 100 metri da Piazza Maggiore e chi arriva qui. Questo luogo ha un respiro internazionale: vengono spesso turisti stranieri o persone che escono dalla fiera, che riconoscono la forma dell’edificio. O c’è chi viene appositamente qui per visitare il padiglione finalmente aperto al pubblico, mentre in centro abbiamo i nostri fruitori abituali o i turisti che, cercando la trattoria, per errore arrivano nel nostro spazio espositivo. 

Giorgia: Molti sono stupiti di trovare il padiglione aperto e scoprono il luogo che espone sé stesso, oltre alla nostra proposta artistica. La distanza di cui parlavo prima, probabilmente fa sì che i bolognesi siano paradossalmente meno del previsto, ma sicuramente più consapevoli e motivati, considerato lo “sforzo” per raggiungerci. Per gli artisti tutto questo suscita grande interesse a esporre qui per ampliare e diversificare così il loro pubblico.

Come Adiacenze siete attivi in diversi ambiti, dalla curatela alle residenze artistiche: qualora l’amministrazione decidesse di affidarvi in maniera continuativa Esprit Nouveau, come pensate potrebbe funzionare questo luogo?

Amerigo: Questo come un altro luogo – nel caso in cui ci fosse la disponibilità in tal senso dell’amministrazione – ha bisogno di una programmazione molto più ampia, che non può limitarsi a pochi mesi, ma ad almeno cinque anni, in modo da consentire la pianificazione e realizzazione di un progetto di ricerca con una visione estesa. Sarebbe un luogo di ricerca più che di esposizione: sicuramente il nostro approccio lo vedrebbe come un osservatorio in cui continuare a coinvolgere altre realtà come università, accademie, ecc.

Giorgia: Sarebbe interessante anche esaltare il ruolo di unità abitativa del padiglione, che potrebbe diventare sede di residenze artistiche e trasformarsi in luogo di ricerca per noi e per tutti i creativi che volessero collaborare.

Roberta Pisa

L’articolo "L’estate internazionale di Bologna è al Padiglione Esprit Nouveau. Il programma" è apparso per la prima volta su Artribune®.

Autore
Artribune

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